La malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza, ma più che parlare di una singola patologia, i ricercatori sono concordi nel definirla come un insieme di sintomi causati da diverse condizioni che contribuiscono al danneggiamento delle cellule cerebrali
Un recente studio pubblicato sulla rivista Lancet ha incluso altri due fattori di rischio ai dodici già noti da anni, in grado di spiegare il 40% delle diagnosi.
Si tratta del colesterolo alto, in particolare quello “cattivo” o Ldl, che si può riscontrare anche in giovane età, e della perdita visiva che può invece subentrare con l’età avanzata. Gli altri, già noti, fattori di rischio restano la perdita dell’udito, la pressione alta, il diabete, ma anche fattori socioeconomici come il basso livello di istruzione, l’isolamento sociale, e gli stili di vita come l’abitudine al fumo, al consumo di alcol e la sedentarietà. A questi si aggiungono cause esterne come l’esposizione all’inquinamento o il verificarsi di un trauma cranico.
I numeri delle demenze nel mondo
Si stima che nel 2019 le persone affette da demenza fossero 57 milioni, con una previsione di 153 milioni nel 2050. Le diagnosi sono cresciute in particolare nei paesi a basso reddito, a causa di un maggiore aumento percentuale della longevità rispetto a quelli ad alto reddito.
Come sottolineano i ricercatori nel Rapporto Lancet 2024 su prevenzione e cura delle demenze, nei diversi paesi i piani nazionali per il contrasto a questa patologia si considerano i fattori di rischio dell’individuo, gli stili di vita, ma non forniscono mai raccomandazioni specifiche che tengano conto anche dell’inclusione sociale delle minoranze, dei vulnerabili e di coloro che restano sottorappresentati nella società. Sui paesi a medio e basso reddito ci sono meno ricerche e dunque meno dati, eppure diversi studi hanno suggerito che la deprivazione economica e l’incidenza della demenza sono correlate.
Fattori socioeconomici e Alzheimer, le differenze nel mondo
Gli stessi fattori di rischio variano da paese a paese. Nell’America Meridionale soffre di demenza il 21,4% delle persone senza istruzione contro il 9,9% di coloro che hanno un titolo di studio, con una prevalenza di casi nelle aree rurali rispetto a quelle urbane e delle donne rispetto agli uomini.
Le persone provenienti da gruppi etnici svantaggiati, come i Maori in Nuova Zelanda, gli afroamericani e gli ispanici negli Stati Uniti hanno una prevalenza più alta di fattori di rischio potenzialmente modificabili, e l’effetto dello status socioeconomico basso si “somma” a comportamenti come inattività fisica, fumo, consumo eccessivo di alcol, obesità.
L’unico fattore che tende a diminuire nei paesi più poveri è l’isolamento sociale, che invece cresce in quelli a più alto reddito.
L’importanza dell’istruzione nella relazione tra fattori socioeconomici e Alzheimer
Si stima che le differenze qualitative nell’istruzione, misurate attraverso i livelli di lettura dei 14-15 enni, siano responsabili di circa la metà delle disparità sociali negli Stati Uniti, che portano a livelli di demenze più alti nelle popolazioni marginalizzate. Secondo i ricercatori il livello di istruzione basso potrebbe predire future diagnosi di demenza in età avanzata.
Uno studio effettuato in Cina, citato nel Rapporto Lancet, ha mostrato come l’incidenza della demenza era superiore fra le persone che avevano ricevuto meno di sei anni di istruzione. Mentre il conseguimento di una laurea si associa a un rischio di demenza ridotto. Risultati simili si sono avuti in un’altra ricerca, condotta in Europa e Nord America. Su un campione di oltre 10 mila persone, seguite per un minimo di tre e un massimo di sei anni, è risultato come l’istruzione superiore e la complessità occupazionale siano associate a un tempo di sopravvivenza libero da demenze.
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