Il 36,7% dei cittadini vi si reca almeno due volte al mese e le preferisce rispetto a ospedali e Asl. I racconti di chi svolge anche una funzione sociale
“La farmacia? È una garanzia per noi anziani. Ne ho una proprio di fronte casa e posso acquistare farmaci senza il bisogno che qualcuno mi accompagni. Il medico? È più lontano». Dal nord al sud della Penisola, le farmacie rappresentano l’ultimo baluardo dei servizi sanitari. A dirlo sono le risposte di mille persone che i ricercatori di Format Research – su iniziativa del Centro Studi 50&Più – hanno ascoltato durante l’indagine. Partiamo da un dato: il 75,5% del campione vive a meno di un chilometro di distanza da una farmacia e solo lo 0,3% ha una farmacia a oltre dieci chilometri da casa. E la frequenza di accesso è direttamente proporzionata alla distanza. Lo dimostrano, ancora una volta, i dati: gli over 50 ascoltati si recano in farmacia circa 23 giorni all’anno, solo 12 giorni all’anno si recano, invece, dal medico di famiglia e meno di una volta al mese presso le Asl.
Grazie ai dati emersi dall’indagine, è possibile delineare ulteriormente il profilo del campione ed emerge che l’86,1% dei cittadini si reca in farmacia da solo, il 4,1% si fa accompagnare qualche volta, l’1,5% si fa accompagnare quasi sempre rispetto al 3,5% che ha sempre un accompagnatore, il 4,8% delega ad altre persone. Tra gli over 50 che dichiarano di farsi accompagnare (sono il 9,1%), il 54,4% si fa accompagnare da un coniuge o un convivente.
Tuttavia, anche l’accesso in farmacia – nonostante sia il servizio sanitario più utilizzato – è condizionato da alcune problematicità. Per il 22,1% del campione, la mancanza di un servizio di consegna dei farmaci a domicilio è una difficoltà. Nonostante si compiano sforzi per superare il digital divide, è ancora molto alta la percentuale di over 50 che evidenzia difficoltà nell’utilizzo di applicazioni per la prenotazione (18,5%). E ancora, il 14,8% del campione lamenta la mancanza di un servizio di prenotazione dei farmaci, per l’11,6% la difficoltà di accesso alla farmacia consiste nel conciliare gli orari lavorativi con quelli di apertura del negozio. È invece un ostacolo ormai superato la ricetta elettronica: dall’indagine risulta che oltre il 70% della popolazione non ha problemi di questo tipo.
Le voci
Oltre i numeri e le statistiche, al di là del banco vendita di una farmacia, ci sono storie, racconti e testimonianze. Abbiamo incontrato chi ogni giorno svolge un servizio diventato sempre più indispensabile nelle comunità, spesso anche nei territori di frontiera. Angelo Greco è il farmacista di via di Vermicino, una delle strade situate più in periferia della Capitale. Suo nonno aveva aperto la farmacia negli stessi locali cinquant’anni fa: «All’epoca non c’erano i palazzi che ci sono adesso, da qui abbiamo assistito alla trasformazione urbanistica del quartiere e, con il tempo, siamo diventati un punto di riferimento per chi vive in queste zone – ha spiegato -. Con i clienti si instaura un rapporto di fiducia e spesso passano anche solo per un saluto. Durante la pandemia il rapporto si è rafforzato ancora di più. In quei mesi abbiamo ricevuto termos di caffè, sorrisi e sostegno. La farmacia, ormai, è la prima porta di ingresso al Sistema Sanitario Nazionale, perché è il primo presidio sanitario di prossimità sul territorio». Già perché i servizi che eroga sono tanti, dalle analisi alla somministrazione dei vaccini, fino alla preparazione di farmaci, allo screening uditivo e del capello e alle analisi della pelle. Dal Lazio ci spostiamo in un’altra regione, la Campania, e anche qui la funzione della farmacia all’interno della comunità resta la stessa: servizio ma anche presidio sociale. A confermarlo è Gilda De Paola, direttrice della Farmacia comunale di Scafati (Consorzio Farmaceutico Intercomunale), periferia della provincia di Salerno. «Non siamo più un dispensario di farmaci, siamo diventati un punto di riferimento per i clienti, soprattutto a seguito della pandemia. Il nostro è un luogo dove le persone vanno aiutate, spesso solo ascoltate. Siamo a tutti gli effetti una farmacia di servizi, prenotiamo le visite, stampiamo le ricette o, semplicemente, aiutiamo una persona anziana a controllare le sue prenotazioni». Ha aggiunto: «Nel mio lavoro antepongo il fattore umano a quello commerciale, noi farmacisti siamo l’interfaccia tra il cliente e la cura poiché è chiaro che se i clienti vengono in farmacia hanno un problema e non possiamo tradire la loro fiducia». Il ruolo del farmacista per De Paola è mutato dal Covid e da allora ha conservato una funzione sociale soprattutto in territori fragili dove il tessuto urbano e sociale ha mille sfaccettature. «Questa è una zona agricola, ci vivono persone anziane, immigrati – anche senza medico di base – e per loro ci prodighiamo affinché abbiano le medicine necessarie alle cure. Se venisse meno questo ruolo, il nostro lavoro perderebbe di senso» ha concluso.
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