Una nuova teoria rivoluziona la visione dell’evoluzione umana. L’uomo è stato il frutto dell’ambiente e di un clima favorevole creatosi sulla Terra centinaia di milioni di anni fa. Ecco perché altri Sapiens in altri pianeti non sono più solo un’ipotesi
La storia dell’evoluzione umana non ha una data certa di inizio. Si può partire con la comparsa del primo manufatto tecnologico dell’Australopithecus 2,5 milioni di anni fa, con il primo Homo, l’Homo habilis, 2,4 milioni di anni fa. O con la comparsa dell’Homo sapiens, l’uomo moderno, tra i 300.000 e i 200.000 anni fa. In ogni caso appare come una scala lunghissima, che porta fino agli esseri umani di oggi. Un’idea consolidata, chiamata “modello dei passaggi difficili”, sostiene che la vita umana ha dovuto superare degli ostacoli incredibilmente difficili, quasi impossibili, in un tempo relativamente breve. Questo modello spiega anche l’unicità dell’uomo nell’universo. Se è stato così difficile arrivare all’homo sapiens, allora è improbabile che ci siano altre forme di vita analoghe nell’universo. Ma un nuovo studio mette in discussione questa idea e la ribalta.
L’origine della vita
La Terra, con i suoi 4,5 miliardi di anni, si trova in una fase avanzata della sua esistenza, con un futuro di abitabilità stimato in un altro miliardo di anni, secondo le previsioni sull’evoluzione del Sole. In questo contesto, l’apparizione dell’Homo sapiens, avvenuta solo 300.000 anni fa in Africa, appare relativamente tardiva. La questione di come la vita abbia avuto origine è complessa. La teoria dominante, formulata negli anni ’80 dal fisico Brandon Carter, è quella dei “passaggi difficili”. Questa teoria postula che l’emergere di esseri intelligenti non sia stato un processo semplice, ma una serie di transizioni improbabili e complesse. Come l’origine della vita unicellulare, la fotosintesi (con l’ossigenazione dell’atmosfera) e la comparsa di animali multicellulari. Culminando nell’Homo sapiens.
La storia dell’evoluzione umana
Una nuova ricerca sull’evoluzione umana, condotta dai geobiologi Mills e Macalady e dagli astronomi Frank e Wright mette in discussione l’idea che l’evoluzione sia il risultato di una serie di eventi casuali. Gli autori sostengono che la nostra specie è apparsa relativamente presto e non appena le condizioni ambientali lo hanno permesso. Secondo questa visione, l’evoluzione umana non è stato un percorso arduo. Ma il risultato “naturale” di quando un pianeta raggiunge le condizioni ideali: nutrienti, temperatura marina, salinità oceanica e livelli di ossigeno atmosferico. Sulla Terra, queste condizioni si sono verificate 4 miliardi di anni dopo la sua formazione. Rendendola “abitabile” solo 500 milioni di anni fa. Da quel momento, l’umanità è apparsa in tempi relativamente brevi.
Il ruolo del cambiamento climatico
I ricercatori propongono un modello che non contempla “passaggi impossibili”. Piuttosto, l’evoluzione umana sarebbe stata guidata da altri fattori, come i cambiamenti ambientali e climatici della Terra nel corso del tempo. Dunque, contrariamente a quanto si crede, la probabilità di trovare forme di vita intelligenti e autocoscienti su altri mondi potrebbe essere molto più alta del previsto. Del resto, sottolineano i ricercatori, le basi per l’intelligenza, come usare strumenti o risolvere problemi, esistono in molte specie, non solo negli umani. Immaginiamo già solo un polpo in grado di svitare il coperchio di un barattolo. Quindi, forse, non siamo così unici come pensavamo e la vita intelligente potrebbe essere più diffusa nell’universo di quanto si pensi.
Una vita intelligente in altri sistemi solari
Questa teoria suggerisce che l’evoluzione umana a partire dai suoi elementi fondamentali, potrebbe richiedere semplicemente un pianeta con condizioni climatiche simili a quelle della Terra. In altre parole, non sarebbero necessari eventi straordinari o combinazioni improbabili, ma solo un ambiente stabile e favorevole. Ciò significa che l’esistenza di forme di vita evolute sui quasi seimila pianeti finora scoperti al di fuori del nostro sistema solare non è un’ipotesi così improbabile. In altre parole, la nuova visione del processo di evoluzione umana suggerisce che la vita intelligente potrebbe essere più comune nell’universo di quanto si pensasse in precedenza.
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