Mentre allo stato attuale il tema dell’eutanasia non sembra trovare spazio nel calendario di lavorazione alla Camera, il Comitato Nazionale di Bioetica si è espresso distinguendo il suicidio assistito dall’eutanasia.
A meno di due mesi dalla scadenza concessa dalla Corte costituzionale per colmarne il vuoto legislativo, il massimo organismo in tema di scienza ed etica in Italia ha tracciato una strada con alcune raccomandazioni comuni, pur sottolineando la difformità dei pareri.
Dopo tutto, il compito del Comitato era creare delle linee guida sulla materia per il legislatore, dopo l’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale (seguita al caso Dj Fabo e Marco Cappato) e “la sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale”, vale a dire il reato di istigazione al suicidio. Lorenzo D’Avack, presidente del Comitato Nazionale di Bioetica, ha spiegato che il parere nasce con l’idea «di dare informazioni chiare sui pro e i contro un’eventuale legislazione sul suicidio assistito. Non dunque un’apertura alla legalizzazione del suicidio assistito, ma piuttosto un valido strumento per indicare nodi, criticità ed elementi positivi al legislatore, che potrebbe avere un approccio favorevole ma anche contrario al tema».
Il parere è arrivato a meno di due mesi dalla data del 24 settembre, fissata dalla Corte costituzionale come termine ultimo per riempire quel “vuoto normativo costituzionalmente illegittimo”. In un anno il Parlamento non è riuscito a legiferare e il dibattito resta molto acceso fra richiami a principi deontologici e proposte di legge. Da una ricerca commissionata alla Swg dall’Associazione “Luca Coscioni” risulta che il 56% degli italiani è favorevole al suicidio assistito e il 37% lo sarebbe in presenza di specifiche condizioni fisiche e di salute.
Ma nel resto d’Europa come si affronta il tema? Le posizioni sono molto articolate: in Olanda, Svizzera e Belgio, l’eutanasia è divenuta quasi una prassi consolidata; in altri, come il nostro, il dibattito è molto vivace sotto il profilo etico, deontologico e religioso; in altri ancora, come il Portogallo, si è votata a fine maggio una proposta di depenalizzazione dell’eutanasia appoggiata da tre partiti di sinistra che sostengono il Governo.
La creatività si moltiplica anche sui prodotti che servono a procurare la morte. In Olanda è stata addirittura creata “Sarco”, la prima macchina per l’eutanasia costruita con il metodo della stampa 3D.
Fuori dall’Europa, nello Stato dell’Oregon (Usa), con la Legge 2217, approvata dal Congresso dello Stato, si è ampliato l’elenco dei mezzi con cui eseguire l’eutanasia: oltre a pillole e iniezioni, si contempla anche la “maschera a gas”. Alcuni dati che vengono invece dal Canada, soprattutto sull’età di chi muore per suicidio assistito, possono aiutarci a riflettere: nei primi dieci mesi dello scorso anno, sono morte circa 3.000 persone attraverso il Maid, ovvero il Medical Assistance in Dying, acronimo che equipara l’atto di procurare la morte di un malato al prendersi cura della sua vita fino alla fine.
Il quarto rapporto federale segnala che, tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2018, in Canada sono stati “erogati” 2.614 decessi, ma all’appello mancano i dati del Quebec, di Yukon, dei territori del Nord ovest e Nunavut. La stessa Jocelyn Downie, principale attivista canadese favorevole all’iniezione letale, parlando il 15 marzo scorso alla Royal Society of Canada, ad Ottawa, ha affermato che i decessi per eutanasia nel 2018 ammontano a 4.235, con un incremento del 57% rispetto al 2017; dati ripresi da Alex Schadenberg, direttore dell’Euthanasia Prevention Coalition.
Secondo il rapporto governativo, l’età media di “somministrazione” dell’eutanasia è di 72 anni (l’età media dei canadesi che richiedono il Maid è fra i 56 e 90 anni), e solo in 6 casi è stato documentato il ricorso a un Maid autosomministrato (cioè un suicidio assistito): quasi la totalità dei pazienti, anziani e vulnerabili, ha voluto che fossero i medici a praticare loro l’iniezione letale. Wesley Smith ha commentato questi dati sul National Review. Smith è un intellettuale libertario americano, autore di decine di saggi sulla “morte pacifica” e sostiene che, considerando i dati mancanti dei decessi di Quebec, Territori del Nord-Ovest, Yukon e Nunavut, «oltre 3.000 persone vengono uccise dai loro medici ogni anno in Canada, ciò significa – se la matematica non inganna – più di 250 morti al mese, più di 58 alla settimana e più di otto al giorno. È circa un morto ogni tre ore».
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