Tra ottimismo e qualche perplessità, abbiamo chiesto cosa ne pensano gli studenti di alcune università italiane del test elettorale, un banco di prova per il futuro della rappresentanza democratica
Dopo anni di proposte e attese, finalmente è arrivata una svolta sulla possibilità di voto per gli studenti fuori sede. Lo scorso 22 febbraio, infatti, la commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato all’unanimità un emendamento al decreto-legge “Elezioni” (mentre ne stiamo scrivendo manca ancora l’approvazione della Camera) che consentirà, in via sperimentale, agli studenti universitari di votare alle prossime elezioni europee dell’8 e 9 giugno, senza dover tornare nel loro comune di origine.
Si tratta di una conquista importante che rappresenta un primo passo verso una democrazia più inclusiva, soprattutto verso le nuove generazioni. La struttura del sistema elettorale italiano, per com’è stata concepita, ha di fatto frenato la partecipazione dei giovani al voto, creando un divario tra le loro aspirazioni e la loro capacità di influenzare le decisioni politiche. I numeri, del resto, parlano chiaro. Secondo il Rapporto 2023 dell’Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario, sono 4,9 milioni gli italiani, pari al 10% del corpo elettorale, che ogni volta sono costretti a fare ritorno al proprio comune di residenza per poter esercitare il diritto di voto. Vanno considerati i costi del viaggio, il tempo perso e le difficoltà logistiche, che possono scoraggiare molti giovani dal recarsi alle urne oltre che alimentare un senso di disaffezione e sfiducia verso le istituzioni. Una questione non di poco conto, che spesso si traduce in un forte astensionismo. Basti pensare che alle ultime elezioni europee nel 2019 l’affluenza dei giovani tra i 18 e i 24 anni è stata di appena il 34,4%, contro una media nazionale del 69,1%. L’emendamento approvato in Senato nasce con l’intento di abbattere questo ostacolo, introducendo una procedura particolare per il voto degli studenti fuori sede, precisando però che si tratta di una sperimentazione limitata alle elezioni europee.
Per avere un’idea più chiara sulla portata del test elettorale abbiamo interpellato alcuni studenti di varie università d’Italia, diretti interessati al decreto. «È importante avere questa possibilità perché è un dovere e un diritto esprimere la propria opinione», sostiene Alessandro, che frequenta l’Università di Trento. Gli fa da eco Emanuela, studentessa dell’Alma Mater Studiorum di Bologna: «È una grande svolta per esercitare il diritto di voto, considerando che sono fuorisede e abito ad un’ora e mezza di distanza, in auto, da dove studio». «Questa opportunità mi fa ben sperare per il futuro – aggiunge Diego, studente del terzo anno di Marketing presso l’Università della Tuscia -. Poter votare senza dover affrontare un viaggio lungo e costoso verso il mio comune di residenza rende il sistema elettorale più equo, giusto, per tutti». Dall’Università di Salerno arriva il pensiero di Pietro: «Sono fuorisede e non sapevo dell’approvazione di questo emendamento, però mi sembra un bene, oltre ad essere utile. Facciamo tanti scioperi e manifestazioni per i nostri diritti ma non veniamo mai ascoltati. Se noi ragazzi vogliamo cercare di cambiare qualcosa questa mi sembra la strada giusta». Sull’utilità del decreto elezioni ne è più che convinta anche Clara, anche lei studentessa dell’Università di Salerno: «È un aiuto per gli studenti, non c’è dubbio che in questa maniera vengono invogliati a votare. Sulla disaffezione generale della mia generazione verso la politica non voglio esprimermi, però sono sicura che questa possibilità di votare anche lontani da casa porterà un’affluenza elettorale maggiore». Ma c’è anche chi come Lara, iscritta all’Università Politecnica delle Marche, normalmente non vota e non voterà neppure stavolta perché «nonostante tutto, non posso permettermi di tornare a casa, considerando il poco tempo a disposizione».
Alla voce degli studenti si aggiunge quella delle associazioni universitarie, che hanno mostrato una cauta soddisfazione, con qualche riserva. «L’introduzione in via sperimentale del voto fuorisede per gli studenti per le elezioni europee di giugno – ha detto Federico Amalfa dell’esecutivo nazionale Udu (Unione degli Universitari) – è un piccolo passo avanti per assicurare che tutti possano esercitare il loro diritto di voto, dopo anni di attese. Tuttavia, questa misura è insufficiente. Per cominciare, permettere di votare solo nei capoluoghi di regione può sembrare un miglioramento, ma fa permanere un incomprensibile ostacolo. Poi, considerando che in Italia ci sono 5 milioni di fuorisede, studenti e non, è evidente che questa norma lascia fuori troppi cittadini. Inoltre, limitare questa possibilità solo alle elezioni europee non è rassicurante. Dopo anni di inazione da parte delle istituzioni, non ci accontentiamo di promesse vaghe: vogliamo una legge che permetta il voto fuorisede in tutte le elezioni: nazionali, regionali, comunali e anche nei referendum».
Ancora più prudente la valutazione di Nicola Gioia, presidente dell’associazione universitaria Forma Mentis dell’Università di Salerno: «Ho visto l’emendamento, mi sono informato poiché sono iscritto all’albo dei presidenti di seggi e vengo spesso chiamato; ho visto che gli studenti possono votare solo in alcuni seggi speciali e con regole piuttosto ferree. Così il problema non è stato affatto risolto. Già oggi i giovani si sono molto allontanati dal tema dalla politica. Uno studente che ad esempio studia qui a Fisciano, sede dell’Università di Salerno, non andrà a votare a Napoli, tranne chi è veramente interessato, considerando che c’è anche il problema legato alla scarsità di mezzi pubblici. Ribadisco il concetto che, a mio avviso, sul voto non si è risolto nulla. È stata fatta questa battaglia per il voto dei fuorisede – aggiunge Gioia – ma non sono convinto che ci sarà una risposta effettiva degli studenti. Ovviamente se il risultato sarà positivo o meno, ce lo diranno i numeri, ma da quello che vedo sono pochi i ragazzi che sanno di questa possibilità. Al netto di tutto mi sembra più che altro una battaglia mediatica da parte delle istituzioni».
Sul “decreto Elezioni”, non solo tra i giovani, rimane aperto un dibattito destinato a durare ancora per i prossimi mesi. Le perplessità riguardano principalmente i limiti della sperimentazione, confinati alle sole elezioni europee. Ci sono poi da affrontare le difficoltà di attuazione; tutta la gestione e l’allestimento delle sezioni speciali e il capillare controllo dei requisiti che rischia di generare disparità di trattamento tra gli studenti.
Lo sguardo di tutti rimane rivolto al futuro: il successo della sperimentazione potrebbe portare all’estensione del voto fuorisede ad altre tornate elettorali, rilanciando anche il dibattito sul voto per i cittadini italiani che vivono all’estero. L’auspicio è che questa conquista non resti un caso isolato, ma sia l’inizio di un percorso che renda il voto un diritto davvero universale.
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