È da sempre simbolo di vita. Alcune primitive raffigurazioni sono state trovate in grotte abitate migliaia di anni fa dall’uomo. Tutto questo quando non si discuteva ancora dell’immortalità dell’anima. Stiamo parlando del cuore.
Presso gli Egizi era il solo organo che gli imbalsamatori lasciavano nel corpo perché venisse pesato nell’al di là su una bilancia a doppio piatto. Da un lato, secondo la religione egiziana, veniva adagiato il cuore e dall’altro una piuma. Solo se il cuore era leggero come la piuma, il dio Osiride autorizzava il defunto a vivere in eterno.
Sono moltissime le suggestioni che ha ispirato e ispira il cuore. È simbolo eterno di forza e coraggio (non per nulla quest’ultima parola deriva dalla parola cor, “cuore” in latino). Young at heart è un’efficace espressione inglese che può essere tradotta come “giovane di spirito” o “giovane dentro”. “Il cuore non ha età”, si dice spesso. E in tutte queste affermazioni c’è sempre un fondo di verità.
Un muscolo che non si ferma mai, ma che possiamo mantenere giovane più a lungo
Il cuore è un muscolo sempre in attività, il primo a svilupparsi nell’utero materno, l’ultimo a spegnersi. Ma proprio questo suo continuo lavorio, unitamente a stili di vita sbagliati, può segnarne prematuramente l’invecchiamento.
Le malattie cardiovascolari sono infatti la prima causa di morte nel mondo e, in Italia, quasi un terzo dei decessi vanno attribuiti a queste patologie. Eppure mantenere il cuore giovane più a lungo non è un’utopia.
Tra le condizioni che mettono a rischio la sua salute, alcune sono modificabili. Pensiamo al tabacco, all’alcol, al sovrappeso e alla sedentarietà. Secondo i dati di Passi d’Argento, il sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità che monitora tali fattori, nel 2019 il 97% della popolazione italiana ha presentato almeno uno di questi fattori. Un’incidenza che sale a tre nel 40% dei casi. Dunque, migliorare si può.
L’età biologica del cuore non corrisponde a quella cronologica
Se la prevenzione è sempre importante, dopo i 60 anni è essenziale agire per prolungare la giovinezza del nostro cuore. In questa fascia d’età, infatti, cresce l’incidenza delle malattie cardio-circolatorie: il 7% degli over 65 soffre di aritmie il 10% degli over 75 accusa insufficienza mitralica e lo scompenso cardiaco colpisce fino al 20% degli over 80. Dati che ci devono far riflettere.
Ma uno studio recentemente condotto dall’Università di Padova getta nuova luce. La ricerca, pubblicata lo scorso luglio sulla rivista scientifica Nature, sostiene che l’età biologica dei tessuti cardiaci è più giovane della loro età cronologica.
La professoressa Sofia Pavanello, direttrice del laboratorio di Genomica e Mutagenesi Ambientale dell’Ateneo, lo ha spiegato così alla stampa: «Abbiamo scoperto che l’età biologica di entrambi i tessuti atriali (due della parti in cui è diviso l’organo) è più giovane rispetto all’età cronologica di ben 12 anni».
Una “ventata di giovinezza” che, però, non riguarda il sangue. In questo caso, infatti, le due età sono significativamente più vicine.
I presupposti dello studio: un nuovo futuro per le donazioni?
Le persone non invecchiano alla stessa velocità: fattori genetici e ambientali svolgono un ruolo di primo piano nel processo di invecchiamento biologico. Pertanto, la sola età anagrafica non è un indicatore efficace a definire il reale declino fisiologico di ciascun individuo.
La scienza ci rileva che organi, cellule e molecole all’interno del corpo umano possono invecchiare a velocità significativamente diverse. E il cuore non fa eccezione. Una scoperta che non è fine a se stessa. Lo studio infatti nasce dall’esigenza di estendere il limite di età dei donatori di organi, aprendo la strada a nuove linee di ricerca nel campo dei trapianti cardiaci. Attualmente, per la carenza degli organi disponibili, non tutti i pazienti affetti da insufficienza cardiaca terminale hanno accesso ad un trapianto di cuore.
«Già oggi si usano donatori di età compresa fino a 65 anni ma – sostengono i ricercatori padovani – se vogliamo offrire l’opzione trapianto anche ai pazienti over 70 dobbiamo cominciare ad utilizzare i cuori di donatori di età superiore ai 65 anni».
Saranno probabilmente necessarie ulteriori indagini, in particolare sulla situazione post operatoria, ovvero la durata dell’innesto in relazione all’età biologica. Di sicuro, però, al momento l’espressione “giovani di cuore” sta cominciando ad assumere un nuovo significato.
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