Età anagrafica e età biologica raramente coincidono ma il bisogno di apparire giovani e mantenersi attivi è ormai un’ossessione. Dalla quale nessuno si senta escluso.
Per molti l’età anagrafica è solo un numero. Alcuni mesi fa si è diffusa in Rete la bufala secondo cui la Corte Suprema di Giustizia messicana si è pronunciata a favore della rettifica dell’età con un semplice cambio della data di nascita sui documenti. In realtà, per la prima volta, i Giudici consentivano di chiedere al Registro Civile la correzione di un atto di nascita con data successiva all’originale. Un’operazione che avrebbe sì reso il titolare di qualche anno più giovane, ma solo dopo una sentenza favorevole in tribunale.
L’età non è un capriccio
Lo stesso Governo è dovuto scendere in campo per chiarire che le molte interpretazioni diffuse sui social erano solo false e dannose. Nessuna fontana dell’eterna giovinezza legalizzata. Scopo della legge, ha precisato, non è permettere a chiunque di dichiararsi più giovane, ma regolarizzare le errate registrazioni. Come del resto accade già in Italia, ma – anche qui – solo nei casi prestabiliti e dopo una lunga trafila.
Un argomento universale
Il fatto in sé è prettamente locale. Il Messico infatti è un vasto Paese rurale, in cui alle persone nate tra gli Anni ’30 e ’80 non veniva richiesto il certificato di nascita neanche per l’iscrizione alla scuola dell’obbligo. E che ora deve assicurare una transizione al digitale il più possibile scevra da errori. Ma la questione di fondo è universale: vogliamo tutti credere che sia sempre possibile alleggerire il peso degli anni. Anche solo con un ritocchino alla carta di identità.
“Mi sento più giovane, cambiatemi i documenti”
Fece scalpore qualche tempo fa la storia di un olandese, Emil Ratelband, all’epoca 69enne, che dichiarava di sentirsi 20 anni più giovane. E che per questo chiedeva allo Stato di postdatare la sua nascita nei documenti personali. Ancora più curiosa la motivazione: la difficoltà a fare nuovi incontri in chat a causa dell’età anagrafica. “Quando scrivo che ho 69 anni – era il suo appello – nessuna donna mi risponde. Se scrivo 49, invece…”.
Una stagione vulnerabile
Insomma, pare che la bufala iniziale sull’età anagrafica non sia poi del tutto inverosimile. Almeno nelle intenzioni di qualcuno. Molte persone mature infatti preferiscono fingersi giovani ad ogni costo. Sfruttano le infinite possibilità offerte dal mercato dell’invecchiamento attivo: sport, cosmetica, chirurgia estetica. Certo, c’è anche la fortuna di avere buoni geni, ma in pratica qual è il limite da non valicare? L’ottantenne che vuole essere visto come un sessantenne, il sessantenne che si sente quarantenne. E poi? L’epidemia ha dimostrato che l’età anagrafica può anche coincidere con quella biologica e che dopo i 60 anni siamo tutti “naturalmente” più vulnerabili.
Un (nuovo) modello di maturità
Inseguire la gioventù a tutti i costi significa impegnarsi in attività a volte stressanti, essere sempre operativi e magari persino competitivi. Ma è questa la vecchiaia più desiderabile? Vogliamo davvero portare nell’età più matura un modello di società iperattiva e compulsiva, carica di stress da prestazione? Fermiamoci a riflettere se non sia invece preferibile sfruttare il privilegio di essere finalmente padroni del proprio tempo (e delle proprie rughe).
La vecchiaia è il futuro dei giovani
Scrive il poeta Jorge Camacho: “Prendete nota, giovani: non siete il futuro. L’elasticità, l’energia e il miraggio della giovinezza li conosco, li ho vissuti o, almeno, li ricordo. Ma l’unico futuro si chiama vecchiaia. Non sbagliatevi, giovani: voi siete il passato. Il vostro futuro? Sono io”. Il futuro di tutti noi è, infatti, proprio quella vecchiaia che qualcuno considera un peso da relegare, qualcosa da mascherare il più a lungo possibile. Mentre segna piuttosto il raggiungimento della maggiore età. O meglio, della perfetta maturità.
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