Il calo di estrogeni in menopausa comporta una diminuzione della “materia grigia” nelle regioni del cervello colpite da Alzheimer. Un nuovo studio suggerisce che accumulare una maggiore quantità di estrogeni aiuti le donne a proteggersi dalla malattia.
Il primo paziente al quale Aloysius Alzheimer ha diagnosticato la malattia che porta il suo nome era una donna: Auguste Deter. Da allora il numero di donne colpite supera quello degli uomini. Tra i casi più noti, Margareth Thatcher, Rita Hayworth e Lauretta Masiero. A lungo si è pensato che la causa della propensione femminile ad ammalarsi di Alzheimer risiedesse nell’aspettativa di vita più lunga. Ma negli ultimi anni numerosi studi sull’argomento hanno aperto nuove ipotesi investigative. Alcune “colpevolizzano” una diagnosi femminile più tardiva rispetto alla controparte maschile. Altre ritengono che sia la genetica a contribuire alle differenze nel rischio e nella progressione della malattia in entrambi i sessi.
Ma che questa corra più velocemente nel genere femminile è ormai assodato, come conferma uno studio del Women’s Brain Project (Wbp) pubblicato nel 2018 su Nature.
Esistono veramente due “generi” di cervelli?
Per trovare una spiegazione, alcuni ricercatori hanno ipotizzato l’esistenza di un cervello femminile e di uno maschile. Tuttavia recentemente un gruppo di studiosi, guidato da Daphna Joel dell’Università di Tel Aviv, ha analizzato con la risonanza magnetica circa 1400 masse cerebrali. Al termine dell’analisi ha escluso una suddivisione in due gruppi di genere. Non è stato infatti possibile identificare i cervelli osservati come prevalentemente tipici del sesso femminile o maschile, se non per una trascurabile differenza del 6%. Un’altra possibile spiegazione risiederebbe, invece, nel ruolo protettivo svolto dagli estrogeni sul cervello delle donne.
Gli estrogeni, protettori del cervello
Il ruolo positivo svolto dagli estrogeni sul sistema nervoso centrale è noto. Questi ormoni, infatti, svolgono una funzione difensiva contro la morte cellulare e l’infiammazione dovuta alla formazione di placche di Beta amiloide, il cui accumulo è tra le cause della malattia. Il calo dei livelli di estrogeni, legato alla menopausa, rappresenta dunque un fattore di rischio. Mentre se si accumulasse una grande quantità di questi “ormoni del sesso”, si contrasterebbe il danneggiamento cerebrale. Secondo i ricercatori della Weill Cornell Medicine (Stati Uniti), infatti, una “supplementazione” di estrogeni aiuterebbe a proteggere le regioni del cervello vulnerabili all’Alzheimer.
Lo studio sulla relazione tra estrogeni e Alzheimer
L’analisi ha riguardato 99 donne di età compresa tra 46 e 58 anni e un gruppo di confronto di 29 uomini di età simile.
I risultati provengono dall’analisi delle storie personali, da nuove tecniche di risonanza magnetica e test cognitivi. I dati confermano che le donne in post-menopausa e peri-menopausa hanno un volume della materia grigia (GMV) significativamente inferiore alle donne in pre-menopausa e agli uomini. Tale diminuzione si manifesta proprio nelle aree – ippocampo corteccia entorinale e lobo temporale – più vulnerabili all’Alzheimer.
Come individuare la corretta quantità di estrogeni?
I ricercatori hanno anche individuato gli indicatori di una maggiore esposizione agli estrogeni. Sono: un periodo più lungo degli anni riproduttivi, un maggior numero di figli e l’uso della terapia ormonale in menopausa. Questi 3 eventi, che comportano una forte concentrazione di estrogeni nel corpo femminile – sono associati ad un GMV più alto. “La transizione alla menopausa può rappresentare una vulnerabilità per il cervello femminile, ma altri eventi nella storia riproduttiva indicano che una maggiore esposizione agli estrogeni fornisce invece resistenza”, spiega Lisa Mosconi, neurologa presso il Weill Cornell Medicine.
In conclusione
Lo studio conferma l’effetto degli estrogeni sul cervello femminile nel limitare la perdita di materia grigia, normalmente associata alla menopausa. Potenzialmente sono, dunque, un efficace contrasto all’Alzheimer. Non solo. Maggiore è la quantità di ormoni accumulata nel tempo, maggiore è la possibilità di contrastare l’indebolimento del cervello nel corso della menopausa. E ciò farebbe pensare che un’eventuale “supplementazione” di estrogeni in post menopausa possa aiutare a fermare la malattia. Tuttavia al momento i risultati in questo senso sono ancora inconcludenti. La strada è lunga, ma ben venga ogni ricerca su questa patologia che colpisce le donne due volte: la prima come pazienti, la seconda come caregiver. Perché molto spesso sono proprio loro ad essere maggiormente impegnate nel faticoso ruolo dell’assistenza familiare.
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