Invecchiare è un processo naturale, c’è poco da fare. Le capacità e il rendimento fisico, mentale e psicologico mutano. Avere più di 50 anni non è come averne 20 o 30. Cosa succede, però, se nel mondo del lavoro ci sono sempre meno giovani e sempre più anziani? Una situazione che va dal Giappone all’Europa, fino agli Stati Uniti e procede di pari passo con il progressivo invecchiamento della popolazione. In assenza di misure adeguate, le prospettive pensionistiche e del welfare in generale saranno messe a dura prova. Ma la buona notizia è che se i lavoratori più anziani perdono in forza e velocità, queste “carenze” sono compensate da maggior esperienza e sapere.
A ribadirlo è uno studio dell’Ipl (Istituto Promozione Lavoratori) di Bolzano che, oltre a focalizzarsi sulla situazione Altoaetisina, offre anche una panoramica generale sulle opportunità per aziende, enti e imprese, di valorizzare la forza lavoro senior.
Italia e Germania: il 37% degli occupati è over 50
In Italia solo un occupato su 5 ha meno di 35 anni (20%), mentre oltre un terzo (37%) ha almeno 50 anni. Anche in Germania la quota di lavoratori più anziani è molto alta (37%), ma con una maggiore occupazione giovanile (27%) che in Austria sale al 31% e quella degli over 50 al 28%. Un panorama molto distante da Germania e Italia. Nel Belpaese, infatti, molti ventenni non sono ancora attivi sul mercato del lavoro, ma seguono una formazione universitaria o tecnica. Ciò incide in modo rilevante sulla quota di occupati di questa fascia d’età. Da evidenziare anche l’elevato tasso di disoccupazione giovanile che interessa quei giovani a disposizione del mercato del lavoro, ma che non trovano un’occupazione.
L’esperienza e il sapere dei lavoratori senior
Chi sono i lavoratori cosiddetti anziani? Hans Jung, esperto in gestione delle risorse umane, chiarisce il quesito: «I dipendenti più anziani sono persone la cui età si colloca tra la seconda metà della vita lavorativa e il pensionamento (tra 50 e 60 o 65 anni) oppure che, secondo la biografia lavorativa, hanno raggiunto il proprio plateau di carriera e sono fisicamente e mentalmente in grado di lavorare».
Ormai è noto che nel corso degli anni cambiano le possibilità psico-fisiche e questo si riflette anche nella vita lavorativa. Quindi, cosa succede se l’asticella anagrafica degli occupati si alza? Meglio fare a meno dei lavoratori più anziani in nome della produttività? La ricerca psicologica nel campo della gestione del personale lo sconsiglia perché: ciò che i dipendenti più anziani perdono in forza e velocità, lo compensano con esperienza e sapere. Raramente le capacità vanno completamente perse, semplicemente si trasformano. L’analisi dell’Ipl al riguardo cita un altro passaggio di Jung: «Per la maggior parte dei posti di lavoro l’esperienza ci insegna che anche il dipendente più anziano soddisfa le esigenze lavorative normali, sia in campo fisico che in campo psichico-mentale».
Cosa aumenta e cosa diminuisce con l’età
Tra le abilità fisiche, nella norma calano la forza muscolare, l’agilità, cambiamenti nella vista o nell’udito, la capacità di reazione e di adattamento a nuove situazioni ambientali. Dall’altro lato ci sono dei giovamenti nelle abilità mentali e psichiche. Per citarne alcune, oltre all’esperienza e il sapere, l’affidabilità, la capacità di giudizio, l’equilibrio e la perseveranza, la capacità di collaborare, la memoria a lungo termine, il senso di sicurezza.
Un tesoro da non sprecare
Dallo studio emerge che i lavoratori con un’età professionale avanzata possono essere veramente preziosi per le imprese e le organizzazioni: chi lavora per decenni in un settore, impara prima o poi ogni dettaglio e trucco del proprio mestiere, e riesce a svolgere meglio il suo lavoro.
Dispone inoltre di informazioni preziose sulla vita interna ed esterna della propria impresa o organizzazione. Gli occupati più anziani hanno avuto tutta la vita lavorativa per “farsi le ossa”, e riescono così a proteggersi meglio dei colleghi più giovani dalle conseguenze di condizioni di lavoro psichicamente e fisicamente pesanti. «Si tratta ora – si sottolinea – di sfruttare questa ricchezza. Tuttavia, ci vuole impegno: i tesori sono spesso nascosti e vanno prima portati alla luce. I pensionamenti anticipati non solo comportano molti costi per la società, ma implicano anche la perdita di questi tesori. Ora tocca alle imprese e agli enti organizzare, nel loro stesso e giustificato interesse, i posti di lavoro in modo tale da aiutare i dipendenti più anziani a mettere pienamente a frutto i propri punti di forza e le proprie potenzialità».
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