Erminio Sinni presenta “Perdersi per sempre”, il suo nuovo singolo. L’intervista al vincitore della prima edizione di The Voice Senior, il talent di RaiUno per musicisti e cantanti over 60, cui vuole offrire una seconda occasione di visibilità e notorietà.
Terminata un’edizione con un vincitore, se ne fa un’altra con un altro vincitore. E il precedente è destinato a essere dimenticato, a meno che non riesca a trovare una sua strada, un percorso personale preciso e riconoscibile. È quello che succede con tutti i talent, ma certo è assai più difficile confermarsi e restare nella memoria se il talent stesso è già una seconda o una terza possibilità, come è il caso di The Voice Senior, che dal 2020 Antonella Clerici presenta su RaiUno.
Da poche settimane si è conclusa la seconda edizione, che ha visto vincitore Annibale Giannarelli, 73 anni, già spalla di Mina e Peppino di Capri durante i loro concerti a Sydney, titolare di due album e numerosi 45 giri, ma soprattutto voce della canzone di Franco Micalizzi, che fu colonna sonora di Lo chiamavano Trinità, il megasuccesso cinematografico con Bud Spencer e Terence Hill.
Ma del vincitore che lo ha preceduto che notizie si hanno? È stato di nuovo dimenticato, inghiottito in quel vortice che i diversi concorrenti a The Voice Senior continuano a raccontare come un lungo rimpianto per qualcosa che è andato storto oppure come un rimettersi in gioco sfumato come l’incantesimo di Cenerentola? No, per sua fortuna Erminio Sinni, 61enne di Grosseto, continua a rimanere nell’ambiente musicale, dove è sempre stato nella posizione defilata di pianista di piano bar, e ha deciso di realizzare una serie di singoli da mettere in rete con cadenza bimestrale, perché, con le attuali formule di mercato, è inutile proporre un album intero, che avrebbe anche già pronto.
Di album ne ha incisi di molto belli Sinni: nel 2006 11.167 km, con la collaborazione di tantissimi (93!) musicisti popolari sudamericani; nel 2012 ES, con quella di eccellenti jazzisti, tra cui Xavier Girotto e Flavio Boltro; nel 2017 Dalla nave al cielo un corposo doppio dal vivo. Pianista e cantautore, ha anche calcato il palco sanremese, interpretando una canzone di Riccardo Cocciante, ed è stato il musicista ufficiale della Nazionale di Calcio a Casa Azzurri per sei anni.
Come le è venuta l’idea di partecipare a The Voice Senior, che poteva essere una scommessa, trattandosi della prima edizione?
«Innanzitutto perché sono un kamikaze. Ho sempre amato il rischio e mi sono messo sempre in discussione. Poi, in quel periodo, noi pianisti di piano bar non sapevamo veramente se i locali sarebbero rimasti aperti o chiusi e mi sono detto che partecipare sarebbe servito a mantenere la mente occupata. Per fortuna man mano che siamo andati avanti la situazione è sempre migliorata.»
È riuscito a vivere di musica fino a oggi oppure ha dovuto intraprendere altre attività?
«La mia professione è pianista di piano bar, nonostante abbia fatto canzoni per Cocciante e per Sanremo, ricevendo da Domenico Modugno il premio per la più bella musica di una canzone del Festival, con “L’amore vero” nel 1992. Ho continuato, perché è la forma più libera e indipendente di fare musica. Se piaci continui, non c’è bisogno di appoggi, di discografici, di niente.»
Cosa ricorda della sua partecipazione a Sanremo?
«Tantissime belle cose. Soprattutto la soddisfazione di cantare in mondovisione un pensiero mio, che raccontava una mia storia. Tra l’altro, anche l’aver invogliato Leonardo De Amicis, che ancora oggi dirige l’orchestra del Festival, a intraprendere la carriera di direttore. Aveva paura, ma l’ho convinto e poi è diventato quello che è diventato.»
Parliamo della sua relazione artistica con Cocciante, che produsse “L’amore vero” con cui partecipò nel 1992 a Sanremo nella categoria Novità. Come è nata e come si è sviluppata?
«È stato il mio produttore, dopo aver inciso una mia canzone nell’album Eventi e mutamenti. Un po’ casualmente con De Amicis ci siamo ritrovati al pianoforte a casa di Riccardo e io mi sono seduto per fargli ascoltare una canzone. Ricordo che sul leggio c’era l’abbozzo di “Margherita”. È stata una bella esperienza, che è finita la notte della finale del Festival.»
Si aspettava poi un seguito di maggiore visibilità dal punto di vista della carriera?
«Sono successe tantissime cose che non vorrei mettere in ballo. Sono dinamiche che succedono nell’ambiente discografico, dove a volte non c’è attenzione alle persone, ai loro studi, alle loro rinunce. Però non mi lamento, è andata bene così, mi ha reso una persona migliore.»
In seguito ha mandato altre canzoni per partecipare al Festival?
«Ne ho sempre mandate, però credo ormai di far parte di un’altra maniera di scrivere. Mi è stato domandato tante volte, ma ormai credo di non essere più della tipologia di cantanti che vanno a Sanremo.»
Eppure a The Voice Senior è stato talmente apprezzato da aver vinto…
«È stato bellissimo anche se alla fine ho cantato due minuti. Sono rimasto sorpreso di aver vinto. Mi dicevo “è tutta la vita che faccio queste cose, mi sembra così strano…”»
Recentemente ha avuto anche un rapporto con la scena musicale rumena…
«Sì, nel 2018 ho rischiato di rappresentare la Romania all’Eurovision: mi sono classificato quinto alle loro selezioni. Poi l’anno successivo, grazie al successo del brano che avevo proposto, “All The Love Away”, mi hanno chiamato nella giuria del festival Cerbul de Aur di Brașov, il più importante dell’est Europa, con musicisti che venivano persino dall’Australia. È stato molto bello e professionale, e la loro scena musicale è più interessante di quella occidentale che mi sembra piuttosto piatta. Almeno a mio modo di ascoltare.»
Invece con Frank Sinatra, alla famosa festa del 1991 presso l’Ambasciata Americana, è riuscito a scambiare qualche battuta?
«Abbiamo persino cantato insieme, una bella soddisfazione, anche se ero lì un po’ casualmente, chiamato dall’ambasciatore americano. Un giornalista mi disse di cantare “My Way” e “Strangers In The Night”, perché glielo aveva chiesto il direttore. “Fallo per me, ho famiglia”, mi ricordo disse. Così ho iniziato “My Way” e dopo poche battute Sinatra si è alzato, ha preso il microfono e ha cantato un pezzo di strofa con me. È stato molto carino, ha visto che ero in imbarazzo e mi ha sostenuto.»
È proprio vero allora che la musica mantiene giovani…
«Innanzitutto bisogna dire che il vero musicista è come Terence Hill quando interpretava Trinità: pronto a partire ogni volta, disteso in quella specie di lettiga trainata dal cavallo. Il vero musicista è pronto a partire in ogni momento, a prendere nuove vie. È questo che mantiene giovani, mantiene vivi, mantiene l’entusiasmo. Quando questo non succede più è finita anche la musica.»
Due singoli dopo The Voice: “La terrazza” e il recente “Perdersi per sempre”. Ce ne parli…
«Il primo fa parte di una serie di brani che ho scritto nell’ultimo periodo, ritornando al vecchio pop che mi piaceva tanto. Volevo fare un disco per i pianisti di piano bar che continuano a fare le stesse canzoni, perché non ne esce una cantabile nei locali da quarant’anni. Racconta di un punto di vista differente da cui guardare le situazioni. E “Perdersi per sempre” fa parte dello stesso filone. È la storia mia e di mia moglie, che ho sposato da poco più di due mesi. Dice del bisogno di scappare da tutto e da tutti per rifugiarsi in un cosmo rosa, dove trovare la gioia lontano da quello che ci succede attorno.»
Ma non bisogna essere molto giovani per riuscire a vedere il mondo colorarsi di rosa?
«Devo dirle che io adesso lo sto vedendo rosa. Ho passato varie fasi nella vita. Sono riuscito a vedere il mondo in nero a 20 anni, poi rosa a 25 e a 32, poi nero a 40. La vita è un caleidoscopio. Può succedere di tutto, di bello o brutto, in qualsiasi momento.»
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