Non è un caso se il nuovo Rapporto di Save the Children dedicato alla maternità in Italia si chiami “Equilibriste”. Le donne lavoratrici nel nostro Paese si ritrovano ad ingegnarsi per conciliare famiglia e lavoro, e una su cinque è costretta a fare una scelta drastica, ossia quella di lasciare il proprio impiego.
Una situazione molto complessa quella descritta da “Equilibriste”, il nuovo Rapporto di Save sulla lavoro e la maternità. Con quest’ultima infatti si accentua lo squilibrio di genere nel mercato del lavoro: il tasso di occupazione femminile fra i 15 e i 64 anni è stato del 52,5% nel 2023, a fronte di una media europea del 65,8%. Guardando ai singoli settori, la minima crescita occupazionale si è concentrata solo nelle attività dove le donne erano già sovrarappresentate: lavoro sociale, istruzione, sanità; ma le professioniste sono rimaste al 18% e le manager al 28%. Nelle aziende, solo il 21% dei manager sono donne, e nei percorsi lavorativi tipicamente dominati dagli uomini i salari continuano ad essere più bassi per le lavoratrici.
Il lavoro di cura
Lo European Institute for Gender Equality ha condotto un’indagine in tutti i Paesi europei sulle ore settimanali dedicate da donne e uomini alla cura dei figli: nella fascia 25-49 anni una donna su 5 vi dedica oltre 10 ore al giorno per sette giorni la settimana, pari al 20,5%, contro il 6% degli uomini.
Se si guarda a Paesi come la Germania o la Francia, la percentuale dei papà a tempo pieno scende rispettivamente al 2,8% e al 3,8%, ma cala anche quella delle mamme (16,3% e 13,4%). Ciò significa che c’è una maggiore disponibilità di servizi come asili nido e un costo opportunità che incentiva entrambi i genitori a restare nel mercato del lavoro anche con figli piccoli.
Occupazione e livello di istruzione
L’Italia resta uno dei Paesi Ue con la più bassa diffusione di individui con istruzione terziaria e questo incide sulla ricerca del lavoro: per gli uomini con la licenza media, il tasso di occupazione è pari al 67,8% quando non si hanno figli, e sale all’83,9% con figli. Per le donne, il tasso di occupazione senza figli è già basso (48,8%), ma cala ulteriormente dopo la maternità fino al 38,3%, raggiungendo il 32% fra chi ha due o più figli.
Tra i diplomati l’occupazione è pari all’80,6% per gli uomini senza figli, e sale al 94,6% tra chi ha figli; nelle donne senza figli è del 68,4% contro il 61,2% . Tra uomini e donne senza figli con istruzione terziaria la differenza nel tasso di occupazione scende a 3 punti percentuali (82,1% tra gli uomini e 79,3% tra le donne), ma sale a 13 con la nascita dei figli.
Il lavoro part time
Mentre fra gli uomini il lavoro a tempo pieno rappresenta la quasi totalità con il 93,4%, per le donne si ferma al 68,7%. Il restante 31,3% lavora part time, e per almeno la metà si tratta di una scelta obbligata, spesso legata alla genitorialità, come pure le dimissioni volontarie. Nel 63,6% dei casi si lascia il lavoro per la difficoltà di conciliarlo con gli impegni legati ai figli piccoli e la scarsità dei servizi dedicati.
Il benessere emotivo delle neo-mamme
In occasione del Rapporto “Equilibriste”, Ipsos ha realizzato un’indagine sulla condizione psicologica delle neo-mamme, prendendo in esame un campione di 2.691 donne lavoratrici con almeno un figlio. La maggior parte di loro ha ammesso di avere avuto un benessere psicologico più elevato prima della maternità. Otto madri su dieci provano un senso di colpa per la difficoltà di bilanciare la vita personale e lavorativa, e sul lavoro desidererebbero più riconoscimento, una retribuzione adeguata, una maggiore flessibilità.
Il coinvolgimento dei padri
Anche se la strada è ancora lunga, il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli sta crescendo: secondo i dati Inps, la percentuale dei lavoratori che usufruiscono del congedo parentale è più che triplicata fra il 2013 e il 2022. Nel 2013 ne usufruiva solo un padre su cinque, nel 2022 tre su cinque.
Si osservano comunque delle disparità nell’utilizzo, dato che ad andare in congedo parentale sono soprattutto i padri impiegati in aziende medio-grandi che vivono al Nord, mentre in alcune province del Sud ci sono percentuali di utilizzo inferiori al 30%. Il congedo è più diffuso anche fra chi ha un contratto a tempo indeterminato rispetto a chi lavora a termine o con contratti stagionali.
Prospettive di intervento
Gli interventi spot non bastano più per affrontare il problema, secondo Save the Children, e anche se negli anni si è passati a interventi un po’ più strutturali come l’Assegno Unico universale, il rischio è sempre quello di intervenire su specifiche categorie e lasciarne indietro altre.
Per sostenere le coppie che intendono avere una famiglia, secondo le conclusioni del Rapporto “Equilibriste”, bisognerebbe introdurre il congedo di paternità obbligatorio per tutti i lavoratori, non solo quelli dipendenti, di almeno 3 mesi, con la possibilità di estenderlo ai 5 previsti dal congedo obbligatorio di maternità. Bisognerebbe poi promuovere campagne di comunicazione e iniziative di sensibilizzazione rivolte a tutte le generazioni per una visione più paritaria fra uomini e donne nello spazio pubblico e all’interno della famiglia. Inoltre, qualunque tipo di riforma nel settore, che si tratti di sostegno al reddito, implementazione di servizi o altro, deve essere resa stabile, al contrario di interventi vari e di breve durata che non fanno altro che innescare maggiore sfiducia nel futuro.
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