Nel post Fukushima, il Giappone torna a puntare sull’energia nucleare per un futuro a zero emissioni. Il nuovo piano energetico e la potenza del nucleare civile nel paese del Sol Levante
Il Giappone ha approvato il 18 febbraio un nuovo piano energetico, sottolineando l’energia nucleare e le rinnovabili come fonti primarie prive di emissioni di carbonio. Obiettivo: un futuro di emissioni nette pari a zero. Inoltre, il governo guidato da Shigeru Ishiba ha approvato un piano di riduzione delle emissioni dei gas serra del 60% entro il 2035 e del 73% nel 2040. Un balzo in avanti decisivo, considerando che nel 2014 era molto al di sotto degli standard definiti dall’accordo di Parigi sul clima.
Cos’è successo a Fukushima nel 2011?
Con il nuovo piano energetico, che delinea una guida politica per il futuro, il Giappone abbandona la sua precedente posizione di ridurre al minimo la dipendenza dall’energia nucleare. Una decisione presa dopo l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima nel marzo del 2011, quando un terremoto e poi un maremoto provocarono il rilascio di elementi radioattivi nell’oceano. Con Cernobyl (26 aprile 1986), è stato l’unico incidente classificato di livello 7 della scala INES, il livello di gravità massima degli incidenti nucleari.
IA e data center: il Giappone investe per alimentare il futuro digitale
Nel 2040 l’energia nucleare rappresenterà circa il 20 % della produzione energetica totale del paese, più o meno allo stesso livello dell’obiettivo del 20-22 % nel 2030 ma in aumento rispetto all’8,5 % nel 2023. Come rivela Kyodo News, si prevede che la domanda di elettricità salirà a 1,2 trilioni di kilowattora a causa degli sviluppi dell’IA e dei data center. Il governo giapponese intende soddisfare una richiesta così elevata allentando i requisiti per la sostituzione dei vecchi reattori con quelli nuovi.
Nuovi reattori in arrivo
Per agevolare la produzione di energia nucleare, le compagnie elettriche potranno installare nuovi reattori anche in siti diversi da quelli originali, purché si trovino all’interno di altre centrali elettriche già esistenti. “In molte nazioni, compresi gli Stati Uniti, sono in corso investimenti su larga scala in fonti di energia decarbonizzate”, ha affermato il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria Yoji Muto in una conferenza stampa, sottolineando la necessità di sforzi di decarbonizzazione.
Un paese nuclearizzato nonostante Hiroshima e Nagasaki
Il Giappone, secondo World Nuclear Association, deve importare circa il 90% del suo fabbisogno energetico. Il 70% è combustibile di origine fossile. Nonostante sia l’unico paese ad aver subito gli effetti devastanti delle armi nucleari in tempo di guerra, con oltre 100.000 morti, il Giappone dal 1966 ha scelto di utilizzare l’energia nucleare per soddisfare una parte significativa del suo fabbisogno di elettricità. Oggi ha 33 reattori attivi, 2 in costruzione e 27 riattivabili.
La scelta controversa dell’energia nucleare
Tuttavia, dopo il disastro di Fukushima nel 2011, anche se delle 19.000 vittime dello tsunami nessuna è attribuibile alla centrale, l’opinione pubblica è cambiata radicalmente. Molte proteste dei cittadini hanno chiesto l’abbandono dell’energia nucleare. Il governo giapponese si trova ora a dover bilanciare questo sentimento popolare con la necessità di garantire un approvvigionamento di elettricità affidabile, economico e che rientri negli accordi internazionali presi a Parigi nel 2015. Sempre più urgenti, dopo che il 2024 è stato riconosciuto come il più caldo di sempre.
(nella foto di apertura la centrale nucleare di Mihama, 320 km da Tokyo)
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