Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna sono le regioni in cui l’endometriosi è più frequente secondo il Servizio di statistica dell’Istituto Superiore di Sanità.
L’endometriosi è una malattia cronica invalidante che incide profondamente sulla qualità di vita delle donne a cui è diagnosticata. Pesa in termini fisici, psicologici e sociali. Può portare in alcuni casi anche a subfertilità o infertilità. La patologia è dovuta alla presenza di endometrio (la mucosa che ricopre internamente l’utero) all’esterno dell’utero: sul peritoneo e sulla superficie degli organi pelvici, raramente su fegato, diaframma, pleura e polmone.
Nel nostro Paese, tra il 2011 e il 2020, sono state oltre 134.000 le donne tra i 15 e 50 anni ricoverate almeno una volta per endometriosi in ospedale. Tuttavia, nello stesso periodo l’incidenza è stata pari a 0,839 per 1000, mostrando una tendenza alla diminuzione statisticamente significativa in dieci anni. I tassi più elevati si sono registrati nelle regioni settentrionali, e tra 31 e i 35 anni (1,21 per 1000 a livello nazionale) con una tendenza simile in tutte le regioni. In termini di prevalenza, si stimano quasi 1.900.000 casi nel periodo 2011-2020, con un tasso di prevalenza di 14,0 per 1000 donne in età fertile.
Un algoritmo per individuare i casi di endometriosi
Sono i dati sull’endometriosi presentati nel corso dell’evento “Valutazione di incidenza e prevalenza di endometriosi nella popolazione italiana e indagine su possibili ipotesi patogenetiche” il 2 dicembre scorso all’Istituto Superiore di Sanità. ottenuti implementando un modello di Registro epidemiologico nazionale sviluppato a partire dal lavoro svolto dall’IRCCS Burlo Garofolo per il registro epidemiologico del Friuli Venezia Giulia.
Il modello è basato su un algoritmo di individuazione dei casi, applicato dal Servizio di Statistica dell’ISS a partire dalle schede di dimissione ospedaliera fornite dal Ministero della Salute. Basato sulle linee guida internazionali, ha reso possibile stimare incidenza e prevalenza della malattia, descriverne le tendenze temporali e la distribuzione spaziale regionale e comunale.
Proposta la creazione di registri regionali per monitorare l’endometriosi
Durante l’evento presentati anche i risultati di due progetti finanziati dal Ministero della Salute nell’ambito della Ricerca Finalizzata 2018 e del Bando Endometriosi 2021: “Prevalenza e distribuzione spaziale dell’endometriosi in Italia a partire dai dati amministrativi e da una ricerca attiva realizzata attraverso un processo di screening multistadio” e “Sviluppo di un registro epidemiologico nazionale sull’endometriosi basato su dati amministrativi e studio di ipotesi patogenetiche”.
I due progetti sono stati coordinati dall’IRCCS Materno infantile Burlo Garofolo di Trieste e realizzati in collaborazione con il Servizio di Statistica dell’Istituto Superiore di Sanità, con l’Università di Firenze e con l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto. Nel Piano Nazionale della Cronicità 2024 tra le linee di intervento proposte vi è anche la creazione di registri su base regionale per monitorare l’epidemiologia dell’endometriosi. L’obiettivo è migliorare la diagnosi precoce e il trattamento.
Da 7 a 10 anni per una diagnosi corretta. Le aree a incidenza più alta
I risultati ottenuti sono probabilmente una sottostima visto che si è osservata la forma più grave di malattia, che richiede un’ospedalizzazione. L’endometriosi, a causa della aspecificità dei sintomi, risulta ancora difficile da identificare. Prima di arrivare ad una corretta diagnosi passano in media dai 7 ai 10 anni dalla comparsa dei primi segnali.
Partendo dai casi incidenti sono state costruite delle mappe di distribuzione dei casi di endometriosi nelle Regioni italiane. Quelle in cui la malattia è più frequente sono Lombardia, il Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.
L’ipotesi ambientale tra le cause scatenanti dell’endometriosi
L’eziologia dell’endometriosi non è stata ancora definitivamente chiarita. Oltre a fattori già individuati, ci sono ipotesi di una possibile associazione tra l’insorgenza della malattia e l’esposizione a inquinanti ambientali. Tra questi, la letteratura scientifica sembra indicare un possibile contributo di alcune sostanze che si trovano in aree contaminate. Si tratta di diossine, policlorobifenili (PCB) e metalli come cadmio e piombo. Al momento, in collaborazione con il Dipartimento di Ambiente e salute dell’ISS, sono in corso analisi esplorative. L’obiettivo è individuare aree ad alta incidenza di endometriosi nelle quali effettuare studi eziologici di epidemiologia ambientale.
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