Fra i 36 paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo), il 20% della forza lavoro è impiegata in professioni sostenibili, che contribuiscono in maniera diretta alla riduzione delle emissioni, ma anche in attività di supporto per le zone verdi
Il 7% invece, è occupato in industrie ad alta intensità emissive di gas serra. I dati sono contenuti nell’ultimo Employment Outlook 2024 dell’Ocse sulle prospettive occupazionali rispetto alla transizione verso la neutralità climatica che sempre di più influirà sul mercato del lavoro.
Employment Outlook 2024 e il lavoro green in Italia
In Italia il 19,5% della forza lavoro è impiegata in occupazioni cosiddette “geen-driven”, ma di queste solo il 13,7% rappresenta veri e propri lavori “verdi”. Di contro, il 5,1% dell’occupazione riguarda ancora settori ad alta intensità di emissione. L’Abruzzo è la regione con più posti di lavoro green, mentre quella con più occupazione nelle industrie inquinanti è la Sardegna.
Differenze di genere e qualifiche
Gli uomini hanno maggiori probabilità di essere occupati in settori green rispetto alle donne e il passaggio di un lavoratore da un comparto inquinante ad uno sostenibile dipende dalla qualifica. Se si tratta di impiegati altamente specializzati il passaggio è molto più semplice, e con uno sforzo di riqualificazione relativamente basso. Al contrario, se si considerano lavoratori meno qualificati, è molto più difficile che questi riescano a cambiare occupazione.
Salari più bassi nei settori green
Un dato evidenziato dall’Employment Outlook 2024 è che la partecipazione a programmi di formazione nel nostro paese resta bassa, e i lavoratori che svolgono occupazioni ad alta intensità emissiva tendono a ricevere una formazione inferiore agli altri. Considerato che nei settori green gli impieghi a bassa qualifica tendono anche ad avere salari inferiori agli altri campi, questo tipo di occupazione non rappresenta un incentivo a formarsi per cambiare lavoro.
Costi occupazionali e cambiamenti climatici
I costi della transizione verso la neutralità climatica, compresi quelli occupazionali, devono essere affrontati anche nell’ambito dei cambiamenti climatici, che hanno già ripercussioni importanti sui lavoratori e sulle imprese. In Italia, l’8% dei lavoratori riferisce di soffrire il caldo per più della metà del tempo che trascorre al lavoro, in particolare chi svolge attività all’aperto e chi è impiegato nell’industria pesante.
Il quadro occupazionale italiano
In generale, nonostante il rallentamento della crescita economica dalla fine del 2022, il mercato del lavoro italiano è cresciuto in termini occupazionali e di riduzione dell’inattività. Il tasso di disoccupazione è sceso al 6,8% (dati del maggio scorso), pari all’1% in meno dello stesso periodo del 2023 e al 3% in meno rispetto al periodo pre-pandemico. Tuttavia, il tasso di occupazione totale resta al di sotto della media Ocse, con il 62,1% contro il 70,2% (dati del primo trimestre del 2024), in particolare se si considera l’occupazione delle donne e dei giovani.
Anche le retribuzioni non crescono, anzi, restano 7 punti sotto i livelli del 2019, e si prospetta che per i prossimi due anni la situazione non cambi significativamente.
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