Il voto alle donne come punto di svolta. Le conquiste femminili lungo 75 anni di storia. «Ma non indietreggiamo: viviamo in una fase culturale di populismo reazionario».
«Quello del voto alle donne penso sia stato un momento fondamentale della nostra storia recente. In alcuni Paesi era già arrivato – in altri doveva arrivare. Per noi è stato davvero un punto di svolta». A dirlo è Emma Bonino, senatrice e storica esponente radicale. «Le donne fecero pure parte della Costituente che ha scritto poi la nostra Costituzione anche se, per esempio, tutto il loro ruolo nell’antifascismo e nelle associazioni partigiane non è mai stato completamente riconosciuto: nell’immaginario comune resta il partigiano col fucile solo sui monti, quando invece le staffette giocarono un ruolo importante che meriterebbe di essere raccontato».
Da allora, per le donne, che cosa è cambiato?
È cambiato moltissimo. Non è ancora tutto, la strada è lunga, però abbiamo avuto il divorzio, ci siamo battute e abbiamo vinto contro l’aborto clandestino, abbiamo ottenuto la riforma dello stato di famiglia, abbiamo abolito il Codice d’onore nell’82. Siamo riuscite a far esplodere il fenomeno della violenza domestica, che era stato negato per anni e attribuito a chiunque fuori dalle mura di casa prima di accettare che, in realtà, la violenza domestica avviene proprio all’interno della famiglia. Inoltre, è aumentato il numero delle rappresentanti in Parlamento. Poi, certo, il mondo cambia e noi non ci dobbiamo sedere. Però, se mi guardo indietro, quando ero ragazza io a vent’anni, tra un po’ questo Paese non lo riconosco dal punto di vista femminile.
Nel campo del lavoro, però, le donne continuano a vivere un netto svantaggio rispetto agli uomini: sono meno occupate e meno retribuite.
Ecco perché non possiamo mollare la presa: in momenti di distrazione, vecchi modelli tornano a galla. Però, un importante passo avanti è che non ci siano più carriere precluse alle donne e significativa, negli anni, è stata l’immissione in ruolo nella Magistratura; per non parlare della legislazione, anche sociale, di parità di salario – anche se più o meno applicata. Adesso il problema è se riusciamo andare avanti in una situazione in cui tutte queste conquiste possono essere messe in discussione, possono anche tornare indietro. Viviamo in una fase culturale di populismo reazionario.
Le quote rosa, cui lei si è sempre dimostrata contraria, restano l’unica via?
È una legge di cui, come sapete, io non sono entusiasta ma, da buona legalitaria, penso che fino a che una legge c’è vada applicata. Anch’essa è naturalmente una legge di questi ultimi cinquant’anni e, come vede, dal voto alle donne molto è stato fatto. E l’appartenenza all’Unione Europea, sul tema dei diritti al femminile, ci ha sempre aiutate perché i Paesi del Nord e le loro donne parlamentari hanno una cultura completamente diversa: molto meno familistica e conservatrice.
Ma noi donne le donne le votiamo? Le sosteniamo?
No. Non è automatico che una donna voti donna. Anzi, è il contrario. Il perché non lo so – non faccio la sociologa -. So che, per la legge elettorale, finché ci sono le quote rosa, c’è l’alternanza uomo/donna; poi, con le preferenze, siamo a volte punto e a capo. In questa condizione, l’unico modello che salverebbe le donne è la meritocrazia, salvo che in Italia non esiste, nemmeno per i maschi, se è per questo. Esiste la cooptazione di chi conosce chi. Noi nasciamo pari e cresciamo dispari: gli stereotipi che passano a scuola, quelli che passano alla televisione, influenzano bambine e bambini. Cresciamo dispari perché i posti di potere sono tutti occupati da uomini e il potere è un grande afrodisiaco: chi lo ha, se lo tiene ben stretto.
Intanto, durante questa pandemia da Covid, che ruolo hanno giocato le donne?
Mentre ci emozionavamo tutti per la fotografia dell’infermiera esausta crollata sulla scrivania – e sappiamo tutti il ruolo che le donne hanno avuto non solo negli ospedali, ma anche come ricercatrici, in famiglia – quando è arrivato il momento di formare degli organismi di responsabilità, nel comitato più autorevole le donne sono state quattro su diciassette. Ecco perché, con un gruppo di persone, è stato creato il movimento “Dateci vocÈ”: non ci siamo arrese quando abbiamo visto la composizione maschilista dei Comitati. Le donne hanno raccolto un sacco di firme per il riequilibrio di questi comitati e con colleghe senatrici – Valente, Fedeli e anche parte dell’opposizione – abbiamo depositato una mozione per chiedere l’immediato riequilibrio di questi organismi di consultazione. Perché è ora di finirla che le donne vengano esaltate nei convegni del sabato e della domenica e, poi, dal lunedì al venerdì le cose cambiano.
Come se lo spiega?
Nominato a capo un uomo, quello parte in automatico nominando un altro uomo. È istantaneo: si guarda intorno e chi vede? Vede uomini che ha sempre frequentato, sempre conosciuto e riproduce, come un Old Man Boy, la maniera cui è abituato, ossia il circolo che ha sempre vissuto. Ma mi lasci dire una cosa alle donne.
Prego.
L’autonomia economica è lo scalino necessario per un’autonomia di testa. Quindi, anche se vi si chiederanno sacrifici, non rinunciate alla vostra professione. Non rinunciate al lavoro. Comunque, sacrifici o non sacrifici, tenetevi stretta la vostra attività, il vostro stipendio, mantenete conti separati. Ci si vuole benissimo lo stesso anche con due conti in banca differenti, ve lo assicuro. Ma tenete presente che qualunque siano le difficoltà, l’autonomia e l’indipendenza economica sono il primo gradino dell’indipendenza di scelta.
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