Dopo la débacle delle elezioni europee il presidente Macron chiama alle urne i francesi per rinnovare l’Assemblea Nazionale. La destra di Marine Le Pen è favorita alla vigilia, ma il sistema elettorale potrebbe premiare i moderati
Il prossimo 30 giugno i francesi saranno chiamati alle urne per eleggere i 577 deputati dell’Assemblea Nazionale. Lo ha deciso il presidente della Repubblica Emmanuel Macron all’indomani delle elezioni europee di inizio mese, dopo che la coalizione di governo era stata sonoramente battuta dal partito di estrema destra di Marine Le Pen, il Rassemblement National. Con un gesto di azzardo (o, chissà, di lungimiranza…) Macron ha liquidato la camera bassa del parlamento eletto appena due anni fa per chiarire il quadro politico e probabilmente per spingere la vecchia maggioranza a riorganizzarsi e serrare i ranghi.
Elezioni in Francia, doppio turno e sistema elettorale
Le elezioni parlamentari prevedono in Francia un sistema maggioritario a doppio turno. Nel primo turno, il 30 giugno, gli elettori dovranno scegliere uno dei candidati in lizza nella loro circoscrizione. Se un candidato riesce a ottenere la maggioranza assoluta dei voti (il 50% più uno dei voti da parte di almeno il 25 per cento degli elettori registrati), vince subito. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta, si svolge un turno di ballottaggio (previsto per il 7 luglio) a cui accedono tutti i candidati che abbiano ottenuto più del 12,5% dei voti. Il candidato che vince il ballottaggio conquista un seggio all’Assemblea nazionale.
La possibilità di “coabitazione”
Macron ha già chiarito che qualunque sia il risultato delle elezioni parlamentari resterà in carica fino al termine del suo mandato. La sua legittimazione, secondo il sistema istituzionale disegnato dalla Costituzione della Quinta Repubblica, approvata nel 1958 e emendata nel 1962, viene direttamente dal popolo che lo elegge a suffragio universale. Il presidente designa il governo del Paese, che deve però godere del sostegno della maggioranza dei parlamentari. Se il partito o la coalizione di partiti che sostiene il presidente ha la maggioranza in parlamento, la formazione del governo è più facile. In caso contrario si prospetta la possibilità di una “coabitazione”: il presidente deve subire la presenza di un governo di diversa estrazione politica, scegliendo il primo ministro all’interno del partito o della coalizione che ha vinto le elezioni. Al primo ministro spetta poi la designazione degli altri ministri.
L’ultimo caso di coabitazione si è verificato nel 1997, quando il presidente Jacques Chirac, del Partito Repubblicano, sciolse in anticipo l’Assemblea Nazionale e convocò elezioni dalle quali uscì vincitrice una coalizione di partiti di sinistra che designò come primo ministro il socialista Lionel Jospin. Chirac “coabitò” con Jospin fino al 2002, in un clima a volte teso, subendo l’imposizione della legge sulla settimana lavorativa di 35 ore e del referendum che ridusse la durata del mandato presidenziale da sette a cinque anni. Ma alle elezioni presidenziali del 2002 riuscì a sconfiggere lo stesso Jospin e il leader dell’estrema destra Jean Marie Le Pen e a riconfermarsi capo dello Stato.
Elezioni in Francia, il ruolo del Presidente della Repubblica
Nel caso (mai verificatosi) in cui, dopo le elezioni parlamentari, nessuno partito o coalizione riuscisse a costituire una maggioranza, si produrrebbe uno stallo politico molto pericoloso. La soluzione sarebbero le dimissioni del presidente della Repubblica o la convocazione di nuove elezioni parlamentari (che però non potrebbero svolgersi prima di un anno).
Mentre la politica estera resta fondamentalmente nelle mani del presidente della Repubblica, in Francia il governo e il parlamento hanno ampia competenza sulla politica interna (nella quale rientrano, in gran parte, anche la politica europea e il rapporto con l’UE). Se un presidente non è d’accordo con una legge parlamentare, può sottoporla al Consiglio Costituzionale (un ente che garantisce il rispetto delle norme costituzionali) o chiederne una seconda lettura all’Assemblea Nazionale. Ma se il Consiglio Costituzionale si dichiara incompetente o i deputati votano ancora la legge, il capo di Stato è tenuto a firmarla.
Le previsioni delle elezioni in Francia
Alla vigilia della consultazione elettorale tutti i sondaggi danno in vantaggio il Rassemblement National di Marine Le Pen e del giovane delfino Jordan Bardella (designato ad essere primo ministro in caso di vittoria), che dovrebbe raccogliere oltre il 30% dei consensi. Alle sue spalle si attesta la NUPES (Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale), che unisce socialisti, comunisti, verdi e La France Insoumise di Mélenchon; più staccata appare la coalizione del presidente Macron. Ma i collegi uninominali e il doppio turno (che differenziano le elezioni parlamentari da quelle europee) potrebbero favorire un ricompattamento delle forze moderate al ballottaggio e almeno limitare l’affermazione del Rassemblement National. Se quest’ultimo si alleasse o ottenesse l’appoggio della destra moderata de “Les Républicains”, sempre secondo i sondaggi, dovrebbe riuscire a strappare la maggioranza dei seggi nell’Assemblea. Niente è scontato, dunque, ma la Francia (e la scommessa di Macron) cammina sul filo.
© Riproduzione riservata