Lo conferma il più importante studio mai effettuato sulla gravità. Si chiama Dark Energy Spectroscopic Instrument (Desi), lo strumento scientifico del Lawrence Berkeley National Laboratory dell’Università di California, che ha fornito un’enorme quantità di dati sulla gravità e l’energia oscura.
Vent’anni dopo essere stato inviato a Pavia in punizione per una bocciatura, Albert Einstein elaborava la celeberrima teoria della relatività generale. Era il 1915 e il più grande fisico del XX secolo già dieci anni prima aveva proposto quella della cosiddetta relatività ristretta. Se quest’ultima risolveva le contraddizioni tra l’elettromagnetismo e le intuizioni di Galileo Galilei, la nuova formulazione risolveva anche le incongruenze della precedente con la gravità universale postulata da Isaac Newton.
La teoria della relatività generale
L’idea geniale einsteiniana identifica la forza gravitazionale non più come azione a distanza fra masse, ma come effetto della deformazione del cosiddetto spaziotempo (il “tessuto” di cui è costituito l’universo, espanso seguendo le tre dimensioni spaziali e la quarta, il tempo) e del fluire in esso di massa, energia e impulsi.
Nel 1919 l’astronomo Arthur Eddington osservò alcune stelle che si trovavano nascoste dietro il Sole. Fu la prima conferma della validità della teoria einsteiniana. La luminosità di quelle stelle infatti era diventata visibile per la “curvatura” delle dimensioni spaziotemporali causata dalla massa della nostra stella. L’attestazione più recente è stata invece l’osservazione di come una supernova molto distante ci appare in quattro posizioni diverse, dato che la sua lente gravitazionale (l’effetto dello spaziotempo) ne divide la luce, che segue quattro percorsi differenti per arrivare fino a noi.
La mappa cosmica di Desi: un passo avanti verso la comprensione dell’energia oscura
Questo prima dell’analisi dei risultati forniti dal Dark Energy Spectroscopic Instrument (Desi), lo strumento scientifico del Lawrence Berkeley National Laboratory dell’Università di California. Quest’ultimo ha visualizzato, analizzato e studiato i dati raccolti in tre anni di ricerche e di osservazioni dello spazio. Il Desi, posizionato sul telescopio Mayall dell’osservatorio di Kitt Peak, è un apparato che comprende un piano focale contenente 5.000 fibre ottiche robotizzate e una banca di spettrografi alimentati dalle fibre stesse.
È una sorta di supertelescopio computerizzato, che lavora in correlazione con quattro dei più evoluti centri astronomici degli Stati Uniti e i loro telescopi e con varie rilevazioni satellitari. La finalità prima del progetto che lo utilizza è di capire come può sussistere la contraddizione tra la forza frenante della gravità, che attira fra loro le masse dei corpi celesti, e la constatata sempre più rapida espansione dell’universo.
L’energia oscura potrebbe costituire il 70% dell’universo
Individuando le posizioni e gli spettri di circa 35 milioni di galassie e 2,4 milioni di quasar in un terzo del cielo notturno, Desi sta permettendo di creare una mappa 3D di un enorme volume di spazio che si estende per oltre 11 miliardi di anni nel passato, rivelando le differenti velocità con cui l’universo si è espanso in momenti diversi.
Tali misurazioni aiuteranno a limitare i possibili modelli e a conoscere meglio l’energia oscura. Questa dovrebbe essere responsabile dell’azione di “contrasto” alla gravità e quindi dell’accelerazione dell’espansione dell’universo. Un’energia che si ipotizza costituisca circa il 70% del nostro universo, ma che è ancora del tutto sconosciuta. Tanto che non sappiamo neppure se esiste davvero, né come agisca.
La teoria della relatività generale resiste alla prova del tempo e dello spazio
I numerosissimi studi, elaborati con il contributo di oltre 900 scienziati di 60 istituzioni scientifiche mondiali, e soprattutto il recente rilascio dei dati raccolti negli ultimi tre anni hanno evidenziato un risultato determinante. Ovvero, come afferma Pauline Zarrouk, cosmologa del Centre Nationale de la Recherche Scientifique francese, che «la relatività generale è stata validata su scale molto più ampie del Sistema Solare, perché studiare il tasso di formazione delle galassie ci ha permesso di osservare che le previsioni teoriche di Einstein tornano anche su scale cosmologiche».
La possibilità che la gravità funzioni in modo diverso, magari non attrattivo, su scale spaziali così enormi rimane. Ma l’incredibile esattezza della teoria della relatività generale la conferma uno dei capisaldi della fisica moderna. E i dati offerti da Desi – che fra l’altro hanno prodotto anche nuove informazioni sul neutrino, l’unica particella fondamentale di cui ancora non siamo riusciti a determinare con precisione la massa – rappresentano la più puntuale verifica sperimentale del pensiero di Einstein mai ottenuta finora.
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