«Il 24 gennaio si celebra la Giornata Internazionale dell’Educazione istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e tema dell’inchiesta di questo numero di 50&Più. Una data che ci ricorda che educare e istruire gli adulti di domani è un dovere dell’intera collettività»
“Ministero dell’Educazione Nazionale”, “Ministero della Pubblica Istruzione”, “Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica”, “Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca” e dal 14 dicembre “Ministero dell’Istruzione e del Merito”. Sono le denominazioni che hanno segnato la storia del dicastero italiano che norma l’educazione scolastica, la formazione universitaria, la ricerca e molto altro.
Denominazioni che rispecchiano i valori delle varie epoche e i relativi obiettivi da raggiungere. Denominazioni che ci ricordano anche che educazione e istruzione sono due concetti diversi tra loro, ma strettamente correlati. Se il primo, infatti, si riferisce all’azione del condurre una persona verso un adeguato livello di maturità intellettuale e morale, il secondo fa riferimento al sapere e a quelle nozioni che costituiscono la base dell’educazione.
Come sappiamo, all’atto dell’istruire corrispondono principalmente le figure di insegnanti, educatori, catechisti, allenatori sportivi o maestri di musica. All’educazione di figli, nipoti, bambini piccoli e ragazzi, rispondono le famiglie, i genitori e i nonni.
Noi nonni, in particolare, rivestiamo un ruolo privilegiato e al tempo stesso molto delicato. Con i figli, generalmente, siamo stati più rigidi ed esigenti ma con i nipoti il rapporto cambia. Ascoltiamo di più e soprattutto siamo più indulgenti, magari concedendo loro qualche strappo alla regola e lasciando che siano i genitori a dettare i limiti, i tempi e i modi. Quando diventiamo nonni resta il legame educativo con i nostri figli, ma cambia ovviamente il rapporto con loro e il nostro ruolo nella famiglia.
Diventiamo la generazione più anziana, quella più saggia, alla quale è affidato il compito di tramandare i valori familiari e i saperi acquisiti negli anni. Tramandare soprattutto con l’esempio, che resta la più alta espressione educativa anche nell’età d’argento. Come diceva Sant’Agostino: «Le parole insegnano, gli esempi trascinano».
Oggi, poi, siamo anche la generazione che supporta il sistema famigliare con la cura dei nipoti, il sostegno economico e materiale e possiamo fare una grande differenza.
D’altronde, come vedremo nell’inchiesta di questo mese, secondo i dati Istat, il tasso di abbandono scolastico in Italia è profondamente influenzato dalle condizioni socioeconomiche delle famiglie.
Sembra, infatti, che l’abbandono precoce degli studi coinvolga ben il 22,7% dei giovani con genitori che hanno conseguito al massimo la licenza media e solo il 2,3% dei giovani con genitori laureati. A questo aspetto si sommano poi i tradizionali divari territoriali con un picco di quasi il 20% nelle Isole fino al 9,9% della zona Nord-Est.
È in questo scenario che la nostra generazione può fare la differenza e “fare rete” affinché i bambini di oggi abbiano sempre più possibilità di futuro.
È tra le maglie del complesso tessuto socioculturale del nostro Paese che i senior possono – e devono – inserirsi prendendosi cura di tutti quei nipoti reali e potenziali.
Ed è sempre una rilevazione dell’Istat a confermarci che è proprio la presenza dei pensionati all’interno di nuclei familiari “vulnerabili” che riduce sensibilmente l’esposizione al rischio povertà e, conseguentemente, al rischio di una vita più penalizzata che impatta anche sull’istruzione e sull’educazione.
Così, lo scenario demografico che caratterizza l’Italia in cui, come ben sappiamo, la popolazione invecchia sempre di più e ci sono sempre meno bambini può essere analizzato da un’altra prospettiva. Quella dello scambio e del supporto intergenerazionale. Quella in cui l’educazione alla cura reciproca, nelle varie fasi della vita, può diventare il passaggio determinante per una società nuova e per un futuro più inclusivo.
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