Una giovane start-up ha brevettato “Kerubin”, un sistema che sfrutta la tecnologia più innovativa per aiutare malati, caregiver, medici curanti e strutture sanitarie a gestire la terapia domiciliare attraverso il web e lo smartphone.
Arriva da Napoli “l’angelo custode” digitale dei pazienti in cura fra le mura domestiche. Il progetto si chiama Kerubin ed è stato sviluppato da una start-up nata nel 2020 con l’obiettivo non solo di fornire un utile dispositivo terapeutico ai malati domiciliati, ma una vera e propria terapia digitale. Come? Attraverso tecnologie di Intelligenza Artificiale e Machine Learning che coinvolgono attivamente il paziente, il caregiver, il medico curante e le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, in un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) unico e condiviso, intuitivo e interattivo. Come spiegano gli stessi ideatori di Kerubin, i dispositivi ideati per gli utenti sono progettati per essere utilizzati da soli o in combinazione con trattamenti e procedure standard insieme al team medico di riferimento. Il sistema digitale è capace di gestire differenti tipi di patologie e si basa su un approccio self-reporting, ovvero personalizzato sulla base delle esigenze del paziente.
Come funziona Kerubin
Vediamo quali strumenti utilizza Kerubin per assicurare una connessione costante fra malati e medici. Per il team medico coinvolto, l’accesso alle funzionalità è possibile dalla postazione di lavoro attraverso un’applicazione web dotata di un cruscotto di monitoraggio, disponibile anche in mobilità. Il cruscotto consente il controllo costante del trattamento e la farmacovigilanza h24. Per il paziente e il caregiver c’è invece un‘App dedicata, facilmente utilizzabile anche da chi ha poca dimestichezza con la tecnologia su tutti i modelli di smartphone. Attraverso l’applicazione, il malato e chi si dedica ad assisterlo a casa possono comunicare le informazioni necessarie al medico per il monitoraggio, così come ricevere informazioni utili come l’orario e il tipo di farmaco da assumere. I dati raccolti costituiscono un vero e proprio patrimonio di informazioni perché, mediante l’Intelligenza Artificiale, vengono analizzati per fornire suggerimenti, alert e informazioni per il paziente, il team medico e i ricercatori, ma anche per le aziende sanitarie pubbliche e private che hanno a disposizione un programma di ingaggio e fidelizzazione dei pazienti domiciliari e dei loro familiari.
Un’idea nata da un call-center
A fondare Kerubin, nel 2020, il professore Giacomo Cartenì, medico di lunga esperienza e per 20 anni anche direttore del reparto di oncologia dell’Ospedale Cardarelli di Napoli. Nel 2005 è proprio questo reparto ad ospitare un call center dedicato ai pazienti oncologici registrati al momento dell’assegnazione di un trattamento farmacologico specifico, per monitorarli ed intercettare eventuali effetti avversi della terapia domiciliare. Risultato: una drastica riduzione dei ricoveri in Pronto Soccorso e degli accessi ambulatoriali. Intanto, da metà Anni ’90, con la collaborazione dell’ingegnere Oreste Pitocchi della OPT Srl, è iniziata anche l’attività di reingegnerizzazione dei processi diagnostici terapeutici assistenziali dei pazienti. «La fusione di questi due percorsi – ha dichiarato il professor Cartenì a Cliclavoro, il portale pubblico del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che raccoglie le principali novità dal mondo del lavoro – ha dato vita al progetto Kerubin». La startup ha ricevuto numerosi riconoscimenti dalla Regione Campania, dalla Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) e dall’Associazione Nazionale Giovani Innovatori (ANGI).
La terapia digitale ai tempi del Covid
Con la diffusione della pandemia, esperienze come quella di Kerubin sono sempre più centrali nell’innovazione sanitaria ma ancora un territorio poco esplorato. A confermarlo, i dati riportati da Cliclavoro: nel mondo esistono solo 150 startup di “salute digitale”, la maggior parte (116) negli Stati Uniti, le restanti in Asia ed Europa. Fra quest’ultime, dunque, l’esperienza di Kerubin potrebbe essere un apripista nel nostro Paese. Ma la strada dell’innovazione, soprattutto all’inizio, è costellata di difficoltà. «Il primo problema è stato quello di trovare le persone giuste con le quali condividere idee e aspettative», ha dichiarato il fondatore di Kerubin. «Successivamente, dopo essere entrati nel vivo della realizzazione del dispositivo, le difficoltà maggiori le abbiamo trovate nella ricerca e ottenimento dei finanziamenti e nel riconoscimento delle persone adatte e capaci di tramutare l’idea in applicativo tecnologico. Più recentemente la difficoltà maggiore è legata alla mancata alfabetizzazione del mondo che ci circonda che solo ora a causa del Covid comincia a capire l’importanza della trasformazione analogico/digitale. Questo analfabetismo non è solo dei pazienti, che oramai nel 70% dei casi possono utilizzare presidi di questo tipo, ma anche degli amministratori e in ultimo dei medici che devono utilizzarli per assistere i pazienti».
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