E’ un cucciolo di foca che pesa due chili e mezzo, ha il pelo morbido, gli occhioni dolci, è caldo al tatto e riconosce le voci a lui familiari. Si chiama ‘Paro’, ed in Giappone è diventato il fedele Fido di migliaia di anziani. Ma Paro ha una caratteristica, fondamentale, che lo allontana dai normali pelosi a quattro zampe: è un animale robotizzato, rappresenta infatti l’ultima frontiera dell’interazione tra uomo e macchina in campo geriatrico-riabilitativo. Non faranno le fusa come i mici, non scodinzoleranno per la gioia alla vista del loro padrone, eppure questi ‘robocuccioli’ hanno affiancato gli animali domestici nella pet-therapy, evidenziando effetti positivi su pazienti affetti da demenza.
Grazie alla sua tecnologia, Paro è in grado di riconoscere la voce umana, di apprendere il nome della persona, le sue caratteristiche personali e comportamentali. E’ nato in Giappone, da un’idea di Takanori Shibata, ed ha un prezzo non proprio abbordabile (circa 5 mila euro). Nel paese nipponico ne sono stati venduti più di 1.300 esemplari, acquistati in primis da privati, visto che le case di cura giapponesi si sono rifiutate di pagare cifre simili. E’ così Paro è entrato nelle case giapponesi, facendo compagnia agli anziani, troppo spesso lasciati soli in casa.
Ma il cucciolo di foca ha varcato i confini asiatici ed è approdato negli ultimi anni in Danimarca. Le case di cura danesi, infatti, ne hanno acquistato un centinaio di questi robocuccioli, utilizzando principalmente fondi pubblici. L’impiego di questi dispositivi robotizzati ha mostrato significativi miglioramenti, in primis nei pazienti affetti da depressione e agitazione, al punto che il Danish Technological Institute ha raccomandato ad ogni casa di cura danese di comprarne uno.
E in Italia? Alcune strutture iniziano a guardare con curiosità alla ‘robotic pet therapy’. E’ il caso del Centro Diurno Villa Sormani, della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone, in provincia di Milano. Qui, da un anno, si sta sperimentando l’uso di tre gatti robotizzati su sette ospiti affetti da demenza. I primi risultati sono incoraggianti: i gatti robotizzati hanno migliorato il benessere dei pazienti, e li stanno aiutando a far emergere i loro ricordi personali. L’uso dei robot-animali in medicina, dunque, non sembra più fantascienza ed i risultati scientifici sono rassicuranti, ma dal punto di vista etico cosa implica tutto ciò?
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