Il 24 gennaio si celebra la Giornata internazionale dell’istruzione, una ricorrenza con cui si intende ricordare il ruolo dell’educazione quale fondamento della pace e dello sviluppo.
Un ponte della metropolitana come tetto, dei pilastri di cemento a cui appoggiarsi quando si è stanchi, la nuda terra su cui sedersi o sdraiarsi quando si cerca di scrivere qualcosa su fogli racimolati grazie alla generosità di qualcuno. In questo spazio battuto dalle intemperie non ci sono banchi né sedie, eppure ci sono tanti bambini che sperano di riuscire, imparando a leggere e a scrivere tra quei pilastri, a cambiare la strada che il destino sembrerebbe aver già segnato per il loro futuro. La “Scuola libera sotto i ponti” si trova in una delle baraccopoli di Nuova Delhi, capitale dell’India, ed è frequentata da decine di bambini i cui genitori non hanno le risorse per istruire i loro figli e strapparli così ad una vita di miseria e disperazione; Rajesh Kumar Sharma, fondatore di questa scuola all’aperto, ha vissuto sulla propria pelle la delusione di non poter compiere gli studi che avrebbe voluto fare a causa della povertà in cui versava la propria famiglia. Ed è per questo che si adopera affinché i duecento bambini che ogni giorno si avvicendano sotto i pilastri che reggono il ponte, possano avere almeno i rudimenti di un’istruzione che ogni bambino dovrebbe avere ma che a troppi manca.
Il diritto all’istruzione, infatti, è sancito dall’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il cui primo paragrafo recita: “Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito”; un diritto che viene rafforzato dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 20 novembre 1989, nella quale è stato stabilito che i Paesi “riconoscono il diritto del fanciullo all’educazione”, “rendono l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti”, con il fine di contribuire ad eliminare l’ignoranza e l’analfabetismo nel mondo. Ma è veramente così?
I numeri, purtroppo, mostrano una realtà molto diversa. Nel mondo sono 258 milioni i bambini che non vanno a scuola e 771 milioni gli adulti analfabeti. A ciò si devono aggiungere una difficoltà nell’apprendimento di base e nella capacità di calcolo tra gli studenti, tanto che 617 milioni di bambini e adolescenti non riescono a leggere e a fare i calcoli aritmetici basilari. A questi dati si affiancano quelli riguardanti la discriminazione di genere e le difficoltà che si trovano ad affrontare coloro che per eventi bellici o per altre cause sociali sono costretti ad abbandonare il proprio Paese. Si pensi, per esempio, che meno del 40% delle ragazze nell’Africa sub-sahariana riesce a completare la scuola secondaria inferiore mentre sono circa 4 milioni i bambini e i giovani rifugiati che non frequentano più la scuola. Una chiara violazione del loro diritto all’istruzione che rende questa situazione inaccettabile.
E proprio per sottolineare l’importanza dell’istruzione, considerata uno dei pilastri alla base della libertà individuale, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2018 ha proclamato il 24 gennaio Giornata internazionale dell’istruzione, una ricorrenza con cui si intende celebrare il ruolo dell’educazione quale fondamento della pace e dello sviluppo.
Infatti, senza un’istruzione adeguata e di qualità, che sia anche inclusiva ed equa, così da offrire un’opportunità di sviluppo e di cambiamento per tutti i bambini, i Paesi non saranno in grado di raggiungere l’uguaglianza sociale e di spezzare la povertà che attanaglia milioni di persone nel mondo.
Ed è proprio per sottolineare questa necessità, che il tema scelto per la quinta Giornata dell’Educazione che si celebra nel 2023 ha il titolo “Investire nelle persone, dare priorità all’istruzione”; la forte connotazione politica data al tema è ritenuta necessaria a trasformare in azioni tutti gli impegni e le iniziative che ogni Paese ha assunto nel corso degli anni. L’istruzione deve, infatti, diventare il volano che accelera il cammino verso il raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo sostenibile del 2030, oggi minacciati da una recessione globale, dalle crescenti disuguaglianze sociali e di genere e da una crisi climatica che non si può più ignorare.
«Solo l’istruzione permanente a partire dai primi anni di vita – si legge nel documento che accompagna la scelta del tema – possono spezzare il ciclo della povertà, migliorare la salute, preparare le persone per posti di lavoro dignitosi con opportunità di riqualificazione, miglioramento delle competenze che siano in grado di affrontare la crisi climatica in atto. Ora tutti i governi devono essere ritenuti responsabili dei loro impegni».
Su quest’ottica viaggia anche l’iniziativa Unesco Futures of Education, che mira a ripensare l’istruzione e plasmare il futuro. Conoscere e imparare sono le più grandi opportunità di cui l’uomo è in possesso e con cui è in grado di rispondere alle sfide e progettare le alternative. Con questa iniziativa, l’Unesco mira a mobilitare i Paesi più ricchi affinché mettano a disposizione “l’intelligenza collettiva” di giovani, educatori, governi e imprese in un processo di co-costruzione che possa portare ad una trasformazione del mondo.
“Pensare insieme in modo da poter agire insieme per creare il futuro che vogliamo”. E il futuro che vogliamo riguarda non soltanto noi ma anche i nostri figli e nipoti. Ed è per loro che tutti dobbiamo metterci in gioco.
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