L’Alzheimer Association, insieme al National Institute on Aging statunitense e altri enti pubblici e privati, ha reso condivisibile a tutta la comunità scientifica la più grande indagine sui cambiamenti silenziosi che precedono i sintomi dell’Alzheimer.
Si chiama A4, Anti amyloid treatment in asymptomatic Alzheimer ed è una ricerca open source sull’Alzheimer. Lanciata nel 2014 ha coinvolto 7.500 persone, fra le quali sono stati individuati 1.169 pazienti con Alzheimer pre-sintomatica. In questa fase, la proteina beta amiloide inizia ad accumularsi nel cervello, ma senza che vi siano evidenti segni di declino cognitivo.
Di conseguenza, non si procede ad approfondimenti clinici. Sarebbe invece importante un intervento precoce già con farmaci per rallentare la progressione della malattia.
I soggetti campione, di età compresa fra i 65 e gli 85 anni, sono stati sottoposti a cadenza mensile, per quattro anni e mezzo, ad una serie di esami come scansioni cerebrali, analisi del sangue, test genetici e cognitivi, valutazioni cliniche e neuropsicologiche.
I risultati
L’obiettivo era quello di comprendere in modo più approfondito l’insorgere della malattia in una fase in cui non compaiono segnali evidenti. Ciò che è emerso è che il progressivo accumulo della proteina beta amiloide è strettamente collegato al declino della memoria e di altre facoltà cognitive.
La condivisione dei dati
Oggi qualunque ricercatore può registrarsi sul sito open source della ricerca sull’Alzheimer. Può accedere così a tutte le informazioni raccolte, inclusi gli esiti delle scansioni cerebrali e i referti degli esami del sangue, in forma anonima.
La disponibilità di una grande mole di dati potrebbe imprimere un’accelerata alla ricerca e alla cura di una malattia che oggi colpisce una persona su venti fra gli over 65, e per la quale non esiste ancora una terapia in grado di arrestarla.
La ricerca sui farmaci
Nel corso della ricerca è stata testata l’efficacia di uno dei primi anticorpi monoclonali contro la proteina beta amiloide, il solanezumab. Il farmaco si è rivelato inefficace nel contrastarne il deposito cerebrale. La condivisione di dati però potrebbe servire a cercare nuovi trattamenti da impiegare nella prima fase, quella silente, della malattia.
Nuove prospettive
Una nuova ricerca, denominata AHEAD3-45 Study, verrà intrapresa per testare gli effetti di un altro anticorpo monoclonale, il lecanemab, sempre nelle persone affette da Alzheimer pre-sintomatico. Si tratta di un farmaco che ha già avuto l’approvazione della Food and Drug Administration per l’impiego in pazienti in fase avanzata.
Un altro studio, finanziato dall’Alzheimer Association ha misurato i cambiamenti cognitivi di circa 500 persone anziane affette da demenza, ma senza un accumulo sufficiente di proteina beta amiloide per entrare nello studio A4. Questo campione potrà fungere da elemento di comparazione per i futuri studi sull’Alzheimer pre-sintomatico.
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