L’Italia ha bisogno di un sistema legislativo stabile e concreto per tutelare la popolazione anziana. Con misure economiche, abitative e che riguardino il mondo del lavoro: perché tutti hanno diritto ad un invecchiamento attivo
Quali sono oggi i bisogni della popolazione over 65 e come si traducono in diritti? Oltre a quelli primari che riguardano il sostentamento, nella società contemporanea le necessità dei senior includono sempre di più fattori come la qualità della vita, la posizione socioeconomica, il lavoro e le relazioni sociali, inquadrati in quello che viene definito “invecchiamento attivo”, secondo l’espressione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità rispetto al processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per le persone anziane.
Andrea Principi: «L’anziano è stato sempre visto come un portatore di bisogni prevalentemente assistenziali»
«Si parla di bisogni dal punto di vista della relazione e dell’inclusione proprio per differenziarli dall’aspetto assistenziale verso il quale ci si è rivolti storicamente – spiega a 50&Più Andrea Principi, ricercatore senior presso il Centro Ricerche Economico-Sociali per l’Invecchiamento CRESI dell’IRCCS INRCA di Ancona – perché l’anziano è stato sempre visto come un portatore di bisogni prevalentemente assistenziali, anche in termini economici associati a misure come l’indennità di accompagnamento. Con i nuovi anziani c’è un cambio di paradigma, perché hanno motivazioni e aspirazioni, non solo necessità di assistenza, che pure non è da trascurare. E le politiche devono tenere conto della necessità di invecchiare in maniera attiva. Attualmente come IRCCS INRCA, insieme al Dipartimento Politiche della Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, stiamo svolgendo un Progetto di coordinamento nazionale partecipato multilivello delle politiche sull’invecchiamento attivo, e abbiamo creato una rete che comprende una parte istituzionale formata da tutte le Regioni, le Province autonome e i Ministeri e Dipartimenti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e una parte di società civile rappresentata da sindacati e associazioni che si occupano di anziani. Il progetto si basa sul quadro fornito dalle Nazioni Unite con il “Madrid international Plan of Action on Aeging” del 2002, che ha individuato dieci impegni che stiamo portando avanti con le amministrazioni. Esiste anche uno strumento quantitativo, ossia l’indice di invecchiamento attivo, recentemente adottato in Italia a livello regionale, che si basa su quattro elementi: mercato del lavoro, partecipazione alla società, vita indipendente e capacità ambientali per invecchiare in maniera attiva».
Davide Lucantoni: «Stiamo cercando di promuovere una legge nazionale sull’invecchiamento attivo»
«Nell’ambito di questo lavoro stiamo cercando di promuovere una legge nazionale sull’invecchiamento attivo – chiarisce a 50&Più Davide Lucantoni, ricercatore presso il CRESI dell’IRCCS INRCA di Ancona – perché attualmente l’iniziativa è lasciata soprattutto alle Regioni, con grandi differenze. Fra Regioni e Province autonome sono 12 quelle che si sono dotate di una legge sull’invecchiamento attivo, ma ci vuole un coordinamento che metta insieme le iniziative esistenti sul territorio, e stabilisca l’erogazione di risorse. In Italia non c’è una definizione di persona anziana, e se da un lato sarebbe necessario adottarla per poter inquadrare meglio un target di riferimento specifico per le politiche da attuare, dall’altro si rischia di creare una distorsione isolando concettualmente una fascia di popolazione. All’estero ci sono stati dei tentativi di sviluppare dei sistemi di diritto dedicati: in America il filone della elder law tratta i diritti degli anziani in maniera sistematica ma poco integrata, che si basa sui singoli casi da risolvere su richiesta dei soggetti che si presentano in uno studio legale, e per accumulazione si crea un bagaglio di casistiche che però non fornisce una visione unitaria; nel Nord Europa sono state sviluppate altre correnti di pensiero che riguardano la gerontologia».
Giovanni Lamura: «Il primo diritto riconosciuto e tutelato dalla Costituzione è quello alle risorse economiche»
«Il primo diritto riconosciuto e tutelato dalla Costituzione per le persone non autosufficienti, anziane o con disabilità è quello alle risorse economiche – dice Giovanni Lamura, coordinatore del CRESI – ma non si tratta di un diritto generale, bensì esercitabile dalla persona. Ad esempio, un figlio è tenuto al sostegno del genitore che lo richiede, ma se non c’è la richiesta non vi è nessun obbligo. La questione è complessa, soprattutto nei casi di ricovero in strutture socio-assistenziali, dove una parte della retta spesso resta in carico ai Comuni se il soggetto non ha redditi sufficienti e non subentrano i parenti. C’è poi la questione delle pensioni, perché molti anziani non hanno maturato un numero di anni sufficienti in termini contributivi, e questo vale soprattutto per le donne che non hanno prestato attività lavorativa fuori di casa, e che oggi si ritrovano con importi minimi e insufficienti. Nei prossimi anni, poi, cominceranno a raggiungere l’età pensionabile soggetti che non sempre hanno avuto un iter lavorativo continuativo come è accaduto nei decenni passati: gli importi delle pensioni non saranno gli stessi del passato, anche per effetto delle riforme che ci sono state nel settore. A margine degli aspetti economici c’è la questione abitativa: l’Italia è un Paese dove l’80% degli anziani vive in casa di proprietà, ma le condizioni in cui versano le abitazioni è un problema riferito nel 60% dei casi, senza contare le spese sempre più elevate. L’altro diritto spesso trascurato è quello all’informazione, e su questo occorre un intervento forte per ridurre il divario digitale, magari attivando anche reti come i patronati, che sono già un punto di riferimento per tanti anziani nell’assistenza fiscale».
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