Una piattaforma digitale personalizzata e quattro app per svolgere esercizi di riabilitazione e stimolazione della mente. Al via da ottobre il progetto ideato da una studentessa di psicologia e patrocinato da Senior Italia Federanziani.
Si chiama “e-MemoryCare” e si rivolge agli oltre 4,2 milioni di pazienti affetti da demenze, fra cui 600mila colpiti dalla sindrome di Alzheimer. Una piattaforma digitale connessa a quattro app che consente di allenare la mente per prevenire cure farmacologiche e ricoveri ospedalieri.
Il progetto nasce dall’idea di una studentessa di psicologia, Marianna Messina, ed è stato realizzato da un team di professionisti che riunisce psicologi, neurologi, nutrizionisti, fisiatri, cardiologici, neoro-psicologi ed economisti. L’iniziativa è patrocinata dall’organizzazione Senior Italia FederAnziani che riunisce diverse associazioni attive nella tutela degli “over”. Sarà pienamente operativo da ottobre grazie alla collaborazione con il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi.
Come funziona la palestra digitale per la mente
“eMemoryCare” è un metodo non farmacologico che, attraverso l’uso esclusivo delle tecnologie digitali, si pone l’obiettivo di contrastare in modo efficace il deterioramento delle facoltà cognitive e salvaguardare così il benessere psico-fisico dell’anziano, oltre che evitare ospedalizzazioni e ricoveri in RSA a vantaggio del sistema sanitario nazionale.
Attraverso un’apposita piattaforma digitale e quattro diverse app, infatti, il sistema “e-MemoryCare” consente ai pazienti affetti da demenze di fare esercizi di riabilitazione e stimolazione cognitiva, agendo non solo sulla sfera conoscitiva, ma anche su quella affettiva, sociale, comportamentale e relazionale. Tutto ciò stabilendo un percorso personalizzato per ciascuna persona, come spiega l’ideatrice, Marianna Messina: il percorso di riabilitazione e stimolazione “prevede la somministrazione di immagini e concetti personalizzati per ciascun paziente e l’obiettivo finale è favorire l’utilizzo e il mantenimento dell’indice di riserva cognitiva (CRI)”.
“Grazie alle nuove tecnologie – continua – è possibile aiutare la persona a fissare, memorizzare e riconoscere, simboli, volti, paesaggi, immagini e a trattenere concetti, nozioni e informazioni del suo sé, della sua vita presente. La piattaforma è di facile accesso – prosegue la studentessa – e può essere utilizzata da pazienti, familiari, RSA, centri specializzati, medici, farmacisti, istituti di ricerca; soprattutto dagli psicologi che in Italia sono 117.000 e saranno loro i prescelti dai pazienti”. Proprio in collaborazione con il Consiglio Nazionale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi sono già partiti i primi corsi di formazione sullo strumento di contrasto alle demenze. Inoltre “attraverso il progetto si potranno inoltre recuperare preziosi Big Data sul deficit cognitivo – evidenzia Messina – che potranno poi essere utili per la ricerca clinica”.
Un contributo effettivo contro le demenze
“É un progetto che porta uno contributo effettivo a persone con un decadimento cognitivo importante” aggiunge Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia e Co-presidente della Società Italiana di Psichiatria Geriatrica. “Si tratta di un percorso di aiuto concreto attraverso le condizioni di ricostruzione autobiografica o della capacità di stimolare reminiscenze. Può aiutare non solo a perfezionare alcune competenze cognitive, ma anche a migliorare le condizioni di umore e comunicazione con gli altri”.
“Il deficit cognitivo è uno dei grandi problemi sociosanitario legati alla terza età” sottolinea a sua volta il prof. Francesco Fazio, presidente del comitato scientifico di Senior Italia Federanziani. “É una condizione che provoca la progressiva compromissione delle funzioni conoscitive in modo tale da pregiudicare il mantenimento di una vita autonoma e soprattutto di arrivare a fine vita in casa propria. I dati e le previsioni delle autorità sanitarie internazionali sono francamente preoccupanti. Si calcola che in tutto il Pianeta il numero dei pazienti raddoppierà nel 2030 e triplicherà nel 2050 con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno. L’impatto economico sui vari sistemi sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l’anno. Non va poi mai dimenticato che l’Italia è uno dei Paesi più ‘anziani’ del mondo. Quindi è necessario avviare nel nostro Paese progetti innovativi in grado di ritardare il più possibile il deficit cognitivo”.
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