In Italia solo il 6,3% degli anziani non autosufficienti riesce a trovare un posto in una struttura residenziale. E non sempre riceve tutte le cure di cui avrebbe bisogno.
Secondo i dati presentati nel Dossier Snalv, il sindacato dei lavoratori socio-sanitari e da Anaste, l’Associazione delle strutture per la terza età, la situazione del nostro Paese sul fronte dell’assistenza verso gli anziani non autosufficienti è critica e caratterizzata da forti disuguaglianze territoriali. Solo l’11% delle 12.576 strutture presenti si trova al Sud, con una forte predominanza di realtà private che gestiscono il 75% dei presidi residenziali (il 13% è gestito da istituti religiosi e solo il 12% è pubblico), anche se convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale.
La carenza di personale
Secondo il sindacato, nelle Rsa c’è una carenza di infermieri del 21,7%, di medici del 13% e di operatori socio-sanitari del 10,8%. Inoltre gli stipendi sono inferiori a quelli dei colleghi che operano nel pubblico, perché si applicano contratti scaduti da anni. Un infermiere in una struttura convenzionata guadagna in media 330 euro in meno rispetto a un collega che lavora nel pubblico, un operatore socio-sanitario 237 euro in meno.
Le rette
Le rette a carico dell’assistito ammontano a 1.500 euro al mese per i casi di non autosufficienza lieve. Ma si sale fino a 1.800 per i pazienti con problemi più gravi. L’altra metà dell’importo, nelle strutture pubbliche o convenzionate, è a carico della Asl. Una parte della quota che spetta alle famiglie viene spesso coperta dai 530 euro dell’assegno di accompagnamento, mentre il resto, se la pensione o il reddito familiare non basta, viene integrato dai Comuni. La spesa resta comunque ingente, soprattutto se la persona non autosufficiente ha familiari che a casa continuano a pagare un affitto.
Il rischio è che sempre più spesso si ricorra a strutture abusive che colmano il vuoto dell’assistenza pubblica: un fenomeno che interessa già 90 mila anziani non autosufficienti che vengono ospitati in case famiglia e appartamenti che non rispettano alcun parametro di sicurezza e conformità.
L’assistenza domiciliare
L’alternativa al posto letto in una struttura socio-sanitaria è l’Adi, Assistenza domiciliare integrata, che ad oggi copre il 21,5% della popolazione anziana non autosufficiente. Anche in questo settore, però, si è registrata una riduzione delle prestazioni erogate dal 2019 in poi. Secondo le linee guida internazionali, le ore minime mensili di assistenza dovrebbero essere 20, mentre in Italia ci si ferma a 18, ma erogate nell’arco di un anno.
Patto per la Terza età: una soluzione per l’assistenza?
Il Patto per la Terza età recentemente varato per decreto dal Governo prevede un assegno di 850 per gli over 80 in situazione di gravissimo bisogno assistenziale e in condizioni di bassissimo reddito (Isee inferiore a 6 mila euro). Si tratta di un contributo per finanziare il lavoro di cura e assistenza svolto da lavoratori domestici con mansioni di assistenza alla persona, o per l’acquisto di servizi destinati all’assistenza forniti da imprese qualificate del settore.
I beneficiari potenziali sono 3,3 milioni di over 80 non autosufficienti, per i quali ci sarà una valutazione preliminare dell’Inps rispetto alla gravità della situazione. La soluzione resta però lontana, perché si tratta di una sperimentazione che partirà nel 2025 e andrà avanti fino alla fine del 2026, per la quale sono stati stanziati 500 milioni di euro in totale, in grado di garantire la copertura finanziaria solo per poche migliaia di assegni, come hanno ribadito in una nota congiunta i sindacati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp.
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