Il claim di una recente pubblicità è una frase che viene spesso spontanea quando un amico o un conoscente si dimostra più attento, più ricettivo, più tranquillo, più energico, più efficiente. Spesso non ha avuto bisogno di aiuti medici o paramedici, ha solo dormito meglio.
Il professor Matthew Paul Walker dellʼUniversità della California a Berkeley ha scritto sul New Scientist: «Non esiste un tessuto dell’organismo o un processo cerebrale che non sia migliorato dal sonno o che non venga pregiudicato dalla carenza di riposo». D’accordo con il neuroscienziato e psicologo è tutta la comunità scientifica mondiale.
I benefici del sonno sono riconosciuti a livello ormonale (durante se ne producono diversi, tra cui quelli che favoriscono la sazietà), circolatorio (regola la pressione arteriosa), neuronale (riduce la percezione del dolore), mnemonico (è indispensabile per consolidare la memoria), metabolico (il dilatarsi degli spazi fra le cellule cerebrali permette il drenaggio di varie sostanze tossiche, comprese quelle connesse con la demenza) e comunque terapeutico.
«Dormire meglio significa invecchiare meglio. E aiuta a rispondere alle terapie, qualsiasi esse siano», conferma Federica Provini, professoressa di neurologia allʼUniversità di Bologna nel corso di un’intervista al Corriere. «Lo si è dimostrato spesso in oncologia, ma è vero pressoché sempre».
Quanto sonno è sufficiente per essere riposati?
Questo ruolo chiave nel nostro benessere e nella nostra salute ci deve convincere che dormire a sufficienza è una priorità quotidiana. Ma quante ore dovremmo passare veramente a letto per trarne tutti i benefici? Nonostante le linee guida indicate da più parti, la quantità ideale di sonno varia da persona a persona e non pochi hanno bisogno di dormire ogni notte del tempo in più oppure in meno rispetto alla media.
La durata ideale di sonno dipende dal nostro “orologio biologico”, situato a livello dell’ipotalamo nel cervello. «I ritmi di ormoni, temperatura corporea, frequenza cardiaca, pressione e via dicendo devono accordarsi con quello del sonno e con il ciclo luce/buio», spiega Provini. Scandisce così l’orario necessario a ciascuno per svegliarsi riposato ed è impostato geneticamente.
Comunque moltiplicare le notti inferiori a 5 ore – anche per chi ha un “sonno leggero” o è un “breve dormitore” – è assai probabile abbia a lungo termine un impatto negativo sulla salute. «L’epidemia silenziosa di perdita di sonno è una delle più grandi sfide per la salute pubblica che dobbiamo affrontare nel XXI secolo», afferma ancora Walker.
Dormire meglio: il sonno di qualità
Non è importante solo la quantità del sonno, ma anche la sua qualità, che è indagabile solo con una polisonnografia. Di certo però la qualità dipende in primis dalla regolarità degli orari a cui ci si corica e ci si alza, sia durante la settimana che nei weekend. Un recente studio apparso sulla rivista americana Hypertension e realizzato su un campione di 12 mila persone cinquantenni (per la gran parte maschi e sovrappeso) ha mostrato, ad esempio, come il rischio di ipertensione aumenti di ben il 30% se si va a letto mezzora dopo l’orario abituale e del 9% se ci si sveglia tre quarti d’ora più tardi.
Avere una normale divisione delle fasi del sonno – stadi 1 e 2 non rem ovvero il sonno leggero, che durano circa il 55% del dormire; stadio 3 non rem o sonno profondo, circa il 25%; stadio rem, quando si sogna, circa il 20% – è fondamentale per non essere esposti a possibili patologie oppure accentuare quelle esistenti.
Nel progressivo rallentare delle onde cerebrali verso il sonno profondo, quello più ristoratore, vengono eliminate le connessioni neurali superflue e si rafforzano quelle essenziali, potenziando apprendimento e memoria e “pulendo” il cervello dalle tossicità, mentre tutto l’organismo si rigenera. Nella fase rem, invece, con l’attività elettrica cerebrale simile a quella della veglia, si consolida la plasticità delle connessioni iniziate fra le cellule e si regolano vari parametri biologici.
Avere l’impressione di riposare male deriva da molteplici cause, dalla tendenza a microrisvegli all’alterazione dello stadio rem, da patologie che disturbano il riposo ad apnee della respirazione e via dicendo: se persiste è necessario rivolgersi a un centro di medicina del sonno.
Alcuni suggerimenti utili per dormire meglio
Ce li offre il Prof. Luigi Ferini Strambi, responsabile del Centro Medicina del sonno dell’Ospedale San Raffaele di Milano, nel corso di un’altra intervista al Corriere. «Oltre a rispettare sempre la regolarità degli orari, la sera bisogna evitare di mangiare cibi ad alto contenuto di proteine, salati o speziati perché accelerano la frequenza cardiaca rendendo più difficile l’addormentamento. Mezzora prima di andare a letto è importante prepararsi spegnendo o abbassando le luci, non intavolando discussioni, non pensando a tutte le cose da fare l’indomani e interrompendo l’uso di pc, tablet e cellulare».
Insomma è salutare praticare una routine sleep friendly che segni una transizione tra quello che si fa durante il giorno e il periodo di riposo e anche che l’ambiente della camera sia rilassante con colori tenui e spazi adeguati. Soprattutto bisogna ascoltare il proprio corpo e rispettare il proprio ritmo e bisogno di sonno per non modificare o interrompere il suo ciclo corretto.
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