Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei. Ciò che portiamo in tavola, infatti, racconta molto delle nostre scelte. Se poi prepariamo piatti con ponderazione scegliendo accuratamente di cosa nutrirci, può aprirci la via a una vita presumibilmente più lunga e in salute.
A colloquio con Valter Longo, il “guru” della longevità
Ne abbiamo parlato con il noto professor Valter Longo, biochimico italiano celebre negli States per via dei suoi studi sull’invecchiamento che gli sono valsi la menzione della rivista Time quale “guru della longevità”.
Oggi Longo è professore di Biogerontologia e direttore dell’Istituto di Longevità alla University of Southern California – Davis School of Gerontology di Los Angeles. È uno dei centri più importanti per la ricerca sull’invecchiamento e sulle malattie correlate all’avanzamento dell’età ed è qui che svolge ricerca di base nonché ricerca clinica su nutrizione, genetica e invecchiamento. Inoltre, è Direttore del Programma di Oncologia e Longevità presso l’IFOM, l’Istituto FIRC (Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) di Oncologia Molecolare di Milano.
Professor Longo, secondo la sua esperienza, c’è attinenza tra alimentazione e l’insorgere di determinati generi di tumori?
Non c’è dubbio. Esistono molti studi che associano i tipi di dieta all’incidenza dei tumori e particolarmente di certi tipi di tumori: cancro alla prostata, cancro alla mammella, cancro al colon. Questi sembrano essere quelli più influenzati e, tra l’altro, i più comuni. Quindi, una dieta della longevità, pescetariana con bassi livelli di proteine – almeno fino a 65/70 anni – in base ai nostri studi, sembra essere associata a una forte riduzione del rischio di sviluppare tumori.
Questo spiegherebbe perché i tumori, in passato – prima delle Guerra, prima che la nostra alimentazione cambiasse introducendo molte più proteine di origine animale -, fossero meno diffusi?
Sì, assolutamente. E se guardiamo i grafici dell’incidenza di tumori dell’Italia in confronto agli Stati Uniti, vediamo che l’incidenza di tumori qui si è gradualmente portata ai livelli degli States.
Quindi è corretto suggerire di tornare a guardare con attenzione al modo in cui si nutrivano i nostri antenati?
In genere queste cose dell’antenato tendono a fare tanto danno quanto bene perché sono cose vecchie. È come dire “mangia di meno”: sì, mangiare meno aiuta per certi versi ma crea problemi in altro. Infatti, i nonni italiani sono tra i più fragili d’Europa: sono sì longevi ma fragili, molto più fragili di un olandese, di un tedesco.
Ma quando invita a un’alimentazione di tipo vegano, non è tornare alla nostra tradizione nella quale – magari anche per ragioni economiche – c’era molta verdura e poca carne?
Sì, però, se per ragioni economiche mangiavi poco, potevi anche essere esposto ad una infezione virale. Quindi, non è una soluzione dire “mangiamo come i nonni”. I nonni non avendo nient’altro mangiavano così ma, se in quel momento gli fosse venuta un’infezione virale, questo gli sarebbe costato la vita. Certi studi, ad esempio, dicono che chi ha una glicemia corretta è meno esposto a attacchi di virus: se troppo alta, sei sensibile; se molto bassa, lo sei altrettanto.
La dieta Mima digiuno di cui è ideatore in che consiste?
Sono cinque giorni di una dieta vegana con basse proteine, bassi zuccheri, alti grassi e relativamente alti carboidrati che, però, vengono al 100% da verdure.
Una dieta per una vita in salute dopo i 50?
Fino ai 65/70 – ossia fino a che la persona fisiologicamente inizia a perdere peso – è corretta una dieta pescetariana, bassi livelli di proteine ma sufficienti: una persona di 50 chili deve mangiare 40 grammi di proteine al giorno che sono circa 400 grammi di ceci. Dopo i 65/70 anni, invece, una dieta più ricca, dove aumentano le uova – magari a 3 o 4 la settimana -, dove un po’ di formaggi aumentano, dove aumentano gli yogurt, dove la carne bianca – soprattutto se biologica – è ammessa. Quindi, un po’ più di proteine arrivando a 50 grammi di proteine al giorno. Un uovo al giorno, per una persona di 80 anni, può essere positivo.
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