In Italia, il 78% del personale scolastico è costituito da donne. L’Anief denuncia le gravi disparità di trattamento: retribuzioni inadeguate, carriere bloccate e nessun riconoscimento per lo stress da lavoro.
Il volto femminile della scuola
In Italia, la scuola è donna. A dirlo non è solo un modo di dire, ma i numeri diffusi dall’Anief, associazione sindacale del comparto istruzione e ricerca. Secondo i dati presentati, ben il 78% del personale scolastico è composto da donne: quasi un milione di lavoratrici che ogni giorno tengono in piedi il sistema educativo nazionale.
Ma questa massiccia presenza femminile non si traduce in un riconoscimento economico e professionale adeguato. Al contrario, ciò che emerge è una fotografia impietosa di un comparto femminilizzato, ma segnato da precarietà, stipendi inadeguati e scarse opportunità di crescita professionale.
Carriere bloccate e stipendi sotto la media
“La scuola italiana è donna e conta il 78% di lavoratrici, quasi un milione di donne, che purtroppo non hanno una progressione di carriera”, ha sottolineato Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, durante il convegno “La donna e il lavoro nella pubblica amministrazione in Italia e in UE”, organizzato a Roma dalla Confederazione europea dei sindacati indipendenti (Cesi), in collaborazione con Anief, Csa e Cisal.
Una delle problematiche più evidenti riguarda le retribuzioni. Le lavoratrici del mondo scolastico percepiscono mediamente 6.000 euro in meno rispetto a chi opera nei ministeri, nonostante un livello di istruzione mediamente superiore: le donne laureate nella scuola rappresentano l’80%, contro appena il 30% nei ministeri e negli enti locali. Un dato che fa riflettere sull’effettiva valorizzazione del capitale umano in questo settore.
Precarietà e mobilità, ostacoli invisibili ma concreti
Accanto alla questione salariale, si aggiungono altre criticità strutturali. Il personale scolastico, soprattutto quello femminile, incontra ostacoli significativi in tema di mobilità lavorativa. “Penso al diritto alla famiglia, al ricongiungimento familiare – ha spiegato Pacifico -. Al personale scolastico è vietata la mobilità intercompartimentale, a differenza di altri comparti della pubblica amministrazione”.
Un vincolo che pesa soprattutto sulle donne, che spesso si trovano a dover conciliare il lavoro con le esigenze familiari, senza gli strumenti per farlo. Il diritto alla mobilità, in questo contesto, si trasforma in un privilegio riservato a pochi.
Il riconoscimento del burnout
Un altro nodo critico riguarda il mancato riconoscimento del burnout come patologia professionale nel settore scolastico. A differenza, ad esempio, del personale delle forze armate, le donne che lavorano nella scuola non possono accedere a misure come il pensionamento anticipato legato a stress lavorativo cronico.
“Questo è fondamentale – ha ribadito Pacifico – perché potrebbe permettere a molte insegnanti di non restare in servizio fino a 67 anni, evitando un aggravamento delle condizioni psicofisiche”. Un riconoscimento, questo, che avrebbe anche ricadute positive sull’efficienza del sistema scolastico e sul benessere generale del personale.
Una scuola che educa al rispetto (ma servono risorse)
La questione femminile nella scuola, tuttavia, non si limita solo alle disparità economiche e organizzative. Si collega anche a una riflessione più ampia sul ruolo educativo dell’istituzione scolastica.
Marcello Pacifico, infatti, ha sottolineato come oggi si parli frequentemente di donne nelle cronache principalmente a causa di episodi di violenza, ma ha evidenziato la necessità di focalizzarsi anche sul trattamento lavorativo delle donne, sulle opportunità mancate e sulla necessità di cambiare alla radice una certa cultura.
Educazione e cittadinanza: il contributo delle donne nella scuola
Chiara Cozzetto, segretaria generale Anief, ha posto l’accento sul valore pedagogico dell’educazione al rispetto reciproco: “Bisogna educare nelle scuole alla convivenza civile, alla cooperazione, alla cittadinanza globale. Bisogna lavorare per eliminare i pregiudizi, costruendo una scuola davvero inclusiva”.
Una scuola che ha già un cuore pulsante al femminile, ma che continua a essere poco valorizzata. Le donne, che rappresentano la maggioranza assoluta del personale, non sono solo colonne portanti del sistema educativo: sono anche le prime a promuovere i valori di uguaglianza, rispetto e collaborazione.
Un cambiamento culturale necessario
La denuncia dell’Anief non si limita a una mera elencazione di dati e disparità. Invita a una riflessione più ampia sul ruolo della scuola nella società e sulla necessità di un cambiamento culturale profondo. Un cambiamento che parta dal riconoscimento del valore delle donne che lavorano nella scuola, ma che arrivi a ridisegnare un sistema più equo e sostenibile.
Servono politiche attive, investimenti mirati e un nuovo paradigma che metta al centro le persone. Solo così sarà possibile uscire dalla logica dell’emergenza permanente e costruire una scuola più giusta, efficiente e capace di affrontare le sfide educative del presente.
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