Le donazioni di plasma in Italia sono calate toccando livelli inferiori a quelli pre-pandemia. Nel 2022 sono stati raccolti quasi 843 mila kg, circa 20 mila in meno rispetto al 2021.
Secondo i dati pubblicati dal Centro Nazionale Sangue, la principale causa di questo crollo di raccolta sarebbe legata all’andamento dell’epidemia di Covid e alle sue sottovarianti, in particolare la Omicron. Infatti, in corrispondenza dei picchi di contagio, nel corso di gennaio, aprile e luglio 2022, si sono verificate delle riduzioni nel numero di donazioni, rispettivamente del 10%, 13% e 6,7% rispetto agli stessi periodi dell’anno precedente.
L’Italia non autosufficiente
Dopo la ripresa registrata nel 2021, questi numeri in calo allontanano nuovamente l’Italia dall’obiettivo dell’autosufficienza nella raccolta del plasma. Un traguardo essenziale per soddisfare il fabbisogno di medicinali plasmaderivati come l’albumina e le immunoglobine.
Dunque il nostro paese è costretto a importare parte del plasma dall’estero, principalmente dagli Stati Uniti. Anche lì, però, la raccolta fa registrare un calo e un conseguente aumento dei prezzi.
“Il plasma è una risorsa fondamentale per il sistema sanitario nazionale”, ha dichiarato Vincenzo De Angelis, direttore del Centro Nazionale Sangue. “Eppure sono ancora in pochi a essere a conoscenza della sua importanza. Contrariamente ai globuli rossi, l’Italia non è autosufficiente per il plasma, e questo ci espone a dei rischi che, come ci ha fatto capire il Covid, sono meno ipotetici di quanto ci aspettassimo. Fortunatamente la generosità degli italiani non è mai venuta meno, neanche nei momenti più bui della pandemia, e ci sono intere categorie di potenziali donatori che sarebbero ideali per il plasma, chi ha il gruppo sanguigno AB per esempio, o le donne, per un minore impatto sulle riserve di ferro e sui valori dell’emoglobina. Basterebbe uno sforzo in più da parte di tutti gli attori del sistema.”
Le donazioni di plasma e la plasmaderivazione
La raccolta del plasma avviene tramite un prelievo effettuato con un’apparecchiatura di separazione cellulare. Questa divide la parte corpuscolata (globuli bianchi e rossi e piastrine) dalla componente liquida, raccolta in una sacca di circa 600-700 ml. La parte corpuscolata viene poi reinfusa nel donatore, mentre il volume di liquido sottratto al corpo viene subito ricostituito grazie a normali meccanismo di recupero dell’organismo, o eventualmente con l’aiuto di un’infusione di soluzione fisiologica o un’assunzione di liquidi aggiuntiva.
Il plasma raccolto passa poi all’industria farmaceutica che lo utilizza per produrre medicinali salvavita, i cosiddetti plasmaderivati. I farmaci prodotti non vengono usati a fini commerciali e una volta terminato il processo di lavorazione, la casa farmaceutica restituisce il prodotto finito alle Regioni, che lo distribuiscono gratuitamente ai pazienti che ne hanno bisogno. Eventuali lotti in eccedenza possono anche essere donati all’estero a paesi in difficoltà, tramite programmi di collaborazione internazionale.
Il progetto Supply
Per risolvere il problema della carenza di donazioni di plasma, l’Italia è impegnata nel progetto Supply, insieme a partner europei e internazionali. Si tratta di un’azione finanziata dal programma EU4Health dell’Unione Europea, che ha come obiettivo il rafforzamento della raccolta di plasma in tutta Europa. Il progetto, che dura 18 mesi, fornisce le linee guida per i centri trasfusionali per incentivare la ricerca di donatori e garantire alti livelli di produzione di medicinali plasmaderivati. Fra gli enti coinvolti il Centro Nazionale Sangue e altri 19 partner provenienti da 14 paesi diversi. A coordinare l’Eba, European Blood Alliance, l’associazione che rappresenta banche del sangue e autorità competenti in materia trasfusionale.
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