Dai cartoni animati ai film western, dai documentari agli show cooking. Come sono pensati i programmi proposti in Tv? Quali sono le fasce d’età più considerate? Quante volte si vedono senior, donne o bambini nei programmi di tutti i giorni?
Il mese di febbraio, in Italia, spinge molti ad accendere il televisore per gustare cinque lunghissime serate dello spettacolo musicale d’eccellenza: il Festival di Sanremo. Uno show che, se analizzato nelle sue varie edizioni, permette di ripercorrere un viaggio nella storia del Paese. Personaggi, cantanti, costumi e presentatori sono, in parte, lo “specchio dei tempi”. Pensiamo a Jula De Palma, nel 1959, quando fece scalpore per l’esibizione troppo sensuale, anche nel look, con il brano Tua. Una performance a cui seguirono migliaia di lettere contenenti offese indirizzate all’artista che fu perfino aggredita per strada e che, rivista oggi, non crea il minimo scalpore. Due anni dopo, invece, fu la volta di Adriano Celentano, che mostrò la schiena al pubblico, così come di Gino Paoli, primo cantante senza smoking e con la cravatta slacciata. Niente in confronto agli abbigliamenti eccentrici dell’Achille Lauro di oggi. Oppure pensiamo ancora al 1978, anno d’esordio di Anna Oxa, che fece scalpore con un look che la stampa etichettò come punk e venne accusato di essere il simbolo di un’età decadente. Vasco Rossi, poi, fu protagonista di un ulteriore scandalo nel 1983: in aperta polemica con l’organizzazione, abbandonò il palco prima della fine della sua canzone, svelando al pubblico che gli artisti si stavano esibendo in playback. Dieci anni dopo, invece, fu l’esordiente Nek, in gara tra i “Giovani”, a scatenare polemiche col suo brano In te, canzone contro l’aborto. Scalpore e polemiche, invece, nel 2009 per la canzone Luca era gay di Povia, che parlava di un omosessuale che diventava eterosessuale, scatenando le proteste della comunità LGBT.
Ogni anno, d’altronde, il Festival propone una serie di artisti, cercando di rispecchiare i gusti di tutti gli italiani sia in termini di preferenze musicali che di tematiche da affrontare. Può accadere, quindi, che leggendo la lista degli artisti, lo stesso nome possa suscitare reazioni diverse in base alla fascia d’età. Così si va da I cugini di campagna ad Anna Oxa, fino ad arrivare a Ultimo, Tananai e Madame. Diversi utenti, diverse richieste. Un po’ come accade tra i programmi televisivi pensati per abbracciare tutte le esigenze e le generazioni: dai cartoni animati ai film western, dai documentari ai programmi di cucina. Certo, con tutte le piattaforme on demand a cui possiamo abbonarci oggi, in cui possiamo scegliere sempre ciò che più risponde ai nostri desideri, la competizione per la Tv del digitale terrestre è spietata.
In questo senso, le ultime tendenze mostrano che la Tv in streaming e on demand continua a guadagnare terreno su quella “tradizionale”. Lo documenta anche il 5° Rapporto Auditel-Censis, presentato il 19 dicembre scorso, che ha indagato il rapporto tra italiani e la televisione. La Rilevazione di Base Auditel registra, infatti, che coloro che accedono a piattaforme e siti web, live e on demand, gratuiti e a pagamento, per seguire contenuti e programmi video, sono 24 milioni e mezzo e appartenenti a tutte le età. I generi più seguiti sul web sono i film, le serie televisive, i programmi di intrattenimento e l’attualità. Gli schermi presenti nelle case degli italiani, invece, sono quasi 120 milioni, per una media di 5 schermi a famiglia. Tra questi, i device connessi sono 93 milioni e 200.000 e sono aumentati di quasi 20 milioni negli ultimi cinque anni. Al primo posto ci sono 48 milioni di smartphone, le televisioni sono circa 43 milioni, presenti nel 97,3% delle abitazioni. 16 milioni e 700mila apparecchi sono Smart Tv (ovvero televisori in grado di collegarsi a Internet e alle principali piattaforme a pagamento) o dispositivi che possono adattare le vecchie Tv alla modalità smart.
Ma se consideriamo un esempio delle rilevazioni Auditel settimanali, possiamo renderci conto di come sia composto il pubblico degli aficionados ai programmi televisivi. Abbiamo analizzato i dati rilevati nella settimana tra il 4 e il 10 dicembre, un periodo quasi invernale che spinge molti a rimanere a casa, ma non ancora vicino a quelle festività natalizie che potrebbero aver impegnato i più. I dati di questo periodo registrano 9.599.849 ascoltatori medi per 1 miliardo e 612 milioni di ore totali passate davanti alla Tv. Il primato rimane, di poco, a “Mamma Rai” con una media di 3 milioni e 869mila ascoltatori, di cui il 53% donne e il 47% uomini. 3 milioni e 781mila di loro ha seguito gli spettacoli grazie a un televisore tradizionale, mentre il restante da pc, smartphone, Smart Tv e tablet. In termini di età, invece, la fascia più presente è quella degli over 65 (49%), seguita a cascata da quella 55-64 (19%) e quella 45-54 (12%) che, complessivamente, compongono l’80% del pubblico, mentre i bambini tra i 4 e i 14 anni sono il 3%. Al secondo posto c’è Mediaset con 3 milioni e 496mila spettatori di cui il 59% donne e il 41% uomini.
Anche in questo caso il primato va alla Tv tradizionale, più o meno con le stesse percentuali registrate per la Rai. Si notano invece differenze sull’età dell’audience: per il 41% composta da over 65, mentre il 17% ha tra i 55 e i 64 anni e il 16% tra i 45 e 54 (in tutto, il 74% del totale). Si passa, poi, a Sky con 716mila spettatori in media, di cui il 52% donne. In questo caso il pubblico si dimostra più vario: gli spettatori con oltre 45 anni sono il 69%. A poca distanza in termini di ascolti ci sono i canali di proprietà della Warner Bros Discovery come Real Time, Dmax, Food Network, ma anche canali per bambini come Frisbee e K2. Qui si registrano 711mila ascoltatori, di cui il 55% donne e nel 69% dei casi con più di 45 anni (gli over 65 si attestano al 29%). Ma si registra anche il dato più alto nelle fasce tra i 4 e i 14 anni che si attesta all’8%. In ultimo, chiude la classifica La7 con 366mila spettatori e la più alta fascia di over 65 (51%), seguita dalla fascia tra i 55 e i 64 anni (21%) e quella tra i 45 e i 54 (12%) per un totale pari all’84%.
Ora che sappiamo, quindi, com’è composto l’audience “a cui parla” la Tv, dovremmo chiederci “di chi” parla. Secondo il Contratto di Servizio 2018-2022 stipulato da “Mamma Rai” e il Ministero dello Sviluppo Economico, deve esserci un impegno da parte dell’emittente per evidenziare una pluralità di contenuti che raggiunga le diverse componenti della società in termini di genere, generazioni, disabilità, identità etnica, culturale e religiosa. Per capire quanto questo accada, Carer – Osservatorio di Pavia ha monitorato, rilevato e valutato la moltitudine dei temi trattati, l’aderenza alla realtà rispetto alla rappresentazione del Paese e la qualità dell’informazione. L’analisi ha preso in esame 1.100 programmi di Rai 1, Rai 2 e Rai 3 trasmessi nel corso del 2019 dalle 06:00 alle 02:00. Tra le persone coinvolte a vario titolo nelle trasmissioni (intervistati, ospiti, attori comparse, ecc), i giovani compresi nella fascia di età dai 18 ai 35 anni risultano sottorappresentati. I minori, poi, costituiscono meno del 3%, pur rappresentando il 17,8% circa della popolazione italiana. Un problema riscontrato, anche se in misura minore, nella classe di età over 65 che compare il 15,5% delle volte, a fronte del 22,6% nella popolazione reale. In particolare, le donne senior sono quelle meno presenti. La rappresentazione delle professioni, invece, risente di distorsione mediatica. Si registra, infatti, una sovrarappresentazione di celebrità spesso conduttrici od ospiti di programmi Rai. Una scelta che mette in primo piano figure come politici, rappresentanti della società e accademici, rappresentando soltanto nel 17% dei casi i ruoli secondari o di dipendenza.
Anche l’attenzione alla disabilità sembra marginale: la presenza di soggetti che convivono con qualche tipo di disabilità, infatti, è pari all’1,5%. Il tema, però, è esplorato dal punto di vista dell’inclusione sociale, dell’inserimento lavorativo, dell’accesso alle pratiche culturali, sportive e medico-sanitarie. Punto forte dei programmi della Rai, invece, è il tema del pluralismo religioso che risulta ben rappresentato grazie alla presenza di rubriche tematiche. Alcuni esempi sono A sua immagine e Sulla via di Damasco (confessione cattolica), Protestantesimo (fede protestante) e Sorgente di vita (ebraismo). Manca, tuttavia, spazio alla religione islamica, che riguarda una considerevole parte dei cittadini stranieri residenti in Italia.
© Riproduzione riservata