Lo dice la legge. Dopo la triste storia di Giovanni, malato di Alzheimer fuggito dall’ospedale in cui era ricoverato e ritrovato senza vita, le associazioni si mobilitano. Per un’informazione corretta sui diritti e doveri dei caregiver nella pandemia.
Ha fatto notizia nei giorni scorsi la triste storia di Giovanni Manna. Malato di Alzheimer, ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma, è fuggito ed è stato purtroppo ritrovato senza vita dopo qualche giorno nel Parco dell’Insugherata. Una tragedia sulla quale è in corso un’indagine da parte delle Autorità. La cronaca riporta dunque sotto i riflettori la problematica dell’assistenza ai non autosufficienti ricoverati in strutture ospedaliere. Diverse le associazioni che si sono mobilitate con iniziative a favore di una più diffusa informazione sui diritti del disabile in ospedale. Fra queste, le associazioni di caregiver Oltre lo sguardo onlus ed Hermes Aps onlus.
L’appello ai media per una campagna di informazione
I familiari di persone disabili spesso non sanno che è possibile accompagnarli nelle strutture ospedaliere e restare al loro fianco per tutta la degenza. A stabilirlo è il comma 5 dell’articolo 11 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 marzo 2021. Dunque, le associazioni di caregiver propongono una campagna d’informazione rivolta “in primo luogo a tutti gli operatori e le strutture sanitarie, contestualmente presso le famiglie e le associazioni che si occupano di disabilità – riporta redattoresociale.it -, attraverso le Asl e tutti i canali istituzionali (Municipi, Regioni, Ministero della Salute) affinché tutti siano messi al corrente che i familiari possono appellarsi al Dpcm 2 marzo 2021”. Una norma frutto, a sua volta, della richiesta contenuta in un documento sottoscritto da circa 90 associazioni impegnate nella cura dei non autosufficienti a novembre 2020; documento poi inviato al Ministro della Salute, Roberto Speranza.
Cosa dice la Legge per il disabile in ospedale
L’articolo 11 del Dpcm, dedicato alle misure anti-Covid riguardanti luoghi dove possono crearsi assembramenti, al comma 5 precisa: “È fatto divieto agli accompagnatori dei pazienti di permanere nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso (DEA/PS), salve specifiche diverse indicazioni del personale sanitario preposto e fatta eccezione per gli accompagnatori dei pazienti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che possono altresì prestare assistenza anche nel reparto di degenza nel rispetto delle indicazioni del direttore sanitario della struttura”.
Istituire un Codice Blu 118
C’è anche un’altra richiesta avanzata da Oltre lo sguardo onlus ed Hermes Aps Onlus. Quella di aggiornare i codici di priorità 118 “inserendo un Codice Blu per il trasporto e la presa in carico al triage della persona con disabilità; affinché sia altamente attenzionata dagli operatori sanitari – spiegano -, tenendo conto anche del comma 5 dell’ art.11 del Dpcm del 2 marzo 2021. Nessuno – evidenziano – si salva da solo. Non è accettabile che su questo diritto incontestabile non ci sia stata un’informazione a tappeto, riservata soprattutto alle famiglie e ai caregiver”.
Mai più soli: il mondo dell’associazionismo si mobilita
Un appello condiviso anche da altre organizzazioni, come Spes contra Spem; tra i promotori della Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale diffusa nel 2014, che già aveva previsto il diritto/dovere di assistenza del disabile in ospedale. E come la Federazione Alzheimer Italia. La Presidente Gabriella Salvini Porro, interpellata da Redattore Sociale, ricorda: “La Carta dei diritti delle persone con demenza, redatta dalla nostra Federazione oltre venti anni fa, afferma tra le altre cose che la persona con demenza deve avere il diritto ad accedere ai servizi sanitari al pari di ogni altro cittadino. Ciò significa che questi servizi devono prestare attenzione alle esigenze specifiche di chi ha la demenza, anche in un periodo di emergenza sanitaria come questo”.
“Per questi malati, infatti, salire su un’ambulanza, accedere a un pronto soccorso o a un ospedale può essere un’esperienza disorientante e spaventosa – evidenzia – che dovrebbe sempre essere affrontata con un familiare o un caregiver al fianco, che possa non solo controllarli ma anche rassicurarli e fare in modo che il tempo trascorso in ospedale sia il meno traumatico possibile. Per questo chiediamo alle istituzioni di vigilare perché in ogni struttura sanitaria siano garantite alle persone con demenza l’assistenza e la tutela necessarie e si faccia in modo che casi come questi non si verifichino mai più”.
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