Fino allo scorso mese di marzo, per qualcuno era ancora possibile prendere le distanze dalla tecnologia sostenendo che le relazioni e le questioni della vita privata si possono meglio realizzare attraverso modalità tradizionali. Ma i mesi appena trascorsi ci hanno costretti a ricorrere a nuovi strumenti anche quando non eravamo attrezzati per farlo e in tanti sono arrivati del tutto impreparati a un appuntamento che ci ha colti di sorpresa. Alla luce dell’ultimo semestre, oggi appare evidente che le competenze di base per gestire gli strumenti tecnologici fanno parte di quel bagaglio di conoscenze che ogni cittadino deve avere, pena l’esclusione dall’informazione e il mancato accesso a servizi fondamentali. Il rifiuto dei nuovi canali di comunicazione risulta oggi anacronistico e insostenibile.
Il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, in una lettera apparsa su La Repubblica lo scorso mese di luglio, scrive: «Per molti bambini non avere accesso a Internet ha significato in questi lunghi mesi vedersi negare il diritto fondamentale all’istruzione e alla conoscenza. Ma non solo. Per tante donne e uomini, l’impossibilità a connettersi ha prodotto mancanza di informazioni e messo a rischio la loro vita». L’utilizzo di Internet oggi non è più solo un’opportunità, una scelta da effettuare o meno a seconda delle proprie inclinazioni o dello stile di vita che si vuole adottare. Non è più solo un fattore determinante per stare al passo coi cambiamenti sociali, per mantenere vivo il dialogo con le generazioni più giovani. A tutti questi aspetti oggi se ne aggiunge un altro, decisivo: in determinate situazioni la tecnologia assume un ruolo unico e imprescindibile nell’accesso a servizi essenziali. La “digital competence” è stata inserita dal Parlamento e dal Consiglio europeo nel 2006 fra le otto competenze ritenute essenziali per la “cittadinanza attiva”, eppure, nell’Italia del 2019, il 53,6% delle persone con un’età che va dai 65 e i 74 anni e l’85% degli over 75 non usa Internet (Dati Istat).
Per incidere su questi dati ed aumentare in modo significativo il numero di utilizzatori della Rete è necessario che questa sia maggiormente accessibile e non richieda elevate conoscenze tecnologiche. «Siamo abituati a pensare alla Rete troppo in termini di piattaforme e algoritmi e meno in chiave di diritti. Abbiamo bisogno di offrire risposte democratiche a domande che appaiono tecniche quando in realtà non lo sono», continua Sassoli. Nell’agenda europea del prossimo autunno è prevista la discussione del quadro legislativo sui servizi digitali (Digital Services Act), appuntamento che non è più rimandabile e che seguiremo con attenzione.
© Riproduzione riservata