Il compositore si racconta tra progetti passati e futuri: dall’amore per Napoli al ruolo di ambasciatore Unicef. Sul connubio tra vino e musica: «La materia resta la stessa ma la nuova “disposizione” offre un gusto diverso»
Icona del Festival della canzone italiana per oltre venti anni, dai modi sempre garbati e dall’indiscusso talento artistico. Nella vita del maestro Peppe Vessicchio non c’è solo la musica, anche la passione per Napoli, la sua città natale, la solidarietà e tanti altri progetti. Presidente di giuria a ‘Italia In…Canto’, il compositore si racconta a 50&Più.
La sua vita, anche artistica, inizia a Napoli. Quanto influisce nel suo percorso professionale la città dei mille colori?
I colori sono frequenze, le frequenze sono anche suoni. Napoli è quindi anche la città dai mille suoni e credo ne offra tanti altri generati dalla armonica combinazione degli stessi. Ce lo dice la storia, narrando dei grandi musicisti che negli ultimi quattro secoli l’hanno visitata in quanto imprescindibile tappa nel loro percorso di formazione artistica e culturale. Pensi lei quanto possa sentirmi fortunato ad esserci nato in grembo e ad averne inspirato l’aria… già, quell’aria che con il movimento delle sue molecole rende possibile il suono.
Musicista, arrangiatore, compositore, direttore d’orchestra. Quale ruolo sente più suo?
Anche se ho composto a mio nome poche partiture sento che l’azione più connaturata sia questa. Del resto, “arrangiare”, e di arrangiamenti ne ho firmati tantissimi, vuol dire comporre intorno ad un canto dato… gli esercizi di composizione in voga nel famigerato settecento napoletano si chiamavano “partinenti” ed erano nient’altro che il completamento di una composizione partendo da un “cantus firmus”, cioè una melodia. L’“arrangiare”, verbo preso in prestito dall’inglese “arrange”, cioè “organizzare”, io l’ho sempre considerato un atto creativo che fonde scienza e arte. Quindi sì, confermo, mi sento compositore.
‘Dirige l’orchestra il maestro Peppe Vessicchio’. Il suo nome e il suo volto sono stati per anni anche il volto di Sanremo. Cosa le manca di più del Festival della canzone italiana?
Il mondo cambia e bisogna adattarsi ai cambiamenti ma non bisogna perdere quello che di buono ci ha preceduto. Sanremo sta vivendo un buon momento ma il fatto che la serata con più ascolti è quella riservata alle “cover” del passato deve farci riflettere. C’è qualcosa da recuperare senza smettere di fare passi avanti. Laborioso, faticoso ma possibile.
A Sanremo in una nuova veste, al fianco di Fedez nella conduzione del podcast di Muschio selvaggio. Com’è stata questa esperienza?
Ho dovuto sintonizzarmi con le loro prospettive. Ci ho messo impegno e alla fine ho guadagnato un ulteriore sguardo sul panorama pop che oggi regala tante sorprese. Mi è piaciuto esserci, non solo professionalmente ma anche umanamente.
Da anni è ambasciatore Unicef. Ha incontrato, tra gli altri, i bambini di Coque, una delle favela più violente del Brasile. Cosa le è rimasto di quei giorni?
‘Che la musica può fare…’ come diceva Gazzè in una canzone che arrangiai e diressi proprio a Sanremo. A quei “meninos” offre la possibilità di evitare le strade del malaffare, il malaffare che pascia nel disagio economico, sociale e culturale che le borgate povere patiscono. Sono convinto che la musica può fare del bene a tal punto che maturiamo pensieri di pace senza dover tragicamente attraversare una guerra per poi comunque arrivare lì…
Quando il vino incontra la musica giusta cambia sapore. Può spiegare la sua teoria?
È difficile semplificare, si tratta di vibrazioni. Se l’insieme sonoro che vivrà, cioè la musica in questione, risponde a concetti fisici specifici (io la chiamo Musica Armonico – Naturale) è capace di riflettere tale condizione ai legami che finiscono per offrirci una nuova e migliore organizzazione molecolare del composto. La materia resta la stessa ma la nuova “disposizione” offre un gusto diverso e le analisi ci testimoniano una coesione superiore, tant’è che il vino, una volta trattato, nei test rivela, significativamente, una maggiore resistenza allo stress ossidativo. Ri-arrangio anche i cluster molecolari del nettare di Bacco.
Quest’anno ha ricoperto il ruolo di presidente di giuria al concorso canoro dedicato agli over 50, ‘Italia In…Canto’. L’età può condizionare l’arte e i talenti?
L’età apporta consapevolezza ed equilibrio. Ascoltare gli over 50 in questa manifestazione è stata una esperienza entusiasmante. Mi sono emozionato più volte. Non c’erano né velleità né secondi fini. Le scelte, tutte, erano sincere e appassionate. Senza calcoli di sorta. Viva la musica.
Un futuro ancora tutto da scrivere. Ci sono sogni nel cassetto da realizzare?
Vorrei recuperare il suono acustico in sale adatte a questo scopo o progettarne appositamente qualcuna per esercitare, attraverso la musica, dagli effetti benefici. Composizioni di natura popolare e colta, destinate a giovani e meno giovani magari coadiuvate da altri linguaggi come quello parlato e quello visivo. Musikè vuol dire questo, è l’insieme dei linguaggi che trasferiscono emozioni, vibrazioni di tutti i tipi con le quali empatizzare e generare un effetto di comunione.
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