La pandemia ha dato una forte spinta ai processi di informatizzazione nella Pubblica Amministrazione. In ambito previdenziale resta però fondamentale il ruolo del patronato, per assistere e guidare i cittadini verso scelte consapevoli
Il progresso (termine dalla valenza controversa), si sa, non conosce sosta. Tuttavia, ci sono eventi che provocano repentine accelerazioni della Storia, che spesso ci piombano addosso all’improvviso e ci fanno compiere balzi in avanti fin lì inimmaginabili.
Il Covid è stato uno di questi eventi. La recente pandemia, pur con il suo carico di lutti, tragedie, costi umani e sociali, con le ricadute negative che ha provocato su interi comparti produttivi e settori economici, ha costituito infatti anche un formidabile acceleratore di fenomeni e processi già in atto. Fenomeni che si sarebbero inevitabilmente compiuti comunque, ma che avrebbero impiegato ancora anni ad arrivare a compimento e che, invece, le condizioni create dalla pandemia hanno fatto immediatamente realizzare.
Nel periodo di emergenza sanitaria, di fronte all’eccezionalità della situazione che stavamo vivendo, sono diventate possibili cose che prima non lo erano e sembravano non poterlo essere; sono caduti vincoli che sembravano capisaldi e si sono affermati strumenti di cui la maggioranza di noi in precedenza aveva solo sentito vagamente parlare: basti pensare allo “smart working” e alle “video call”.
Questi strumenti sono diventati, in pochi mesi, patrimonio collettivo a cui adesso pare impossibile rinunciare: lo smart working serve a conciliare in maniera più efficace le esigenze lavorative con quelle della vita personale e familiare, e a decongestionare le città. Inoltre, contribuisce al risparmio energetico e riduce i costi per le aziende. Le videoconferenze consentono di collegare persone in tutte le parti del mondo e permettono ad uno studente italiano di seguire le lezioni di un docente oltreoceano.
Più in generale, la pandemia ha dato una forte spinta alla digitalizzazione dei servizi, anche per quanto riguarda l’ambito previdenziale.
L’INPS – di gran lunga il principale ente previdenziale italiano – è stato, storicamente, un precursore ed innovatore in materia di informatizzazione e meccanizzazione all’interno della Pubblica Amministrazione, non di rado anche con “strappi” e fughe in avanti che hanno generato più di una difficoltà nei suoi interlocutori e stakeholders (parti interessate, ndr); proprio questa sua vocazione “informatica” e “tecnologica” ha consentito all’Istituto di diventare il gestore di una delle maggiori e più importanti banche dati previdenziali, assistenziali e reddituali d’Europa.
Era facilmente prevedibile, quindi, che l’ingente massa di risorse economiche che le misure di attuazione del PNRR destinano all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale avrebbe dato ancora maggiore impulso a questa vocazione innata nell’Istituto, il quale, infatti, proprio sfruttando queste risorse, sta progressivamente avviando progetti e piattaforme che hanno l’obiettivo di rendere concretamente fruibili le prestazioni a cui i lavoratori, a diverso titolo, hanno diritto.
In pochi mesi abbiamo così assistito (per ora) alla nascita di un progetto di “automazione” di alcuni tipi di pensioni ai superstiti, alla creazione delle video guide personalizzate ed interattive per le pensioni e le prestazioni di disoccupazione, e allo sviluppo del “Consulente digitale delle pensioni” (ancora in fase sperimentale), che nell’intento dell’Istituto dovrà servire ad individuare in maniera proattiva i potenziali fruitori dei cosiddetti “diritti inespressi” (di cui abbiamo a più riprese parlato anche su queste colonne), guidando i pensionati a verificare se hanno diritto a prestazioni aggiuntive collegate con la propria pensione, semplificando e qualificando il flusso di domanda dei pensionati in possesso dei requisiti previsti.
Certo, il futuro è ancora tutto da scrivere. Gli esempi di progetti finalizzati ad un rapporto diretto tra INPS e cittadino (con cui l’Istituto, sulla base dell’interrogazione dei propri archivi, ha fornito ai propri assicurati informazioni e simulazioni sul diritto e la misura della pensione) che non hanno avuto grande fortuna sono innumerevoli: si va dal progetto “Pensione Subito” degli Anni ’90, fino ai recentissimi “La mia Pensione” e “Busta arancione” (2019).
Eppure, sembra che stavolta la strada intrapresa possa essere diversa: l’utilizzo delle potenzialità offerte da tecnologie avanzate come l’Intelligenza Artificiale e le “blockchain”, la chiarezza della visione che sottende a tali progetti e, infine, l’humus favorevole su cui questi progetti atterrano, fanno ritenere che la strada intrapresa dall’INPS possa produrre i risultati attesi.
Una crescita della qualità e dell’efficienza dei servizi della Pubblica Amministrazione è ovviamente auspicabile, così come è meritorio e segno di modernità e civiltà, che questa eroghi servizi informativi chiari ed esaustivi e proiezioni attendibili ai propri utenti/contribuenti/assicurati/pensionati/cittadini, in merito ai diritti che essi possono vantare. Allo stesso modo, è segno di civiltà e di “progresso” che – in un futuro non remoto – la Pubblica Amministrazione possa avvisare proattivamente un cittadino dell’opportunità di esercitare un diritto la cui esistenza emerge dall’analisi degli archivi dell’Istituto (nel caso dell’INPS) ed, eventualmente, dal loro incrocio con le risultanze di altre Pubbliche Amministrazioni.
Tutto bello, quindi? Sì. Forse.
Fino ad oggi, il rapporto tra i cittadini e gli Istituti previdenziali è stato per lo più intermediato dai Patronati – soggetti specializzati, la cui funzione è peraltro prevista dalla Costituzione – che hanno fornito assistenza e tutela a cittadini e lavoratori per l’accesso alle varie prestazioni, garantendo loro una fondamentale funzione di consulenza ed orientandoli all’interno dell’enorme complessità dello scenario normativo previdenziale.
È evidente che la spinta sempre più decisa verso una massiccia digitalizzazione e verso un rapporto sempre più diretto tra Istituto e cittadino porterà fisiologicamente, come conseguenza, anche un fenomeno di crescente e progressiva “disintermediazione”, con il rischio di lasciare il cittadino da solo nei confronti di una normativa complicata, farraginosa, difficile da comprendere e, spesso, contraddittoria e di dubbia interpretazione.
Non sempre e non necessariamente il primo diritto che si incrocia nel “cammino” previdenziale è anche il più conveniente, né quello più rispondente alle specifiche esigenze di quel soggetto. La mancata valutazione delle specificità della singola storia lavorativa e contributiva o la mancata corretta valutazione di altri possibili diritti – magari futuri – che discendono dall’esame della situazione personale e familiare, può trarre in errore gli assicurati, pregiudicando diritti o convenienze presenti o future. Tutte valutazioni che nessuna piattaforma di Intelligenza Artificiale, per quanto avanzata, può tenere in considerazione.
Se questo è lo scenario, allora, la digitalizzazione non fa venire meno il bisogno di consulenza previdenziale, ma – al contrario – ne accresce la necessità: in uno scenario previdenziale come quello esistente, infatti, nessuna piattaforma digitale sarà in grado di orientare il cittadino nelle decisioni da prendere e nelle opzioni da scegliere.
La consulenza, quindi, dovrà avere – paradossalmente – un ruolo sempre più centrale, non solo in prossimità del pensionamento e/o del conseguimento di qualsiasi altra prestazione, ma fin dall’ingresso della persona nel mondo del lavoro, seguendola passo per passo nel corso della sua storia lavorativa, preparandola progressivamente ed in base alle varie modificazioni e scelte (di tipo familiare, lavorativo, finanziario) operate nel tempo, alle decisioni che dovrà assumere ed evitando che una frettoloso “click” in risposta ad un messaggio proveniente da una piattaforma automatica – che, pure, in buona fede opera nel suo interesse – la vincoli a scelte che potranno poi rivelarsi controproducenti.
© Riproduzione riservata