Approvato a luglio 2022 il Digital Services Act: è il nuovo regolamento europeo sui servizi digitali. Una vera e propria rivoluzione del web che ad agosto scorso ha creato più obblighi per le grandi piattaforme
Il presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, l’ha definito un accordo storico “in termini sia di rapidità che di sostanza”. Con il Digital Services Act (DSA), infatti, l’impegno è quello di creare un ambiente digitale sicuro, che tuteli veramente i diritti dei consumatori chiedendo trasparenza alle grandi piattaforme online, come ad esempio Google, Meta, Apple, Amazon e Microsoft.
Motori di ricerca ed E-commerce d’ora in poi devono adeguarsi alle nuove regole di trasparenza sulla profilazione. Questo vuol dire, in parole povere, che quando vediamo una pubblicità dobbiamo conoscere i motivi per cui la visualizziamo e perché ci vengono suggeriti determinati contenuti. Con l’etichettatura degli annunci pubblicitari, ad esempio, l’uso degli algoritmi diventa più trasparente e ci permette di intervenire e ridurre drasticamente (se non azzerare) il loro potere, rinunciando così anche alla profilazione.
A tutela dei minori il regolamento vieta l’uso di pubblicità mirata rivolta ai bambini. Così come quella basata su dati sensibili degli utenti. Vietato anche l’impiego di pratiche ingannevoli che possono manipolare le scelte degli utenti, inclusi i “dark pattern” ovvero tutte quelle interfacce e percorsi di navigazione che influenzano i comportamenti online.
Anche le lunghe quanto oscure liste di termini e condizioni di servizio che appaiono sui siti (e che nessuno legge) sono interessate dal DSA: la parola d’ordine, qui, è semplificare. Le indicazioni di utilizzo dovranno essere semplici, concise, ma soprattutto espresse nelle lingue dei 27 Paesi membri per renderle accessibili (e comprensibili) a tutti.
Con il nuovo regolamento è possibile persino segnalare in maniera più rapida e diretta i contenuti non conformi alla legge o nocivi. La procedura per eliminarli è stata velocizzata, grazie anche a sistemi di “notifica e risposta” per la rimozione immediata. Questo migliora certamente il controllo democratico e la vigilanza sulle piattaforme online, specie quelle in grado di raggiungere oltre il 10% dei cittadini europei.
Insomma, veicolare disinformazione online, presentare informazioni scorrette, incomplete, manipolate o fuorvianti, come non rettificarle, d’ora in avanti potrebbe costare davvero caro. La Commissione ha previsto sanzioni che possono arrivare sino al 6% del fatturato annuale delle piattaforme che non rispettano quanto stabilito.
La legge sui servizi digitali punta ad uno spazio on-line più sicuro, in grado di proteggere i diritti fondamentali degli utenti e creare condizioni di parità per le imprese. Ma nonostante gli interventi mirati restano ancora notevoli lacune da affrontare, come il controllo di pochi soggetti di ampi ecosistemi dell’economia digitale. L’UE è intervenuta in questo Far West digitale, conferendo alle grandi piattaforme il controllo dei contenuti, la responsabilità di quanto circola in rete e la protezione degli utenti. Basterà? Ora serve che chi naviga abbia una maggiore coscienza dei propri diritti.
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