Il 15 giugno ricorre la Giornata mondiale di sensibilizzazione contro gli abusi sugli anziani. Ungar: «Abuso è anche lasciare un anziano sporco per ore, o rivolgersi a lui con arroganza. Bisogna combattere l’ageismo soprattutto in ambito sanitario»
«Gli abusi contro gli anziani sono una ‘malattia cronica’, gravemente sottovalutata, poco studiata e inadeguatamente compresa». La denuncia arriva, in occasione della Giornata mondiale contro gli abusi sugli anziani (15 giugno) da Andrea Ungar, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg) e professore ordinario di Geriatria all’Università di Firenze.
Lo scorso anno, nella stessa occasione, la Sigg ha invocato la “gentilezza”, come strumento per prevenire e combattere un fenomeno dilagante come gli abusi sugli anziani. Secondo i più recenti dati del Global report on ageism dell’Oms, nel mondo 1 anziano (over 60) su 6, in un solo anno ha subìto qualche forma di abuso in contesti comunitari. I casi più gravi infatti si verificano soprattutto – ma non soltanto – nelle strutture di assistenza a lungo termine, dove due operatori su tre ammettono di aver commesso una forma di abuso.
Oggi, a un anno di distanza, quell’appello a “difendere gli anziani con la gentilezza” è più attuale che mai, visto che la situazione non accenna a migliorare e l’allarme resta alto. «La Sigg ha un gruppo di lavoro dedicato proprio al tema degli abusi – riferisce Ungar -. Sappiamo bene quanto siano frequenti a diversi livelli e in diversi contesti, non soltanto in quello istituzionale». Perché l’abuso non è solo la violenza fisica che fa notizia, ma abbraccia una serie di situazioni che facilmente si verificano anche nella quotidianità.
Giornata mondiale contro gli abusi sugli anziani: “Abusi fortemente connessi all’ageismo”
«L’abuso è fortemente connesso con l’ageismo – spiega Ungar – che è presente in tanti ambiti della società, specialmente in quello sanitario. L’abuso non è solo l’anziano picchiato in Rsa o in ospedale: quelli, per fortuna, sono casi abbastanza rari. Non cambiare un pannolone a un anziano per ore è un abuso. Rivolgersi in modo sprezzante a un anziano con disturbo comportamentale o con decadimento cognitivo è un abuso. Lasciare un anziano sempre solo è un abuso. Farlo aspettare per ore in pronto soccorso, facendo passare avanti i più giovani: anche questo è un abuso».
Per combattere e ridurre gli abusi, occorre innanzitutto coltivare e promuovere questa nuova consapevolezza: ogni volta che un anziano non viene trattato con dignità e rispetto, siamo di fronte ad un abuso. E questo accade, più di quanto non si creda, anche all’interno delle mura domestiche. «Tutte le volte che diciamo a un anziano “questo sì, questo no” e pretendiamo di decidere al posto suo, di fatto commettiamo un abuso. Spesso a fin di bene, anche i figli o i nipoti commettono abusi nei confronti dei loro anziani, probabilmente senza esserne consapevoli».
Ci sono abusi più o meno gravi, più o meno consapevoli, ma tutti lasciano il segno, più di quanto si possa immaginare: «Come hanno dimostrato importanti studi internazionali, gli abusi generano spesso solitudine, depressione, infortuni, invii al pronto soccorso, istituzionalizzazione. Nei casi più gravi, possono portare all’alcolismo e degenerare fino al suicidio. Abbiamo un’incidenza importante e molto sottovalutata di abuso di alcol e rischio suicidario tra gli anziani», riferisce Ungar.
Giornata mondiale contro gli abusi sugli anziani: prevenire, contrastare, agire concretamente
Cosa si può fare allora, concretamente, per prevenire, contrastare e arginare gli abusi, garantendo a tutti gli anziani il rispetto e la dignità che spetta a ciascuno essere umano, in ogni ambito e contesto? Per sollevare l’attenzione sul problema dell’ageismo, specialmente in ambito sanitario, un paio di mesi fa la Sigg ha promosso e sottoscritto la Carta di Firenze. «Durante il convegno in cui l’abbiamo presentata, è intervenuto uno dei più grandi esperti mondiali di abusi sugli anziani, Mark Lachs, della Cornell University. Ha definito gli abusi come una malattia cronica e massima espressione di ageismo. E ha lanciato un appello, che possiamo fare nostro: dobbiamo imparare dai pediatri. Un pediatra non urla a un bambino, anche perché se questo accadesse, la mamma del bambino lo denuncerebbe. Ma se un medico urla a un anziano con decadimento cognitivo, quasi sempre questo viene tollerato. Esistono ospedali a misura di bambini, ma non esistono ospedali a misura di anziani: crearli potrebbe essere un primo passo importante per prevenire e contrastare l’ageismo e gli abusi».
Un altro strumento indispensabile per portare avanti questa piccola, grande rivoluzione è il riconoscimento e la formazione del personale sociosanitario dedicato agli anziani. «Esiste un forte legame tra il burn-out degli operatori e l’ageismo: occorre sostenere i professionisti con un riconoscimento economico e sociale, e assicurando adeguato riposo. Un infermiere o un operatore socio-sanitario che deve prendersi cura di 80 anziani con disturbi comportamentali in una Rsa difficilmente riuscirà a trattarli con quella gentilezza necessaria nel rapporto di cura. Ora abbiamo una legge nuova e bellissima, che dovrebbe cambiare il paradigma dell’assistenza agli anziani. Se sarà applicata, potremo finalmente assicurare dignità e qualità della vita a quella ‘quarta generazione’ di cui non possiamo più ignorare l’esistenza».
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