Il cinema ha spesso affrontato il rapporto tra le generazioni. Quelli sugli over, sia con i bambini che con gli adulti, non sempre evitano derive sentimentali, cliché noti e anche cadute di tono. Tra quelli più riusciti elenchiamo dieci film sull’anzianità da vedere e rivedere.
Con l’avanzare dell’età i sogni, i desideri, le possibilità si riducono di dimensione e di valore. Come diceva un bel brano di Renato Zero, ci si sente spesso con le “spalle al muro”, nonostante il più delle volte si abbiano ancora energie, idee, voglie, coraggio da distribuire.
È indispensabile, per chi prova questa sensazione e fondamentale per una società che si avvia ad avere una popolazione ultrasessantacinquenne di quasi un quarto del totale (era al 22,8% nel 2020 secondo i dati Istat), che questa restrizione di orizzonti e di speranze venga bilanciata, che la vita continui a dare, che la voglia di vivere diventi comunicazione e rapporto. Perché il rapporto con una persona anziana rende la persona più giovane un’altra, diversa. Offre sempre la possibilità di cogliere l’eccezionalità – nel senso di essere un’eccezione, cioè comunque diverso dagli altri – dell’anziano vicino per cambiare e migliorare. Non serve che sia speciale e riconosciuto come tale dal resto del mondo, lo è per il più giovane con cui si raffronta.
In occasione della prossima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia e in attesa della valanga di pellicole che verranno proposte con la nuova stagione sia sul grande schermo che dalle diverse piattaforme televisive, vi vogliamo proporre la visione – oppure una (re)visione con lo sguardo diverso dell’oggi e del periodo trascorso – di dieci tra i numerosi film sull’anzianità che, negli ultimi cinquant’anni o poco più, hanno affrontato il rapporto tra le generazioni, e il realizzarsi in esso degli anziani protagonisti, in maniera di volta in volta sorridente, raffinata, colta, dolorosa, ma sempre e comunque formativa per i più giovani.
Harold e Maude
(1971, regia di Hal Ashby, protagonisti Bud Cort e Ruth Gordon)
È il film preferito di Cameron Diaz nei panni della corteggiatissima chirurga di Tutti pazzi per Mary. L’incontro tra i protagonisti avviene a uno dei funerali dove l’adolescente problematico Harold ama recarsi pur senza conoscere nessuno. Tra i due, l’uno abituato anche a simulare suicidi per ottenere l’attenzione della madre e Maude, sull’orlo degli 80 anni, piena di vitalità e di positività, si instaura un rapporto di amicizia e poi di amore, che arriva sull’orlo del matrimonio. Un film bizzarro e divertentissimo, dal fascino irrisolto, persino in odore di scandalo, veicola messaggi di amore universale e accettazione della morte, insegna il valore della spensieratezza e dell’autorealizzazione. Il tutto sottolineato dalle magnifiche canzoni di Cat Stevens.
Sul lago dorato
(1981, regia di Mark Rydell, protagonisti Henry Fonda e Katharine Hepburn)
Premio Oscar per entrambi i protagonisti, ma solo nomination per Jane Fonda alla sua unica interpretazione a fianco del padre, che morirà pochi mesi dopo aver ritirato la statuetta. All’ultima vacanza della vita l’ottantenne Norman, la cui memoria si sta diluendo, e sua moglie Ethel, vengono raggiunti dalla figlia Chelsea, dal suo nuovo partner e dal di lui figlio, il dodicenne Billy. Quando i due fidanzati partono per l’Europa, sul lago Squam (splendidamente fotografato da Billy Williams, anche lui “nominato” per l’Oscar), rimangono i due anziani ancora innamoratissimi e l’adolescente. Solo faticosamente riusciranno, soprattutto Norman, a stabilire un rapporto amichevole, che servirà ad appianare anche altri contrasti ancora irrisolti.
Tolgo il disturbo
(1990, regia di Dino Risi, protagonisti Vittorio Gassman e Valentina Holtkamp)
Il ruolo di anziano spetta a Gassman nei panni del burbero e bislacco Augusto, un ex direttore di banca, uscito da una clinica psichiatrica dopo 18 anni, che trova la casa dove va a vivere occupata da nuora, nuovo compagno e figlia di lui, Rosa, di nove anni. Inutile aggiungere che solo il rapporto con la piccola – ma guai a lei se lo chiama “nonno” – riesce a fargli trovare un equilibrio, di cui vari siparietti del film, compreso un clamoroso intervento a un’inchiesta televisiva, facevano fortemente dubitare. Uno degli ultimi esempi riusciti della formidabile stagione della commedia all’italiana, vede il Mattatore disegnare un personaggio di grande umanità, che si muove sulla linea rossa che divide razionalità e follia.
Una storia vera
(1999, regia di David Lynch, protagonisti Richard Farnsworth e Sissy Spacek)
Il caratterista di lungo corso Farnsworth offre la sua migliore performance mentre è ormai malato terminale e deve essere ripreso quasi sempre dalla vita in su. Si suiciderà poco dopo aver ottenuto la candidatura all’Oscar (secondo più anziano a essere nominato come miglior attore) per questo road movie che è anche un’autentica storia di famiglia. Alvin, senza patente e senza volere nessuno che lo accompagni, parte con il suo tosaerba per andare a trovare il fratello malato con cui non parla da dieci anni. Durante il lentissimo e lungo percorso nel Midwest americano – il vero mister Straight impiegò cinque settimane – apprezza la meraviglia del panorama e del cielo, il valore di vivere a fondo gli incontri, il rapporto amorevole con la figlia disabile Rose.
Gran Torino
(2008, regia di Clint Eastwood, protagonisti Clint Eastwood e Bee Vang)
La coupé rossa con la striscia bianca di David Starsky (nella serie Starsky & Hutch) è una Ford Gran Torino, il cui “mito” è stato consacrato definitivamente da questo capolavoro del “texano dagli occhi di ghiaccio” di leoniana (nel senso di Sergio Leone, che l’ha diretto in vari spaghetti western) memoria. Walt, polaccoamericano reduce dalla guerra di Corea, ne custodisce gelosamente una. Reazionario, bigotto e razzista, non sopporta i suoi figli né tanto meno gli immigrati che invadono Detroit. Tutto inizia a cambiare quando, fucile spianato, si trova di fronte il vicino adolescente cinese Thao, che una gang ha costretto a tentare di rubargli l’amata auto. Grande performance d’attore, tra tic e mugugni da anziano di maniera e minacce da cowboy sbruffone.
Up
(2009, regia di Pete Docter, film di animazione)
Oscar quanto mai indiscusso per il miglior film di animazione (e per la miglior colonna sonora originale all’italoamericano Michael Gioacchino, quello di Ratatouille e di tre Spiderman). Dapprima la storia del venditore di palloncini – un antipatico simil-Spencer Tracy – Carl e della moglie Ellie, poi quella del suo incontro con Russell, il giovane esploratore alla caccia del distintivo di “Assistenza agli anziani”, diventa un’avventura su una casa volante, che va verso la cascata sudamericana Paradiso. Con il plus del magico collare che permette a Dug e agli altri cani del film di parlare. Lieve come un palloncino nell’affrontare temi difficili, come l’invecchiare in solitudine, l’impossibile realizzazione dei sogni, il ricordo pesante di chi ci ha lasciato e il rapporto giovani/anziani.
Youth – La giovinezza
(2015, regia di Paolo Sorrentino, protagonisti Michael Caine e Harvey Keitel)
Il regista più felliniano di sempre nel suo film più controverso, uscito immediatamente dopo il capolavoro La grande bellezza. Due anziani amici e parenti acquisiti dal matrimonio dei figli – il direttore d’orchestra Fred e il regista Mick – si ritrovano per una vacanza rigenerante in un resort termale svizzero. Parlano di vita e di morte, di sesso e di opportunità mancate, di orgoglio e sensi di colpa, tra ricordi e flashback (allucinante quello di Fred a Venezia), confrontandosi con la bellezza spudorata di alcune ospiti e con il processo metaforico di trovare un significato allo scorrere del tempo. Fantastico il cameo di Jane Fonda, grande dame hollywoodiana, nel susseguirsi di episodi che potrebbero essere ciascuno un microfilm.
The Visit
(2015, regia di Manoj Night Shyamalan, protagonisti Olivia DeJonge ed Ed Oxenbould)
Non è un capolavoro, ma ha tutti i crismi del film horror ben confezionato da uno specialista come Shyamalan, che, dopo il successo de Il sesto senso del 1999 con uno psicologo che affronta il caso di un bambino, nel 2021 proporrà Old sul tema dell’invecchiamento precoce. Girato alla maniera un po’ abusata del found footage, con i ragazzi protagonisti che sembrano tenere in mano le cineprese con le quali è ripreso tutto il film, racconta di due fratelli adolescenti in visita a casa dei nonni. Dopo l’inizio dai toni allegri e divertiti, si succedono a poco a poco situazioni sempre più bizzarre prima e paurose poi, fino alla scoperta di un sinistro segreto che mette in pericolo la vita dei piccoli. Un incontro, per una volta, non proprio idilliaco.
The Father – Nulla è come sembra
(2020, regia di Florian Zeller, protagonisti Anthony Hopkins e Olivia Colman)
Per questa interpretazione di Anthony perso nel labirinto mentale della demenza senile, lʼ83enne Hopkins, senza il quale il film non si sarebbe fatto, è stato il più anziano candidato e il più anziano vincitore di un Oscar come miglior attore protagonista. Il suo peregrinare alla ricerca di sé, dei suoi ricordi e della sua quotidianità è un’odissea disperata e straziante, cui partecipano di volta in volta la figlia Anne e la nuova badante, che accoglie con un malizioso tip-tap e un bicchiere di whisky. «Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno!» abbaia a un certo punto, ma il messaggio del film è proprio che di fronte a questa deriva è indispensabile stare più uniti possibile, quasi aggrappati gli uni agli altri. Malati e non.
A spasso con Madeleine
(2022, regia di Christian Clarion, protagonisti Dany Boon e Line Renaude)
Titolo italiano inutilmente riferito ad A spasso con Daisy (capolavoro pluripremiato del 1989, anche quattro Oscar), del francese Une belle course. E racconta proprio “una bella corsa” in taxi per le vie di Parigi di un’elegante e distinta 92enne, che, prima di entrare in una casa di riposo, visita i luoghi che le sono stati cari. Il passato toccante e doloroso di amore e violenza domestica, che affiora nelle parole e nei ricordi (e nei vari flashback) dell’espansiva Madeleine permette all’autista, irascibile, insoddisfatto e dalla vita personale caotica, di meditare sulla sua realtà e di ritrovare valori dati per inutili. Deliziosa commedia dʼOltralpe, con un impeccabile interplay tra i protagonisti, al terzo film insieme.
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