Sono passati dieci anni da quando l’Istat ha dato vita al progetto Bes, il rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile in Italia. Se l’analisi del Pil, infatti, è in grado di restituire qualche dato sulla condizione degli abitanti del Belpaese, i 130 indicatori del Rapporto Bes cercano di fotografare in modo più realistico 12 aspetti della vita degli italiani.
Dalla salute all’istruzione, passando per il lavoro, le relazioni, la politica, concludendo con l’ambiente e la qualità dei servizi. L’ultima edizione del Rapporto Bes è stata pubblicata la settimana scorsa, riportando i dati del 2020 e le profonde trasformazioni dovute all’arrivo del Covid-19.
La speranza di vita alla nascita come dieci anni fa
Il dato che più ha colpito è legato alla speranza di vita alla nascita. Negli ultimi dieci anni, infatti, si sono registrati miglioramenti progressivi, accompagnati da dati positivi per il mantenimento della salute e dall’autonomia dopo i 65 anni. Tra il 2010 e il 2019, i benefici maggiori sono andati a favore degli uomini che hanno recuperato parzialmente lo svantaggio rispetto alle donne. Un quadro che riporta alcune differenze geografiche. Nel Lazio, ad esempio, sono stati conquistati quasi tre anni in più dagli uomini e circa due dalle donne. All’estremo opposto si collocano Basilicata e Calabria dove i progressi si misurano in poco più di un anno per gli uomini e solo sei mesi per le donne. Ma si tratta di uno degli aspetti su cui il Covid-19 ha colpito più duramente. I guadagni in anni di vita, infatti, risultato annullati completamente nel Nord Italia e parzialmente nelle altre aree del Paese. Un arretramento che richiederà parecchio tempo per essere pienamente recuperato.
Sopravvivenza e qualità degli anni vissuti
L’Italia, lo sappiamo, è uno dei Paesi più longevi del mondo. Secondo i dati Eurostat sulla speranza di vita alla nascita, due anni fa il nostro Paese si confermava al secondo posto tra i 28 Paesi dell’Unione europea, con 83,4 anni, dopo la Spagna che si attestava a 83,5. Ma, a seguito della pandemia, le stime effettuate sulla speranza di vita per il 2020 suggeriscono un’inversione di tendenza. Soprattutto in alcune aree del Paese particolarmente colpite dal virus. Guardando alle singole regioni, ad esempio, lo scorso anno il calo più forte si è registrato in Lombardia, in cui la speranza di vita alla nascita scende da 83,7 a 81,2. Seguono, in ordine decrescente, la Valle d’Aosta (da 82,7 a 80,9), le Marche (da 84 a 82,6), il Piemonte (da 82,9 a 81,6) e il Trentino-Alto Adige (da 84,1 a 82,8). Riduzioni superiori ad 1 anno hanno interessato anche la Liguria, la Puglia e l’Emilia-Romagna, mentre la speranza di vita alla nascita rimane sostanzialmente invariata in Basilicata e Calabria e diminuisce solo lievemente nella maggior parte delle regioni del Mezzogiorno, ad eccezione di Abruzzo e Sardegna.
Il benessere mentale dei senior
Tra gli indici presi in esame dal Rapporto Bes 2020 c’è anche quello relativo alla salute mentale. In questo caso, la scala di valutazione va da 0 e 100 e all’aumentare del punteggio migliora la valutazione delle condizioni di salute mentale. Nel 2020 l’indice che valuta la salute mentale degli anziani si attesta intorno al 68,8. Un dato che fa emergere tendenze differenti in sottogruppi di popolazione. Gli uomini, ad esempio, migliorano di quasi 1 punto mentre il punteggio rimane invariato tra le donne. Peggiora, però, la situazione degli over 75, i quali hanno vissuto condizioni di maggiore isolamento durante il 2020. Un’influenza che ha condizionato anche la salute mentale delle persone sole nella fascia di età 55-64, soprattutto al Nord. Peggiora, infatti, l’indice di salute mentale in Lombardia, Piemonte, Campania e Molise.
Il futuro della sanità
Un ultimo quadro che non può essere trascutato è quello relativo agli indicatori sulla qualità dei servizi sanitari. Tra il 2010 e il 2018, infatti, l’offerta ospedaliera è andata modificandosi, con una riduzione delle strutture e dei posti letto. Parallelamente, i dati mostrano un peggioramento relativo delle chance di cura in alcuni territori: il tasso di mobilità per motivi di cura dalle regioni meridionali e dal Centro è in costante crescita dal 2010.
Non meno preoccupante appare la situazione relativa al personale sanitario. Se negli ultimi anni, il rapporto tra numero di medici e numero di residenti è passato dai 3,9 ogni 1.000 abitanti, registrato nel 2013, ai 4 ogni 1.000 abitanti del 2019, l’età media dei medici è, però, molto alta e il sovraccarico di pazienti sui medici di medicina generale è in aumento. Particolarmente critica la situazione degli infermieri: il numero di infermieri e ostetriche è aumentato fino al 2017 (da 5,3 ogni 1.000 abitanti nel 2013 a 6,1) per rimanere stabile negli anni successivi. Un rapporto numerico molto sbilanciato rispetto ad altri Paesi: la Germania, ad esempio, ha più del doppio degli infermieri per abitante.
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