Edwin Aldrin, si avvia verso la scaletta del modulo lunare, come aveva fatto circa venti minuti prima Neil Armstrong, il comandante dell’Apollo 11; scende un gradino, esita, torna indietro, afferra un piccolo registratore e lo attiva. La voce calda e profonda di Frank Sinatra subito si diffonde sommessa all’interno dell’Eagle, il lem che qualche ora prima aveva portato i due astronauti sul suolo lunare. Fly me to the moon / Let me play among the stars/ Let me see what spring is like on / A-Jupiter and Mars… (Portami sulla luna / Fammi giocare tra le stelle / Fammi vedere com’è la primavera / Su Giove e Marte…) canta The Voice, segnando così un altro primato in quel giorno straordinario: quelle note sono le prime a propagarsi sul nostro satellite.
È il 21 luglio 1969, una data storica per l’umanità: alle ore 22.56 (le 4.56 in Italia) infatti, Neil Armstrong lascia l’Eagle e calca esitante il terreno polveroso e accidentato della luna. «That’s one small step for a man, one giant leap for mankind» («Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità»), sono le sue iconiche parole a commento di un evento che rimarrà nella storia e cambierà per sempre la percezione del futuro da parte degli uomini. Quel giorno, in tutto il mondo, 900 milioni di persone restano incollate per ore davanti alle tv, a sperimentare un sogno fantascientifico farsi realtà.
Tra il 1969 e il 1972, all’Apollo 11 – il cui equipaggio era formato oltre che da Neil Armstrong e Edwin Aldrin anche da Michael Collins, rimasto al comando del modulo Columbia in orbita intorno alla luna – seguirono altre cinque missioni Apollo: gli ultimi a calcare il suolo lunare furono Eugene Cernan e Harrison H. ‘Jack’ Schmitt, astronauti dell’Apollo 17. Poi più nulla.
La corsa allo spazio tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, messa in atto in quegli anni di Guerra fredda, aveva ormai chiaramente designato il vincitore, l’interesse scientifico per la composizione della luna cominciava a scemare mentre il costo delle missioni lunari era diventato un macigno sulle casse dell’amministrazione statunitense.
La luna è rimasta quindi per decenni ad aspettare nuovi visitatori. Ma la sua attesa non è stata vana.
Il 16 novembre 2022 dal Kennedy Space Center, in Florida, negli Usa, la Nasa ha infatti messo in orbita un nuovo veicolo spaziale, l’Orion, il cui compito era quello di dirigersi verso il nostro satellite. La prima delle missioni spaziali Artemis era iniziata.
Artemis I è stata solo un volo di prova, senza equipaggio, ma nelle prossime missioni spaziali, la navicella spaziale Orion, avrà il compito di trasportare gli astronauti e i moduli del Gateway, necessari a costruire una stazione spaziale in orbita permanente intorno alla luna, e porre le basi per un obiettivo ancora più ambizioso: quello di raggiungere Marte.
Il veicolo spaziale Orion nasce dalla collaborazione tra la Nasa e l’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Quest’ultima si occupa in particolare dello sviluppo del modulo di servizio di Orion, ovvero quella parte che fornisce aria, energia elettrica e propulsione alla navicella. In sostanza può essere paragonato alla “locomotiva” di un treno, necessaria a far muovere il veicolo e far sopravvivere chi è all’interno di esso. Per la costruzione del modulo di servizio, l’Esa si avvale di oltre venti aziende facenti parte di dieci Paesi europei, tra cui l’Italia.
La partecipazione italiana al programma Artemis si basa in particolare sulla fornitura da parte dell’Asi (l’Agenzia Spaziale italiana) di moduli abitativi per l’equipaggio e dei servizi di telecomunicazione, svolgendo anche un ruolo fondamentale nella realizzazione del Lunar Gateway.
Si tornerà, dunque, a calcare nuovamente il suolo lunare? Molto presto.
Intanto fervono i preparativi per Artemis II, la prima missione che avrà anche un equipaggio a bordo e che aprirà la strada ai prossimi allunaggi.
Sono quattro gli astronauti che a novembre del 2024, decolleranno dal Kennedy Space Center, in Florida, a bordo dell’Orion, per una missione di circa 10 giorni: Reid Wiseman (comandante), Victor Glover, Christina Koch insieme a Jeremy Hansen dell’Agenzia spaziale canadese. Un equipaggio che segnerà un nuovo primato: sarà infatti il primo composto da una donna, un uomo di colore e un non statunitense.
La loro missione sarà quella di orbitare intorno alla Luna, portandosi nel lato più lontano di essa compiendo una traiettoria a forma di otto, e tornare sulla terra. Questa traiettoria servirà a fare sì che il campo gravitazionale Terra-Luna fornisca la propulsione necessaria per il viaggio di ritorno verso il nostro pianeta impiegando un basso consumo di carburante. La missione servirà inoltre a testare l’efficienza dello Space Launch System, il razzo che farà decollare la navicella spaziale Orion, e a testare che tutti i sistemi di quest’ultima siano funzionanti.
Ma sarà con Artemis III che gli astronauti calcheranno di nuovo il suolo lunare. La missione prevista per il 2025, ha come obiettivo il polo sud della Luna, finora rimasto inesplorato. Qui, secondo la Nasa “le aree costantemente in ombra contengono depositi di suolo lunare ricco di ghiaccio d’acqua. Le missioni future potrebbero raccogliere questa risorsa per produrre acqua, ossigeno e carburante per razzi”. Non ci resta quindi che aspettare, sicuri che saremo di nuovo incollati alla tv, come 60 anni fa.
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