Sei milioni di persone in Italia si trovano in condizioni di deprivazione alimentare, intesa come l’impossibilità per ragioni economiche, di fare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni.
Secondo i dati raccolti nel nuovo Rapporto di ActionAid “Frammenti da ricomporre” sei milioni di italiani vivono una condizione di povertà alimentare. Si tratta di una situazione molto disomogenea tra Regioni, con divari territoriali importanti fra Nord e Sud. La Campania in particolare si trova in uno stato di forte vulnerabilità e registra i dati più alti (20,2%). Un’altra Regione a rischio è la Puglia, che presenta un’incidenza di deprivazione del 12,4%. I valori più bassi, entro il 4%, si registrano invece in Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.
Perché “deprivazione alimentare” e non “povertà alimentare”
La scelta di denominare l’indice con il termine “deprivazione”, ha spiegato ActionAid, è stata dettata dal riconoscimento dei limiti degli indicatori disponibili per individuare le differenti dimensioni del fenomeno. Oltre all’impossibilità di fare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni, è stata anche considerata la dimensione sociale della deprivazione, che corrisponde all’impossibilità di uscire con amici e parenti per mangiare e bere qualcosa almeno una volta al mese.
Caratteristiche sociodemografiche
L’incidenza della deprivazione alimentare, materiale o sociale, risulta maggiore tra i disoccupati (28,3%), le persone inabili al lavoro (22,3%), chi ha un titolo di studio basso (17,4%), i giovani di età compresa tra i 19 e i 35 anni (12,3%) e gli adulti tra i 50 e i 64 anni (12,7%), gli stranieri (23,1%), chi paga un affitto (22,6%). Il tasso più elevato riguarda i nuclei monogenitoriali (16,7%) e le famiglie composte da cinque o più persone (16,4%).
Abitudini di consumo
Le persone che leggono le etichette dei prodotti alimentari sono 4 su 10, mentre l’acquisto di cibi locali è un’abitudine solo per 2 persone su 10. Il consumo di prodotti biologici costituisce un’abitudine solo per il 15,2% della popolazione, anche a causa dei costi più elevati. La consapevolezza sui consumi è direttamente proporzionale a titoli di studio più elevati, anche a parità di risorse economiche.
Le politiche di welfare
Le misure di assistenza alimentare stanno diventando una parte sempre più consistente del welfare degli Stati europei. In Italia, ad esempio, sono state a lungo delegate agli enti caritatevoli, soprattutto di natura religiosa. Dal 2003 la legge 155 sulla distribuzione di prodotti alimentari ai fini di solidarietà sociale permette la gestione delle eccedenze di cibo a scopo solidale. Promuove inoltre le donazioni di alimenti non consumati, compresi quelli che provengono dalla ristorazione. La legge 147 del 2013 ha definito meglio i requisiti di sicurezza per queste donazioni, rispetto a conservazione, trasporto e uso dei prodotti.
Dai buoni spesa alla Carta solidale
Nel 2020, con la pandemia, sono stati previsti i buoni spesa per le famiglie più bisognose di supporto. L’ordinanza nazionale ha assegnato ai Comuni i fondi per un totale di 400 milioni di euro. Nel 2021 invece il Decreto sostegni bis ha rinnovato la misura implementandola con altri 500 milioni. Quest’anno è stata introdotta la Carta solidale “dedicata a te” per l’acquisto di beni di prima necessità, resa operativa dal mese di settembre, del valore di 382,5 euro.
La frammentarietà delle risposte di contrasto alla povertà alimentare
Come evidenzia il Rapporto, nel sistema italiano di contrasto alla povertà alimentare manca una politica organica nazionale. L’organizzazione è demandata agli enti locali e alla società civile, con evidenti disuguaglianze nella distribuzione dei servizi. Secondo ActionAid, sarebbe importante un maggiore investimento a livello centrale e una programmazione di lungo periodo, che inserisca la povertà alimentare nei servizi più ampi di contrasto alla povertà materiale, educativa, sanitaria e nei servizi di reinserimento lavorativo.
“Nei periodi di recessione, le misure di protezione sociale come quelle di sostegno al reddito sono fondamentali per evitare che la povertà alimentare cresca – ha dichiarato all’Agenzia Dire Roberto Sensi, responsabile del Programma povertà alimentare ActionAid Italia – ma soddisfare un bisogno immediato dovrebbe essere solo il primo passo di un percorso capace di offrire risposte alle varie dimensioni dell’esperienza alimentare, in primis quella sociale. Dobbiamo cambiare la visione del fenomeno per adottare un approccio multidimensionale che ruoti attorno al diritto al cibo e non all’aiuto, e che coinvolga la comunità e non solo i singoli individui.”
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