La depressione colpisce 300 milioni di persone in tutto il mondo, con conseguenze penalizzanti sulla qualità della vita e la produttività. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato l’allarme. Intervista a Andrea Fiorillo, professore ordinario di Psichiatria
La depressione colpisce 300 milioni di persone in tutto il mondo, con conseguenze penalizzanti sulla qualità della vita e la produttività. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato l’allarme, definendo la patologia come la principale causa di disabilità globale. Entro il 2030 – tra soli cinque anni- la depressione potrebbe diventare la prima malattia mentale più diffusa nell’umanità. E in Italia?
«Secondo l’Istat, sono circa tre milioni gli italiani con depressione, un picco di incidenza tra i 55 e i 64 anni. Tuttavia si osservano casi ad insorgenza molto precoce e casi ad insorgenza tardiva, legati all’aumento dell’aspettativa di vita».
Ci dice, in questa intervista, Andrea Fiorillo, professore ordinario di Psichiatria presso l’Università della Campania “L. Vanvitelli” e presidente della “European Psychiatric Association”.
INTERVISTA | Fiorillo: «Sensi di colpa tipici della depressione»
Che cos’è la depressione, professor Fiorillo? E come riconoscerla?
«La depressione maggiore è una condizione clinica molto complessa, eterogenea e multi-determinata, che può essere difficile da riconoscere ed identificare. In primo luogo, la depressione non va confusa con la tristezza normale (o demoralizzazione), ma bisogna considerare che esiste una linea di continuità tra la depressione e la tristezza, esperienza comune all’uomo. La tristezza rappresenta il polo fisiologico di un continuum che ha all’estremo opposto la depressione.
La tristezza è una parte normale della vita. E non dovrebbe essere “medicalizzata”, ma nemmeno la sofferenza dovrebbe essere “normalizzata” a discapito della mancata gestione di una condizione potenzialmente grave, fino alla letalità.
La tristezza può essere un sintomo di depressione, che però prevede anche la presenza di altri sintomi, come mancanza di forza, sentimento di ridotta vitalità, perdita di piacere ed interessi, la cosiddetta “anestesia emotiva”. Un altro elemento caratteristico del quadro clinico del paziente con depressione è la presenza di sensi di colpa e la perdita di speranza nel futuro».
A che età si presenta?
«La depressione maggiore può esordire in maniera subdola, soprattutto quando l’esordio avviene in età giovanile o adolescenziale, in cui compare spesso un quadro caratterizzato da scarsa tolleranza alle frustrazioni, irritabilità e progressivo ritiro dalle abituali attività sociali, ricreative e scolastiche. Nei soggetti di età avanzata, la depressione può esordire con disturbi cognitivi (con perdita dell’attenzione o della concentrazione) oppure con sintomi fisici, soprattutto sintomi dolorosi non specificati. Spesso tale quadro clinico viene sottovalutato».
Pregiudizio o realtà: la depressione è (in)curabile?
«La depressione non è più un male oscuro o una malattia dell’anima, ma è una sindrome clinica complessa per la quale abbiamo oggi a disposizione un ampio armamentario diagnostico e terapeutico.
È necessario sottolineare che i farmaci disponibili in psichiatria sono tra i più efficaci tra quelli disponibili per la salute mentale. Ciononostante oltre la metà delle persone che soffrono di depressione non accede a cure adeguate».
Secondo lei, perché?
«Molte persone non sono consapevoli della natura patologica della loro condizione e, o, dell’esistenza di cure efficaci, oppure provano vergogna o hanno paura di chiedere aiuto. Non tutti gli operatori sanitari sono in grado di riconoscere la patologia o di trattarla adeguatamente. Inoltre, alcuni servizi di salute mentale trascurano le patologie non psicotiche e le psicoterapie “evidence based” non sono disponibili in tutti i servizi pubblici.
Questi fattori concorrono ad un ritardo nell’accesso di cure appropriate (definito help-seeking delay) con il rischio di resistenza ai trattamenti antidepressivi- farmacologici e non- e di recidive».
Qual è la consapevolezza che gli italiani hanno della malattia?
«Purtroppo la consapevolezza su questa malattia non è così frequente. La depressione non viene considerata – purtroppo ancora oggi – come una malattia come tante altre patologie, quali il cancro, la sindrome coronarica, l’ipertensione o il diabete. Spesso, viene attribuita erroneamente ad una “mancanza di energia o di interesse ” che si supera con la volontà.
Il dato incoraggiante è che, soprattutto nelle fasce d’età giovanili, stia crescendo la consapevolezza dei problemi di salute mentale, tra cui rientra anche la depressione, che non vanno sottovalutati né trascurati, bensì trattati tempestivamente. Ma di strada ne abbiamo ancora tanta da percorrere».
Intanto, che fare?
«È necessario divulgare informazioni appropriate sul tema della depressione che raggiungano tutti gli operatori sanitari, favorendo la diagnosi e l’intervento precoce, soprattutto presso i medici di medicina generale».
Sul fronte della cura ci sono novità terapeutiche?
«Sì, in particolare, sono stati introdotti in commercio farmaci innovativi che hanno dimostrato efficacia nella gestione di alcune forme di depressione resistenti al trattamento tradizionale. Inoltre, nell’àmbito dell’“E-mental health” grazie allo sviluppo di piattaforme interattive “user-friendly”, i pazienti possono essere seguiti e monitorati costantemente dai propri terapeuti. Infine, uno stile di vita sano e la combinazione tra integrazione farmacologica (che include molecole con azione anti-infiammatoria) e approcci psicosociali, certo possono contribuire a migliorare la cura della depressione con effetti benefici e duraturi».
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