La depressione è una malattia molto diffusa. Talvolta si fatica a riconoscerne i sintomi e, se sottovalutata, può diventare una patologia debilitante. I farmaci servono, ma vanno presi con cautela
Ha il colore dell’umor nero una delle prime cause di malattia e di disabilità nel mondo. Parliamo della depressione, male tanto diffuso quanto misconosciuto, sottovalutato e, talvolta, stigmatizzato.
Cos’è la depressione?
Quante volte ci è capitato di sentirci giù? Come capire quando è tristezza “normale” e quando diventa invece un disturbo depressivo vero e proprio?
Non è sempre semplice identificare la depressione, anche per la difficoltà a riconoscerne lo status di malattia. Chi è depresso soffre di una patologia seria e talvolta invalidante, che va curata e non giudicata.
Come riconoscerla
La depressione è caratterizzata da un costante abbassamento del tono dell’umore. Nelle fasi iniziali si può manifestare con una mancata risonanza affettiva o come labilità emotiva. Nelle fasi acute il disturbo si manifesta con tristezza, dolore emotivo molto intenso, senso d’inutilità, disperazione, associati ad apatia e incapacità di provare gioia e piacere. A questa sofferenza si aggiungono spesso la fatica a svolgere le attività quotidiane e a concentrarsi, oltre a sintomi neurovegetativi come il risveglio anticipato, un calo dell’appetito e, a volte, del peso.
Può capitare anche in momenti difficili, come per un lutto. Ma la differenza è che nel caso di depressione i sintomi persistono anche quando la causa scatenante non c’è o si è risolta.
I fattori di rischio
Ci sono persone più predisposte di altre alla depressione? Sappiamo che le probabilità di manifestare nella vita i segni di un disturbo depressivo aumentano per chi ha avuto familiari con una stessa diagnosi, per le donne, soprattutto in età fertile o nel periodo post partum. Più esposte anche le persone con un ritmo sonno-veglia alterato, compresi i turnisti notturni, mentre studi recenti hanno mostrato una minor incidenza del male di vivere nelle persone che vanno a dormire presto e si svegliano presto la mattina.
Nel mondo
A livello globale si è registrato un aumento significativo delle persone che vivono con la depressione: si stima un +18% fra il 2005 e il 2015. Eppure, gli investimenti per la salute mentale sono appena l’1% dei budget sanitari nei Paesi più poveri e il 5% in quelli più ricchi. Un errore strategico e antieconomico, sostiene l’OMS, perché per ogni dollaro investito in cure per ansia e depressione ne guadagniamo 4 in termini di salute e capacità produttiva.
In Italia
In Italia, la prevalenza della depressione sembra contenuta rispetto ad altri Paesi. Tocca il 6% degli adulti, circa tre milioni di persone (dati del sistema di sorveglianza Passi, Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia). Capita più spesso dopo i 50 anni. Più esposte le donne, chi ha problemi economici, vive solo o soffre di patologie concomitanti. Secondo il dossier dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane (2019), la depressione nelle sue varie forme colpisce quasi tre milioni di persone ed è più diffusa nel Centro e Sud del Paese.
Le terapie
Un dato importante è che solo 6 su 10 chiedono aiuto a medici od operatori sanitari. E anche in questi casi, solo una quota minoritaria di pazienti riceve le terapie appropriate per il tempo necessario. Infatti, gli specialisti avvertono: se nelle fasi lievi si parte con un supporto psicoterapico, nei casi di depressione maggiore è necessario un supporto farmacologico, con qualche accortezza. Gli antidepressivi sono farmaci circondati da un’aura di sospetto o, al contrario, da aspettative irrealistiche. Sono medicinali molto efficaci, che vanno assunti dietro attento monitoraggio e seguendo con scrupolo le indicazioni dello specialista. Ci possono volere alcune settimane prima che diano gli effetti sperati e vanno sempre evitate le interruzioni brusche.
L’effetto Covid anche sulla mente
È ormai evidente che la pandemia ha lasciato segni profondi anche sulla salute emotiva. Uno studio promosso da Humanitas University ha rilevato che nei mesi passati il 14% degli intervistati ha iniziato ad assumere ansiolitici o sonniferi, il 10% ha fatto ricorso ad antidepressivi, mentre altri ne hanno incrementato il dosaggio (19%). Isolamento, ansia, pressioni lavorative o economiche hanno facilitato emarginazione e solitudine. Come rispondere? Dei circa 13.000 psicologi in Italia, il 5% lavora in strutture del Sistema Sanitario Nazionale. Urge una nuova capacità di accoglienza e di assistenza, con le informazioni e con gli investimenti necessari.
Le raccomandazioni della società italiana di psichiatria
1. Curarsi bene: la terapia va avviata e poi seguita secondo le indicazioni dello specialista.
2. Non interrompere le cure: le ricadute sono abbastanza frequenti e il “fai da te” non è mai una buona idea.
3. Seguire uno stile di vita sano: evitare alcol e stupefacenti; praticare almeno 40 minuti di attività fisica per 3-4 volte alla settimana, meglio nel verde, e limitare lo stress.
4. Prestare attenzione ai campanelli d’allarme: la perdita di interesse per le normali attività lavorative o sociali, il calo di concentrazione, memoria e capacità di prendere decisioni.
5. Mai trascurare il sonno.
6. Relazionarsi con persone care coltivare un ambiente accogliente e poco giudicante.
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