Ogni anno in Italia le demenze hanno un costo di 23 miliardi di euro che ricadono prevalentemente sulle famiglie delle persone che ne sono affette, con differenze significative fra Nord, Centro e Sud.
L’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità ha presentato i risultati del Fondo per l’Alzheimer e le demenze, istituito da apposito Decreto nel 2022. Quest’ultimo ha stanziato 14 milioni e 100 mila euro per le regioni e le Pubbliche amministrazioni e 900 mila euro per l’Istituto Superiore di Sanità per una serie di attività orientate al raggiungimento degli obiettivi del Piano. Ma i costi sono molto più elevati.
Una ripartizione disomogenea dei servizi
Questo Fondo rappresenta il primo finanziamento pubblico specifico dedicato alla demenza, ma nel corso degli anni sono emerse numerose criticità nella sua applicazione. A partire da una diffusione non omogenea sul territorio di servizi socio-sanitari e da una carenza di figure dedicate alla valutazione cognitiva, in particolare al Sud e nelle Isole.
Nel 2019 solo 6 Regioni su 21 avevano sviluppato i Percorsi di cura integrati per la gestione delle persone con disabilità. Ancora oggi i sistemi informativi sono assenti in molte Regioni e il sostegno ai caregiver continua ad essere carente sia sul fronte dei progetti di formazione per la riduzione del burnout che nei punti di ascolto.
Lo studio
Per ogni Regione e Provincia autonoma sono stati organizzati due focus group, uno con i familiari e caregiver delle persone affette da demenza, l’altro con professionisti socio-sanitari (infermieri, psicologi, terapisti occupazionali, geriatri, assistenti sociali). Alcuni incontri si sono svolti online, altri nelle strutture sanitarie e nelle sedi di associazioni di pazienti e familiari, per una durata di 90 minuti.
I risultati: le strutture
Il primo elemento emerso dagli incontri con i soggetti coinvolti è relativo alla percezione della demenza come una condizione dolorosa e destabilizzante per l’intera famiglia, con un impatto emotivo, organizzativo, sociale ed economico. Nell’ambito dei servizi territoriali, la maggioranza delle persone intervistate avverte una scarsa conoscenza delle demenze da parte dei medici di medicina generale, che sono i primi a interfacciarsi col paziente.
Riguardo ai Centri per i disturbi cognitivi e le demenze, dalle risposte è emersa una disomogeneità sul territorio, con personale spesso sottodimensionato e con inquadramento lavorativo a termine, che non garantisce continuità. A causa delle lunghe liste d’attesa, gli stessi operatori socio-sanitari interpellati hanno ammesso di trovarsi spesso nella condizione di non poter fissare gli appuntamenti per le visite con tempistiche adeguate. Non sempre le professionalità all’interno dei Centri comprendono figure essenziali come l’infermiere, lo psicologo, il terapista occupazionale, il logopedista.
Allo stesso modo, anche i Centri Diurni sono descritti come insufficienti per il bacino di utenza, con forti limitazioni nei giorni e negli orari di apertura.
Le Residenze Sanitarie Assistenziali
Le Residenze Sanitarie Assistenziali sono considerate l’ultima possibilità dai familiari che tendono a farvi ricorso nelle fasi più avanzate della malattia, quando la gestione a casa diventa così gravosa da determinare un livello di “burden”, ossia un insieme di disturbi psicologici, fisici ed emotivi da parte dei caregiver tale da compromettere la salute. Le famiglie indicano gli alti costi delle strutture e l’insufficienza di pensioni e indennità di accompagnamento per coprire le rette. I tempi di attesa per l’accesso sono differenti da una Regione all’alta, ma solo poche strutture sono in grado di garantire la permanenza solo per alcuni mesi l’anno per ogni paziente, per poter soddisfare più richieste possibili.
Anche l’assistenza domiciliare emerge come un servizio molto variabile sul territorio, con un iter di richiesta complesso per le famiglie, e un numero di ore di assistenza garantito insufficiente.
I numeri e i divari regionali
Al Sud e nelle Isole solo il 27,1% dei Centri per i disturbi cognitivi sono in grado di applicare un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale; la quota sale al 48,8% al Centro e al 68,8% al Nord. Anche gli orari di apertura variano sensibilmente, dalla media di 18 ore a settimana al Nord, alle 13 del centro e alle 11 a Sud e nelle Isole.
Le disuguaglianze fra i territori si rilevano anche nella possibilità di effettuare esami diagnostici: la Pet amiloidea è disponibile al Nord nel 70,3% delle strutture, al Centro nel 64,6% e al Sud e nelle Isole nel 63,3%.
I Centri diurni sono risultati essere in misura maggiore strutture private convenzionate, soprattutto al Nord. I tempi di attesa per l’inserimento del paziente sono inferiori a tre mesi nel 65,9% dei casi al Nord, nel 54,4% al Centro e nell’85,7% al Sud e nelle Isole. Anche le Rsa sono maggiormente localizzate al Nord, nella forma privata-convenzionata.
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