Saper gestire il decorso di una patologia degenerativa è l’elemento principale su cui si formula tutta la terapia. Importante è mantenere al centro l’identità del paziente e l’integrità del contesto operativo.
Perdita della memoria, disorientamento spazio-temporale, difficoltà a partecipare ad una conversazione o a ricordare la collocazione di oggetti in casa, cambiamento dell’umore associato a confusione, depressione e ansia.
Nel cervello esistono aree deputate all’elaborazione del pensiero, all’organizzazione delle idee, alla gestione delle emozioni, al calcolo matematico, alla programmazione del movimento e altre ancora. La degenerazione di queste cellule nervose compromette la funzionalità delle differenti aree cerebrali. Nell’Alzheimer, ad esempio, una delle zone più frequentemente colpita è quella dell’ippocampo, in cui risiede il centro dell’apprendimento e della memoria.
È opportuno comunque chiarire che la perdita della memoria e delle funzioni cognitive non è la normale conseguenza dell’invecchiamento. Il progressivo declino delle facoltà mentali è sempre conseguente all’instaurarsi di una malattia e, di solito, si inserisce nella famiglia delle demenze.
È ormai consolidato il fatto che l’approccio riabilitativo nel paziente affetto da demenza è di fondamentale importanza e deve prevenire l’aumento della somministrazione farmacologica. Considerando che la demenza colpisce aree specifiche in ordine progressivo, il principio cardine è quello di mantenere in allenamento le funzioni cognitive residue al fine di ridurre la velocità di degenerazione delle competenze colpite. I numerosi studi condotti negli ultimi decenni hanno dimostrato che il sistema nervoso centrale ha un coefficiente di plasticità intrinseco estremamente prezioso per chi ha subìto danni cerebrali. Questa plasticità permette di costruire vie di collegamento tra aree cerebrali alternative a quella colpita dalla malattia. Questo vuol dire che, per il paziente, la stimolazione delle capacità residue rappresenta sempre un allenamento capace di ritardare la progressione della malattia.
Diversi studi hanno dimostrato un evidente miglioramento del quadro clinico del paziente, se il trattamento farmacologico è affiancato da quello delle terapie psicosociali (come la terapia cognitiva, la terapia occupazionale e la musicoterapia). Un importante contributo per la riabilitazione di questi pazienti è offerto dalla terapia di “Stimolazione Cognitiva”, che ha come principale postulato quello di mantenere il maggior livello di benessere possibile in relazione alle competenze residue. Il paziente va aiutato e stimolato al fine di vivere il minor numero possibile di esperienze stressanti e negative. Gli obiettivi sono inoltre quelli di migliorare le alterazioni comportamentali, ridurre al minimo il fabbisogno farmacologico e istruire le persone che assistono quotidianamente il paziente per ottimizzare l’ambiente domestico-familiare.
È importante ri-orientare in ambito spazio-temporale il paziente ripetendo il giorno, ricordando eventi passati, parlando delle persone care, ricordando dove trovare gli oggetti in casa e così via. È utile stimolare al colloquio facendo interagire il paziente con le persone a lui care e discutere con lui di eventi presenti e passati.
Il trattamento deve essere personalizzato in quanto ogni individuo ha la “sua” malattia ma ha anche la sua storia ed il suo temperamento. Tutti gli elementi devono essere valutati al fine di redigere un piano terapeutico ottimale. Si deve cercare di ritardare quanto possibile il ricovero del paziente presso ospedali o Rsa, favorendo il mantenimento per l’individuo di una propria identità all’interno del suo contesto abitativo e nell’ambiente di provenienza.
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