La pandemia e le restrizioni che ha comportato sembrano aver accelerato il declino cognitivo negli over 50.
Sappiamo tutti come la pandemia abbia avuto un impatto di vasta portata sulla nostra società, sulla salute e sui sistemi sanitari. La maggior parte dei Paesi ha messo in campo delle rigide restrizioni sociali. Distanziamento fisico, quarantena, blocco totale delle attività: prima di allora non erano mai state sperimentate. Gli effetti di queste misure devono ancora essere pienamente accertati. Qualcuno ha sollevato preoccupazioni riguardo agli effetti neuropsicologici delle restrizioni. Hanno infatti particolare rilevanza per gli anziani nel contesto di un aumento del rischio potenziale di declino cognitivo. Lo dimostrano i dati di Protect, uno studio condotto dall’Università britannica di Exeter e pubblicato su The Lancet Healthy Longevity, che ha analizzato l’impatto del lockdown nel primo e nel secondo anno di diffusione del virus Sars-cov2.
La ricerca e i risultati
Oltre 3mila volontari del Regno Unito hanno partecipato alla ricerca compilando una serie di questionari e test cognitivi per misurare eventuali cambiamenti nelle capacità cerebrali e nella memoria. I risultati hanno rivelato un calo funzionale, indipendentemente dall’aver contratto l’infezione da Covid o meno.
Fattori come lo stress, la solitudine, il calo dell’attività fisica, le incertezze legate al periodo e i cambiamenti della routine avrebbero avuto un impatto rilevante e duraturo sulla salute del cervello. Analizzando le risposte di chi prima del 2020 aveva già alcuni sintomi di declino cognitivo, è emerso che durante il primo anno di pandemia ci sia stata un’accelerazione del 50%, poi andata ancora avanti anche nel secondo anno, suggerendo un impatto di lungo periodo soprattutto sui deficit di memoria.
Per Anne Corbett, ricercatrice dell’Università di Exter a capo dello studio, i risultati suggeriscono che i lockdown e altre restrizioni vissuto in pandemia hanno avuto un impatto reale e duraturo sulla salute del cervello nelle persone con più di 50 anni. Anche con effetti successivi, proseguiti dopo la fine del distanziamento sociale.
I risultati non possono dimostrare con certezza causa ed effetto. Ci sono però prove crescenti che alcuni fattori come l’isolamento sociale possono avere un impatto negativo sulla salute del cervello.
Considerare l’impatto a lungo termine
I risultati mettono in evidenza anche un’altra cosa, sempre secondo Anne Corbett: è necessario che in un prossimo futuro i responsabili delle politiche considerino anche gli impatti a lungo termine sulla salute delle restrizioni come i lockdown durante la pianificazione di una risposta a un’eventuale pandemia.
Di contro, l’indagine conferma che per rallentare il declino cognitivo la socialità e l’attività fisica sono fondamentali, e l’inserimento attivo nella comunità rappresenta una forma di prevenzione dal rischio di demenza.
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