Paola De Bartholomaeis.
Figlia di Ettore De Bartholomaeis, ingegnere chimico al Politecnico di Milano e nipote di Vincenzo De Bartholomaeis, Accademia dei Lincei, filologo e storico della letteratura medievale. Partecipa al Concorso 50&Più per la terza volta. Vive a Roma.
Mi sembrava di non fare niente, ma ho la certezza di arrivare sempre in ritardo!!
E allora prendo la penna, ancora carica e subito sul foglio la mano corre ancora veloce, certo le vene in rilievo azzurrino indicano inesorabilmente la loro avanzata età.
Ma lo scrivere a mano su un candido foglio è come un trio (mente, cuore, ricordi e sentimenti) che si scrive: ha già scritto tante volte, anche camminando nelle proprie dissestate strade nei lunghi anni già trascorsi.
Scrivere è quasi un diario dei sentimenti che variano col passare del tempo!
E allora oggi io vorrei fare un falò, un bel fuoco!
Ma dove? Sul balcone (mi prenderebbero per pazza! E poi i pompieri arriverebbero in ritardo sempre in ritardo!).
E allora il mio saggiamente sarà solo nei miei pensieri.
Ma un falò grande e spero liberatorio.
Come proprio adesso dopo un’estate, calda calda e piena di incendi più o meno dolorosi su tutta la terra? Oppure sentirsi per un momento Giovanna D’Arco ed entrare spontaneamente tra le fiamme?
No questo no, ma vorrei gettare tra le fiamme i bei ed insieme dolorosi ricordi dei miei ultimi cinquant’anni.
Stare davanti ad un camino acceso dà serenità e calore. Il fuoco la prima vera luce artificiale, grattando due pietre: una scintilla e gli arbusti secchi… fuoco e… poi il carbone, poi petrolio ecc. ecc.
Da sempre intorno ad un falò i nostri avi stavano intorno al falò per cuocere cibo e riscaldarsi, parlando e conoscendosi. Ma poi anche questo ha distrutto tanto e troppo!
Solo pochi giorni fa i vandali (sempre troppi) hanno dato fuoco a cassonetti dell’immondizia e autobus. L’Australia è tutta un rogo!
Prima di continuare questo strano racconto, vorrei dedicarlo al mio più lontano ricordo!
Avevo tre anni e seduta sotto un tavolo di legno sentii urlare: “Mamma, mamma!”. Era la voce della mia adorata mamma (il più bel incontro: perfetto della mia vita): chiamava ad alta voce la sua mamma che, ormai aveva esalato l’ultimo respiro.
Ebbene proprio lei molti anni dopo in un bel giardino di una villa in Piemonte fece un grosso falò vero. Mi spiegò che buttando lettere, cartoline, foto, biglietti si liberava solo dei suoi personali ricordi… solo suoi!
Oggi vorrei davanti a quel falò liberarmi anche io dei miei personali ricordi.
Il tavolo è zeppo di lettere, cartoline, foto. Difficile scegliere; ogni scritto ha un significato importante: ogni foto un bellissimo tempo trascorso con persone care, che oggi non ci sono più (se ne sono andate anche improvvisamente) lasciando ferite nel cuore insanabili.
Troppe, troppe! Cartoline, quasi da tutto il mondo (anche così da lontano si sono ricordati di me) come a farmi partecipare a tanta bellezza!
Come gettare nel mio falò il poster di Emanuele (chiamato da Dio) un meraviglioso bimbo che per due anni ha portato gioia e pura felicità per poi dover tornare da dove era venuto (casa famiglia) per puro egoismo dei finti genitori.
E ancora come stracciare la lettera della giovane compagna di liceo (malata terminale) che mi scrisse che aveva dato il mio nome ad un albero di ulivo!
E ancora l’amica di sempre che non si svegliò più una mattina. Mi regalò un piccolo braccialetto nero che portano gli sportivi!
Come stracciare il bel poster di Van Gogh “La casa gialla” il cui significato è la solitudine.
Quel duro, dolente sentimento che da tempo “diversamente giovane” provo anche io tutti i giorni (il bel tacere non fu mai scritto, ma quello del cuore non tace mai!).
Gli amici di oggi mi incoraggiano: sei libera, libera puoi fare qualsiasi cosa, anche fuori dalle righe…
Rifletto: sputare i semini dell’uva cercando di centrare il bicchiere!
Per ultimo nel mio falò getterei la rubrica del telefono con tanti, troppi numeri cancellati.
Non ho mai sofferto di cherofobia: …ma poi…