Dario Salvatori è giornalista, critico musicale, scrittore e autore di saggi. Il filo conduttore della sua vita è indubbiamente la musica. Una vocazione che ha dimostrato anche nelle vesti di giurato di Italia In…Canto.
Giornalista, scrittore, critico musicale, conduttore radiofonico e insegnante. Dario Salvatori è decisamente un coloratissimo poliedrico e un amante della musica in tutte le sue forme. Il pubblico della XXVII edizione di Italia In…Canto ne ha avuto una prova durante le tre serate che si sono svolte a Castellaneta Marina. Con i suoi giudizi sinceri, duri al punto giusto e sempre costruttivi, è riuscito a strappare una risata agli artisti e al pubblico, regalando loro anche aneddoti inediti sui big della musica. Proprio in quei giorni, lo abbiamo incontrato per parlare del valore della musica in terza età e della sua fama da collezionista.
Dario Salvatori, negli ultimi anni stanno spopolando i talent dedicati alla musica. In cosa si differenzia la kermesse canora di 50&Più?
«Beh, di talent negli ultimi anni ne abbiamo visti tantissimi. Hanno delineato i trend musicali degli ultimi dieci anni e rappresentano una certezza. Questo format, però, è sicuramente diverso. In primis perché si rivolge a un pubblico di adulti e a dei concorrenti senior che hanno eseguito canzoni ripescate da un repertorio vastissimo. Siamo passati da successi ormai datati a hit più recenti con una comprensione sempre vera delle emozioni che si trovano all’interno dei brani.
Inoltre, tutti i concorrenti che abbiamo ascoltato hanno dimostrato che in loro c’è stata l’ambizione, sopita o meno, di vivere il mondo dello spettacolo. Questo talent dà loro la possibilità di farlo, respirando però un’aria rilassata perché nessuno vuole strafare. Magari ci sarò qualcuno – me lo auguro – che vedremo anche altrove. Ma quando si presentano su questo palco, i cantanti senior non hanno quella spasmodica voglia di “sfondare”. Mentre nei talent con i giovanissimi è tutto più complicato: si vanno a toccare sogni e ambizioni che poi delineeranno i loro anni futuri».
Quindi c’è una differenza di approccio al canto tra le diverse generazioni. Ce la racconta?
«I giovanissimi di oggi che si presentano su un palco, a differenza di quelli di trenta o quarant’anni fa, sono quasi tutti già organizzati. L’ultimo dei debuttanti, magari, ha già un’etichetta di riferimento, dei genitori che lo sponsorizzano, una crew. Questo a volte crea dei danni. Basti pensare alle cover che propongono e che non hanno nulla a che fare con la vita che conducono, ma sono più legate al passato dei genitori o di chi li accompagna nel percorso artistico.
Alcuni anni fa, durante un talent una ragazzina di dieci anni si presentò con “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo. In quella canzone c’è un verso che dice “ti regalerò quel che resta della mia gioventù” e a me fece strano che una bambina così giovane cantasse una cosa di questo tipo. Era evidente che non fosse una canzone adatta a lei».
Durante le serate di Italia In…Canto, l’abbiamo sentita spesso consigliare agli artisti di “azzardare”. Cosa intende esattamente?
«Azzardare significa non rientrare nei canoni comuni, rischiare un po’. D’altronde se non rischia un principiante, chi altro può farlo? In questo caso, ci sono stati due o tre concorrenti che hanno azzardato sia vocalmente che nella loro presentazione. Anche il Maestro Raiola li ha invitati più volte ad essere sé stessi, a trovare una propria dimensione senza riprodurre fedelmente i brani che proposti».
Ma parliamo di lei. La sua passione per la musica è sfociata anche in collezionismo. Ci racconta dei suoi vinili e dei pezzi che colleziona?
«Ho 60.000 vinili, ma devo ammettere che non ho delle cosiddette “grandi gemme”. Diciamo che io considero il rock’n’roll e gli anni ’50 le mie specializzazioni e in quel caso, sì, qualche pezzo raro c’è. In questi due ambiti mi considero davvero un collezionista quotato, ma del resto ho vinili che sono diventati preziosi successivamente. Anni fa succedeva che le case discografiche fornissero delle campionature a noi giornalisti. Eravamo giovanissimi e amavamo i dischi americani quindi si era instaurata questa “regola”, vergognosa direi, tale per cui si andava nei negozi di dischi, si portavano tre vinili italiani e in cambio se ne poteva scegliere uno d’importazione. Devo ammettere, però, che io non l’ho mai fatto e oggi mi ritrovo con, ad esempio, 30 album di Orietta Berti. Di James Last, invece, ne ho 40. Poi colleziono i fumetti di Tex di cui ho circa 3500 albi, cartoline di cantanti, mentre di figurine ne ho circa un milione. È un ambito in cui funziona ancora il baratto: non esistono canali dedicati; quindi, noi collezionisti ci troviamo nei saloni e ci riconosciamo vicendevolmente».
Un altro tipo di collezione è quella de “Il Salvatori. Il dizionario della canzone” curato da lei e destinato a tutti gli appassionati.
«Sì, ogni dizionario contiene più 20.000 schede di canzoni che raccolgo e recensisco. Un lavoro che è iniziato nel 2013 e che credo sia uno strumento interessante per molti show, molti addetti ai lavori o appassionati. Se uno, ad esempio, vuole sapere la storia della canzone Sugli sugli bane bane e non la trova su internet, la può trovare nel dizionario.
Per questo lavoro io utilizzo anche la rete, ovviamente. Ma spesso è necessario documentarsi anche altrove. Diciamo che nell’immediato è importantissima, se uno ha bisogno di avere un’informazione in poco tempo, ma sull’approfondimento ha diverse lacune».
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