La vecchiaia è parte dell’uomo, ma com’è possibile affrontarla nel migliore dei modi? L’inchiesta di 50&Più di questo mese affronta un tema universale attraverso diverse angolazioni, dalle paure agli stereotipi, dalla ricerca alla genetica, dall’alimentazione all’attività fisica
Gli ultimi dati Istat riguardo al numero di centenari presenti nel nostro Paese ci regalano una fotografia sorprendente perché, nonostante l’imperversare della pandemia, coloro che hanno superato le cento primavere sono aumentati rispetto all’anno precedente. I centenari italiani viventi al 1° gennaio 2021, infatti, erano 17.156 mentre nel 2020 risultavano 14.804; quindi, oltre 2mila persone in più. L’Italia, dunque, si conferma ancora una volta tra le Nazioni più longeve del pianeta e tra quelle con l’aspettativa di vita più alta.
Da decenni, l’intento di numerosi studi scientifici è quello di carpire il segreto della longevità, ma anche di comprendere se sia possibile rallentare l’invecchiamento e aumentare, nel contempo, la qualità e la salute degli anni di vita guadagnati. Qualche risposta c’è. Sembra che, in primis, la longevità sia merito della genetica – che pare tracci il solco della nostra possibilità di raggiungere o meno il secolo di vita -, e poi della messa in pratica di stili di vita salutari, senza dimenticare, comunque, che non si vive a lungo senza il progresso della Medicina e l’accesso alle cure su vasta scala.
Una certezza, però, esiste già: la vecchiaia è una parte essenziale dell’esperienza umana, ma raggiungerla è ancora un privilegio. L’estensione di questo privilegio al maggior numero di persone dovrebbe essere, quindi, l’obiettivo principe di ognuno di noi, e anche delle Istituzioni, a cui spetta il compito di attuare politiche adeguate. Raggiungere la vecchiaia in buone condizioni di salute, invece, un imperativo per tutti.
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