Subito dopo l’annuncio della mobilitazione parziale, decine e decine di cittadini russi, giovani uomini in particolare, hanno attraversato il confine con il Kazakhstan. Una delle città di maggiore afflusso è stata Uralsk, nel nord ovest del paese.
Davanti a decine e decine di persone che non avevano un posto per trascorrere la notte, la direttrice del Cinema Park, il più grande della zona, ha deciso di aprire le porte e di trasformare in dormitorio l’ingresso e la sala proiezioni, per offrire una prima accoglienza a questi nuovi profughi. Durante il giorno il cinema però tornava a svolgere la sua funzione, alternando le proiezioni dei film al riallestimento dei giacigli di fortuna.
Il racconto di Dilara, direttrice del Cinema Park
“Tutte le persone che sono passate da qui – ricorda Dilara – si sono fermate per una, massimo due notti, perché dirette principalmente verso le grandi città del nostro paese, Almaty e Astana. Avevano solo bisogno di un approdo temporaneo, e di sentirsi rassicurate in un momento così delicato. Nella mia città si sono dati da fare in tanti per aiutarli, e nessuno ha pensato alla loro nazionalità, al fatto che scappassero dalla coscrizione obbligatoria, o li ha additati come colpevoli per la situazione attuale della guerra in Ucraina. Ci siamo semplicemente dati da fare perché avevamo di fronte delle persone che in quel momento avevano bisogno di aiuto, esseri umani come noi in difficoltà, e non abbiamo pensato due volte ad accoglierlo.”
Dal Cinema Park sono passati principalmente ragazzi che viaggiavano da soli, ma non sono mancate le coppie e le famiglie con bambini piccoli, che hanno deciso di non separarsi ma di partire insieme.
“È stato un momento emotivamente difficile per tutti – dice ancora Dilara – e di fronte a chi rischia di dormire al freddo non ci possono essere dubbi, bisogna intervenire. Certo, in una realtà non molto grande è più facile che ci si dia una mano, dalle grandi città abbiamo raccolto storie non sempre positive, soprattutto di chi ha voluto speculare su questi nuovi arrivi, portando i prezzi delle case e degli hotel alle stelle, e spesso sfrattando gli inquilini del posto perché consapevole di poter ricavare di più affittando a un cittadino russo. Sono notizie che ci indignano perché noi kazaki non siamo questo, e abbiamo una tradizione e una cultura di grande ospitalità.”
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