Al di là della drammaticità di questi giorni che stiamo vivendo, il Covid-19 ha rivelato che nel nostro Paese c’è un Sistema Sanitario competente, pubblico ed uguale per tutti. Abbiamo un personale medico e sanitario di qualità, impegnato in prima fila a combattere con abnegazione e senso di responsabilità.
C’è un unico problema: abbiamo bisogno di più medici. E dopo gli accorati appelli delle Regioni – Lombardia in testa – il Governo con Decreto Legge del 9 marzo scorso ha autorizzato le stesse a prevedere la riassunzione (anche se temporanea) di medici ed infermieri già in pensione, per fronteggiare l’emergenza.
Tra coloro che hanno raccolto l’appello delle Istituzioni, Mario Cavazza, 67 anni e medico da 42, è uno di loro. Per molto tempo è stato il direttore di Medicina d’Urgenza del Sant’Orsola di Bologna.
Aveva appena iniziato a coltivare i suoi hobby da pensionato, quando all’improvviso si è di nuovo ritrovato a lavorare d’urgenza, tutti i giorni, sabato e domenica compresi. La sua esperienza sul campo è fondamentale per i colleghi più giovani, che per la prima volta si trovano ad affrontare situazioni così critiche.
Al Sant’Orsola il professor Cavazza attualmente si occupa di organizzazione «perché è necessario un lavoro enorme di coordinamento, anche con i pronto soccorso degli altri ospedali» ha raccontato in una recente intervista a La Repubblica. «Questa emergenza può servire, credo, ad imparare a cambiare l’approccio alla vita. Proviamo a riappropriarci del tempo lento. Lo dico da pensionato che rivede una dimensione che stava ormai perdendo. Dobbiamo sempre correre?».
E poi un appello: «Ve lo dico da esperto: il virus muore se non trova l’ospite. Se stiamo a casa l’epidemia finisce».
Da Nord andiamo a Sud. Da pochi giorni Franco Faella, primario emerito dell’Ospedale Cotugno di Napoli, richiamato dalla pensione, è di nuovo in attività, stavolta come coordinatore del reparto allestito per i pazienti contagiati dal Covid-19 presso l’Ospedale Loreto Mare, con l’incarico di consulente infettivologo.
Faella ha 74 anni e non è la prima volta che rinuncia alla sua vita privata per rispondere ai principî della professione.
Nel 1973 è in viaggio di nozze, proprio mentre a Napoli scoppia il colera, e lui decide immediatamente di tornare in corsia.
Oggi, ha lasciato il tempo sereno della pensione per essere di nuovo in prima fila. «Siamo qui – ha dichiarato – perché è un dovere nei confronti della mia città e nei confronti della mia attività professionale. E poi, sul piano umano, sarebbe stata una vigliaccheria non farlo».
Ma stavolta non è da solo. Con lui in corsia c’è anche Carmine Silvestri, ex caposala infettivologo dell’Ospedale Cotugno di Napoli, e che oggi guida l’equipe di infermieri del Loreto Mare. Silvestri a 70 anni vuole ancora rendersi utile perché, dice, in questo momento «tutti dobbiamo dare una mano». È stato il suo ex direttore a richiamarlo in servizio dopo 5 anni da pensionato e a restituirgli l’entusiasmo di tornare la sera a casa, stanco ma sereno.
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